Export, la Spagna allunga sull'Italia

Nel 2018 il valore delle vendite all'estero ha raggiunto i 12,8 miliardi. L'analisi

Export, la Spagna allunga sull'Italia
L’export ortofrutticolo spagnolo tiene le posizioni: nel 2018 la bilancia commerciale iberica evidenzia dati meno negativi di quelli italiani. Aumenta così ulteriormente il gap tra due Paesi dalle problematiche simili ma che, in alcuni ambiti, mostrano una diversa capacità di reazione e flessibilità alle sollecitazioni del mercato. Ne è un esempio il piano approntato nel maggio 2018 dal ministero dell’Agricoltura spagnolo per limitare l’espansione della frutta a nocciolo, che ha recentemente spinto il Dipartimento catalano a decidere il taglio di duemila ettari di pescheti.

Nei dodici mesi dello scorso anno, stando ai dati riportati da Fepex, il valore delle esportazioni spagnole ha raggiunto 12,8 miliardi di euro con un incremento dell'1% sul 2017, mentre il volume complessivo si è attestato a quota 12,5 milioni di tonnellate, in calo dell’1%. L’Italia, nei primi undici mesi del 2018 - rilevazioni Fruitimprese su dati Istat - scivola invece dell’11,5% in volume e del 5,7% in valore, poco sotto i 4,2 miliardi di euro (erano 4,4 nel novembre del 2017). Sarà difficile quindi eguagliare i 5 miliardi dell'anno precedente.



Segno più, in Spagna, per le esportazioni di ortaggi, lievitate del 4,4% in volume e dello 0,4% in valore, per un totale di 5,3 milioni di tonnellate e poco meno di 5,3 miliardi di euro; la frutta ha registrato invece una diminuzione dei quantitativi del 4,4% flettendo a 7,1 milioni di tonnellate, a fronte però di un maggior valore (+1,4%), ossia 7,5 miliardi di euro. Spicca la rilevante diminuzione in volume della frutta a nocciolo, con le nettarine crollate del 24% in volume ma giù solo del 2,4% in valore, le pesche (rispettivamente -16% e +1,5%) e le susine (-27% e -13%). Male anche i kaki (-22% e -10%). In ascesa, in doppia cifra percentuale per entrambe le voci, angurie, uva da tavola, lamponi e mirtilli.

Tra le regioni, spicca la performance dell’Andalusia (4,1 milioni di tonnellate, + 4% e 5 miliardi di euro + 3%), seguita da Valencia (3,7 milioni di tonnellate, -1% e 3,4 miliardi  di euro -1%) e Murcia (2,5 milioni di tonnellate, in linea con il 2017 e 2,5 miliardi di euro, + 3%).



Le esportazioni verso l'Ue valgono il 94% del totale ed evidenziano l’avanzata dei primi tre mercati di riferimento, ossia Germania (3,4 miliardi di euro, + 3%), Francia (2,3 miliardi, +5%) e Regno Unito (1,7 miliardi + 3%). Giustificata, numeri alla mano, la preoccupazione degli operatori iberici per i possibili riflessi di una Brexit “traumatica”. Segno più dopo l’accordo commerciale dell’Ue, le vendite in Canada (+36% con una crescita di 93,4 milioni di euro), mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite drasticamente (poco più di 50 milioni).

Non si ferma la crescita delle importazioni con un balzo dell'8% in volume e del 9% in valore: 3,3 milioni di tonnellate e 2,7 miliardi di euro (l'Italia a novembre era a 3,5 miliardi, dato analogo a quello 2017). Sugli scudi, negli acquisti dall'estero della Spagna, avocado, kiwi, mele, patate e fagiolini.

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