Tutte le potenzialità del «fiore che si mangia»

Come sviluppare il mercato del radicchio rosso di Treviso tra Gdo e turismo

Tutte le potenzialità del «fiore che si mangia»
Conosciuto dai consumatori come indicazione Igp, ma non ancora abbastanza per le sue caratteristiche. Il radicchio rosso di Treviso Igp e il radicchio variegato di Castelfranco Igp sono prodotti che possono ambire ad un importante sviluppo nei prossimi anni, come è emerso lunedì sera durante il convegno “Il radicchio si interroga sul suo futuro”, iniziativa promossa dal Consorzio di tutela con l'obiettivo di formare e informare soci produttori, associazioni di categoria e amministratori su quelle che possono essere le potenzialità di sviluppo e i traguardi raggiungibili attraverso la valorizzazione e la promozione delle 3 varietà protette. Un prodotto che registra un trend in continua crescita dal 2015, ma che necessita di pianificare il prossimo futuro per mettersi in gioco anche in ottica globale e non solo territoriale.



Dopo il saluto del presidente Andrea Tosatto è intervenuto Roberto Della Casa, docente e managing director di Agroter e Italiafruit News. “Il radicchio ha tutte le carte in regola per fare da traino per questo territorio - ha detto Dalla Casa - Il cliente cerca un prodotto buono, garantito, sostenibile, tracciabile, biologico ma premia anche il suggerimento e l'abbinamento consigliato. Nella distribuzione moderna dovrebbe esserci più spazio dedicato ad un prodotto come il Radicchio Rosso di Treviso Igp per far comprendere cosa c'è dietro. Va considerato che tra Treviso e Bologna l'impatto del 'fiore che si mangia' è diverso pertanto o il consumatore conosce quello che sta acquistano o probabilmente non lo acquista, soprattutto se ha un costo superiore ai prodotti simili: bisogna elevare il concetto di 'mark', dobbiamo far parlare il prodotto prima, in modo immediato, ha bisogno di un marketing che spieghi cos'è come si produce, ricette, abbinamenti, e aiuti a leggere un prodotto locale in ottica globale. Il reparto ortofrutta di domani sarà un reparto delle soluzioni vegetali: e il radicchio rosso di Treviso Igp avrà un ruolo di primo paino, perché può essere uno di quei prodotti emblematici e di traino".

Prodotti tipici, enogastronomia e turismo. Su questo fil rouge è intervenuta Roberta Garibaldi, docente e componente di presidenza della Società Italiana Scienze del Turismo che ha sottolineato come grazie all'attenzione mediatica sviluppata nei confronti dei prodotti agroalimentari ci troviamo davanti ad una vera e propria 'Gastomania'. “Oggi la ricchezza enogastronomica è considerata uno degli elementi più rilevanti per la scelta della meta turistica. La totalità dei turisti vuole vivere esperienze enogastronomiche (86%), quello che emerge è che c'è un forte gap tra domanda e offerta, perché spesso le aziende alimentari non sono preparate a rispondere ad un segmento di domanda affine al loro core business. Il turismo enogastonomico è turismo culturale perché deve intrecciare tre elementi: prodotto, storia, servizio”.



Riflessioni più tecniche durante la seconda parte del convegno dove è stata evidenziata l'importanza delle certificazioni nelle transizioni dei prodotti ortofrutticoli grazie all'intervento di Maria Chiara Ferrarese, vicedirettore Csqa di Thiene. “La certificazione è una scelta, è un concetto di garanzia che si è affermato per i retailer di tutto il mondo i quali hanno bisogno di tutelarsi rispetto al prodotto che stanno mettendo in commercio. Questo perché molto spesso le certificazioni comunicano claim sensibili al consumatore. Il Global Gap i questo momento è uno standard mondiale che rappresenta un elemento basilare per vendere non solo alle catene più note ma anche nei discount i quali, sempre più, chiedendo le stesse garanzie delle catene maggiormente conosciute. Global Gap è una certificazione che oggi conta 200.000 aziende registrate al mondo di cui 110.000 solo in Europa. Ora si stanno sviluppando dei moduli aggiuntivi chiesti dai grandi retailer che vanno a toccare aspetti sociali e di sostenibilità rivolta all'intera filiera. Preciso inoltre l'intervento rivolto ai nuovo marchio ministeriale Sqnpi certifica una produzione sostenibile che non include elementi di sostenibilità sociale o economica ma ha il vantaggio di poter essere richiesta da una singola azienda o da aziende associate. Non sono mancate inoltre le precisazioni sulla Certificazione Residuo Zero, partita nel 2018, sarà un indicatore utile per il consumatore in quanto oltre al residuo di pesticidi sul prodotto finito (inferiore a 0,01 mg/kg) attesta anche un sistema di rintracciabilità in tutte le varie fasi e valuta il procedimento attivato per arrivare al risultato finale”.

A chiudere la sessione Paolo Fontana, presidente di World Biodiversiry Association. “La sostenibilità non è una alternativa, è l'unica strada. Ci sono due aspetti che dimostrano il perché la sostenibilità non è un'opzione ma sono i cambiamenti climatici e gli insetti alieni. I prodotti agricoli non sono qualcosa si standard sono esposti al ciclo organico, meteorologico, di stabile c'è poco. Va sempre considerato che il cambiamento climatico mette in crisi un sistema economico, i parassiti son diversi, Gli organismi risentono molto dei cambiamenti climatici e si comporteranno in modo diverso e l'agricoltura degli ultimi 70anni non è resiliente, è fragile da tanti punti di vista, è vulnerabile, la moderna agricoltura deve fare qualche passo in avanti e si deve sviluppare in un'ottica ecologica capace di adattarsi e progredire, come è sempre stato, in un'ottica di ciclo ecologico”.

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