Ortofrutta, non vendere ma farsi comprare

Nuova prospettiva necessaria per comunicare al consumatore

Ortofrutta, non vendere ma farsi comprare
Non vendere, ma farsi comprare. Riassumiamola così, con uno slogan. Ma dietro questa frase si nasconde un cambiamento di prospettiva epocale per l'ortofrutta, o almeno per quei prodotti che, avendo le carte in regola, ambiscono a parlare direttamente al consumatore.

Comunicare all'acquirente finale è sempre stato uno scoglio per il nostro settore e, prendendo spunto dalla lettera del direttore del Consorzio Bestack, Claudio Dall'Agata (clicca qui per leggerla), sono convinto che un filo diretto col consumatore si può creare. E l'idea degli “Spettacoli alla Frutta” che si terranno al Macfrut è un passo giusto in questa direzione: c'è l'originalità della proposta, la novità del format, la particolarità di uno strumento che consente di perfezionare alcune operazioni strategiche per frutta e verdura. Avvicinare i giovani, per esempio, e farlo in un contesto di storytelling premiante, un contesto collegato a una forma d'arte – il teatro – coinvolgente e positiva. L'affiancamento all'arte, tra l'altro, è uno degli elementi guida che anche noi abbiamo seguito negli ultimi anni per comunicare i valori dell'ortofrutta in integrazione alla pubblicità per il mass market.



Per fare un secondo passo, però, è necessario un cambio di prospettiva. E qui c'è l'ostacolo da superare, l'elemento critico che sinora ha bloccato il settore nel suo percorso di avvicinamento al mondo dei consumatori. L'attività promozionale b2b, infatti, è oggi ritenuta di successo nella misura in cui riesce a vendere all'interlocutore commerciale, ma non considera l'altra faccia della medaglia e cioè l'opportunità che quest'attività di comunicazione possa invece servire a far comprare il prodotto al consumatore finale.

Farsi comprare. Ecco la parolina magica. E' tutto qui il cambio di prospettiva: farsi comprare vuol dire proporre sul mercato un prodotto che tu compreresti per primo; vuol dire avere un'offerta che in maniera costante rispetta le promesse e non tradisce le aspettative (gusto, aspetto, ...); vuol dire far capire gli sforzi, i sacrifici, i valori che ci sono dietro al prodotto ancor prima di comunicare al consumatore. Vuol dire essere nella testa di chi deve comprare e saper sprigionare un'energia positiva, essere uno stimolo all'acquisto per sé e per la categoria.



A questo proposito l'iniziativa di Bestack e delle imprese che hanno aderito - la nazionale dell'ortofrutta italiana come l'ha battezzata Dall'Agata - offre uno spunto sovraziendale: proiettare l'ortofrutta nello stesso sentiero percorso dal vino, che continuo a ritenere un faro per il nostro comparto. Un percorso affascinante, che ha saputo creare valore: non sono le singole etichette che hanno portato il vino alla ribalta, ma il sistema dei territori, delle cantine, dei viticoltori e delle loro iniziative imprenditoriali, sociali, ambientali e pubblicitarie ad aver decretato il successo del comparto. In Italia e nel mondo. Un successo di sistema da cui tutti – chi più direttamente e chi meno –  traggono beneficio.

Il “pensare collettivo” sollecitato da Dall'Agata si può concretizzare solo in un contesto del genere. Non si supera lo scoglio della comunicazione al consumatore con singoli prodotti innovativi e singole campagne promozionali: per l'ortofrutta, in questo momento, serve una strategia più selettiva e sfidante, quell'approccio di sistema invocato da Bestack per avere un adeguato impatto sul mondo dei consumatori. Perché farsi comprare non è la stessa cosa di vendere e l'ortofrutta deve meritarsi di essere comprata.

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