Le Melinda riposano in grotta

La scelta sostenibile del Consorzio della Val di Non

Le Melinda riposano in grotta
La terra le fa crescere, la terra le conserva. Le mele di Melinda sono le uniche che, una volta raccolte in Val di Non, vengono fatte riposare sottoterra, protette in grotte scavate nella dolomia, la roccia calcarea che contraddistingue il territorio della valle trentina. 

Le celle ipogee di Melinda sono state ricavate nelle gallerie un tempo realizzate per l'estrazione di materiale edile, strutture che oggi hanno così una seconda vita, diventando celle frigorifere, ma ipogee. Le grotte sotterranee per la conservazione delle mele consentono a Melinda di risparmiare ogni anno fino al 30% dell'energia utilizzata per conservare i frutti: una soluzione nel segno della sostenibilità.


Il nuovo centro di stoccaggio delle mele Melinda si trova nell'ex cava di materiali edili di Rio Maggiore, a circa sette chilometri dal quartier generale dell’azienda a Cles (Trento). Quasi 30.000 tonnellate di mele possono essere conservate nel plesso di Rio Maggiore ed è previsto un ulteriore ampliamento di 10.000 tonnellate entro il 2021, così da raggiungere il 10% del fabbisogno di stoccaggio.

La messa a punto di questo nuovo sistema di conservazione delle mele su larga scala ha permesso a Melinda di valorizzare grandi spazi sotterranei già esistenti, una felice intuizione che in futuro consentirà di ridurre, fino ad eliminare, l’impatto paesaggistico sulla Val di Non dei tradizionali impianti di frigoconservazione epigei. 

Ma sul fronte della sostenibilità la novità più importante è nella tecnica di conservazione, che consente di ridurre l’energia consumata e di emettere minori quantità di anidride carbonica, la CO2, gas a effetto serra. Poi va considerato l'effetto sulla qualità dei frutti: la grande disponibilità di volumetrie delle celle ipogee rispetto ai sistemi di conservazione tradizionali, permette di posizionare i contenitori delle mele a una maggior distanza tra loro e questo va a tutto vantaggio della ventilazione e del raffrescamento del prodotto. Quindi più qualità, meno costi, ridotto impatto ambientale.

Come funziona e dov’è il risparmio delle celle ipogee di Melinda?

Il riscaldamento (o raffreddamento) di un corpo richiede due quantità di energia termica:
1.    quella per portare il corpo in temperatura (dipendente dal gradiente di temperatura, dalla massa e dalla capacità termica del corpo).
2.    quella per mantenere il corpo in temperatura (dipendente dalla differenza di temperatura tra il corpo e l’ambiente e dall’isolamento termico).

L’ unità di misura dell’efficienza di un ciclo frigorifero è il coefficiente di prestazione (COP = coefficient of performance) che si può misurare come rapporto tra quantità di calore sottratta alla sorgente di temperatura inferiore (corpo da mantenere freddo) in un ciclo e lavoro eseguito nello stesso ciclo. COP = calore estratto/lavoro speso.

Fatta questa breve premessa e con queste nozioni di fisica, vediamo ora i risultati conseguiti da Melinda grazie alle celle ipogee. L'azienda, in un anno, consuma mediamente circa 58 Giga Watt ora (GWh, con 1 GW = 109 Watt) per le sue attività, con picchi a settembre, ottobre, novembre e dicembre. Il 70% (41 GWh/anno) del consumo di energia è relativo alla frigo-conservazione, mentre il 30% (17 GWh/anno) riguarda la lavorazione delle mele.

Il consumo elettrico complessivo di 41 GWh per la conservazione si può suddividere in circa 11 GWh per portare le mele in temperatura e 30 GWh per mantenere la differenza di temperatura tra l’interno delle celle e l’ambiente esterno.
Di questi 30 GWh, circa 11 GWh servono per il controllo dell’atmosfera, la ventilazione ed i servizi ausiliari e, ovviamente, questi consumi rimangono gli stessi anche in ipogeo.

A parità di condizioni di funzionamento dei gruppi frigo (stesso COP), con la conservazione in ipogeo la quantità di energia per portare le mele in temperatura rimane la stessa, mentre l’isolamento della roccia aumenta di un fattore 6 (COP) l’isolamento termico quindi riduce i consumi di 5/6.

La quantità d’energia per abbattere la temperatura delle mele all’arrivo rimane identica nei due metodi, ciò che cambia è l’energia persa per dispersione termica. Con le celle normali si disperdono 17 GWh, mentre con le celle ipogee si disperdono solo 2,8 GWh, grazie al potere isolante della roccia.


Le celle ipogee hanno una ulteriore maggiore efficienza nel processo di condensazione del gas usato per l’impianto di raffreddamento, effettuato in acqua corrente e non in torre evaporativa, ma qualche maggiore consumo legato all’uso del freon al posto dell’ammoniaca e del glicole propilenico al posto del più inquinante glicole etilenico, usato di norma. Un processo virtuoso sul piano dei materiali, ma con qualche ricaduta sul consumo di energia.
Per conservare le mele nelle celle ipogee bisogna però tenere conto della necessità di raffreddare la roccia delle grotte, una tantum, da 10° a 1°. Per ridurre la temperatura di 10° di un metro cubo di roccia occorre un'energia frigorifera di circa 7 kWh frigoriferi, per cui il primo anno di attività risente di questo pegno da pagare.

Il costo è notevole parametrato alla grandezza degli ambienti, ma il vantaggio è altrettanto rilevante: infatti l’enorme massa termica in gioco permette poi di spegnere i gruppi frigo quando si vuole (anche per giorni, senza pregiudicare la conservazione dei frutti) ed è pertanto insensibile ad eventuali blackout; inoltre si può usare l’energia elettrica nelle fasce orarie a costo inferiore.

Nel complesso l’esperienza del plesso di Riomaggiore evidenzia che già dal terzo anno di attività il risparmio ottenibile è dell’ordine del 30% dell'energia utilizzata per la frigoconservazione.

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