Piemonte tropicale, nuove colture

Piemonte tropicale, nuove colture
Asimina, goji, feijoa, mini banane, pere nashi. E distese di ulivi e vitigni che salgono in montagna. Benvenuti ai "Tropici piemontesi", dove al posto delle mezze stagioni del vecchio calendario c’è l’estate tutto l’anno. "Manca solo il mare, per il resto è come stare ai Caraibi: in questi giorni lavoriamo tutti in maglietta e pantaloncini corti", spiega Gaetano Verdoliva, l’agronomo che ha introdotto a Grugliasco la prima serra di agricoltura aeroponica torinese, un impianto agricolo senza terra e che usa poca acqua. In pratica la soluzione anti-climate change. "Con l’aumento delle temperature — dice Verdoliva — riusciamo a coltivare anche in Piemonte diverse colture esotiche; all’appello mancano solo mango e papaya".

Nei campi del Monferrato come nelle serre del cavourese i coltivatori sperimentano anche quest’anno una precoce fioritura di frutta e ortaggi. Un cambiamento climatico che stravolge il tradizionale menù a chilometro zero. Perché arrivano nuove coltivazioni da paesi lontani, mentre quelle autoctone rischiano di sparire dalla tavola.

"Pensiamo a pesche e albicocche, l’anticipo della fioritura scombussola le nostre piante — precisa l’agronomo Verdoliva — Basta una leggera gelata ad aprile e tutto il raccolto va in malora". Così finisce che al supermercato si possono comprare asimina e feijoa made in Piemonte, ma tipici del Brasile e centro America, e invece tocca importare dall’estero pesche e albicocche. E sullo scaffale della grande distribuzione l’olio d’oliva piemontese si sta facendo largo tra l’extravergine ligure e quello pugliese (danneggiato dalla Xylella). Il 2018 è stato un anno record per l’olivicoltura del Canavese, una tradizione sepolta dal freddo per secoli, ma rinata in questi ultimi decenni anche grazie all’aumento della temperatura. L’anno scorso le 150 mila piante del territorio hanno prodotto 500 quintali di olive, trasformare da 170 aziende in sei mila litri d’olio.

I coltivatori, favoriti dall’aumento delle temperature, sperimentano prodotti esotici. E nuovi sistemi per coltivarli. Ma una buona fetta di investimenti è riservata alle assicurazioni. Per quelle polizze che tutelano da siccità, alluvioni e catastrofi naturali, ormai sempre più frequenti. Perché ai Tropici piemontesi non c’è solo il bel tempo che fa maturare in anticipo frutta e verdura. Ma anche piogge abbondanti e concentrate in pochi giorni, tipiche dei climi di altre latitudini. "Non basta dire stop al cambiamento climatico - spiega Fabrizio Galliati di Coldiretti Torino - ma servono azioni concrete. Almeno per adattarsi alle nuove condizioni. Ad esempio servono interventi per il recupero dell’acqua piovana, che invece perdiamo. Invece abbiamo bisogno di mini impianti di raccolta. Altrimenti perderemo interi settori agricoli".

A rischio anche la produzione di riso. La scarse disponibilità di neve sulle montagne e le deboli precipitazioni renderanno complesse, se non impossibili, le operazioni di sommersione delle risaie nel mese di aprile. La finta primavera inganna piante, frutta e animali. Anche la produzione di miele d’acacia è crollata. Perché le api, minacciate da sostanze chimiche e tempo impazzito, sono a rischio estinzione.

Il termometro in salita porta con sé nuove colture. La campagna produce frutta e ortaggi un tempo esotici mentre le coltivazioni tradizionali si adattato alle nuove condizioni climatiche. Come il vino che dalle colline comincia a scalare anche le montagne. Dal recupero dei vini storici dell’alto pinerolese (come il Ramiè) al Baratuciat ai piedi della Sacra di San Michele e il Becuet ed Avanà della Val di Susa. Accanto ai noccioleti, in forte espansione, germogliano il mandorlo (nell’astigiano), le pere giapponesi nashi e il basilico è fresco tutto l’anno. Ma provenienti dal Sud ci sono anche piante invasive e agenti patogeni vegetali e animali che danneggiano le coltivazioni. Il kiwi, frutto un tempo esotico, ma diventato tipico del Piemonte è sotto attacco. La moria del kiwi, a causa di batteri difficili da debellare, ha costretto tante aziende agricole ad abbandonare le coltivazioni. Al posto dei frutti verdi nei campi del cavourese oggi spuntano meleti e noccioleti.

Angelo Garibaldi è presidente di Agroinnova, il centro di ricerca dell’Università di Torino che dà la caccia ai parassiti emergenti. E ha creato un orto speciale nel biellese a 800 metri di altitudine per studiare le trasformazioni di piante, frutta e verdura a contatto con i cambiamenti del clima. Spiega Ludovica Gullino, direttrice di Agroinnova: "Ogni anno arrivano nuovi parassiti che mettono in crisi le nostre colture, come insalate, rucole e kiwi. L’unica risposta che possiamo dare oggi è intensificare la ricerca scientifica".

Fonte: Corriere.it