Innovazione in frutticoltura, Agrion fa il punto

Innovazione in frutticoltura, Agrion fa il punto
Si è tenuto mercoledì 4 dicembre il convegno “Ricerca e innovazione in frutticoltura – attività 2019”, organizzato dalla fondazione Agrion nella sua sede di Manta, alla presenza dei rappresentanti delle imprese agricole del territorio.

Un incontro necessario per relazionare le principali sperimentazioni condotte dalla fondazione e i risultati raggiunti nel corso dell’anno 2019.
I ricercatori di Agrion, Davide Nari, Simone Bardella e Luca Nari, sono intervenuti principalmente su tre tematiche: l’innovazione varietale del melo e del pero, la lotta alla cimice asiatica e le attività di contrasto alle emergenze fitosanitarie, in particolare per la moria del kiwi e la patina bianca del melo.

Con l’occasione, è stato anche distribuito al pubblico il nuovo manuale “Aggiornamento sulle tecniche colturali. Dalla preparazione del suolo alla potatura”, una sorta di vademecum per la corretta progettazione di un frutteto. La nuova guida contiene tutti gli aggiornamenti relativi alla preparazione del suolo e alle tecniche di allevamento e potatura di tutte le specie frutticole: melo, pero, pesco, susino, ciliegio, albicocco e actinidia.

Ha introdotto i lavori il presidente Giacomo Ballari evidenziando l’elevato livello di pressione sulle filiere agricole ad opera dei mercati e, di pari passo, dal proliferare di problematiche generate dai cambiamenti del clima, che sfociano in numerose emergenze fitosanitarie: “Durante l’incontro presenteremo i risultati di parte dell’attività di ricerca e sperimentazione condotta dalla fondazione Agrion nel tentativo di produrre delle soluzioni sostenibili per il futuro”. 

Ha poi preso la parola il consigliere regionale Paolo Demarchi, sottolineando l’importanza di questa attività e l’impegno costante del consiglio regionale nell’essere al fianco delle imprese per superare le criticità esistenti e costruire, attraverso l’innovazione, la ricerca e la sperimentazione, una strategia di sviluppo sostenibile: “Il settore agroalimentare è uno dei settori strategici dell’economia del Piemonte e dobbiamo mantenere, insieme, i primati che ci siamo conquistati nel tempo. La moria del kiwi e le soluzioni di lotta alla cimice asiatica sono delle priorità che nei prossimi mesi dovremmo affrontare assieme ad Agrion e ai suoi partner con tutte le forze a nostra disposizione.”

I lavori sono stati moderati dal coordinatore tecnico-scientifico Lorenzo Berra, che ha brevemente descritto le numerose attività sperimentali condotte nel 2019 e ha introdotto le differenti relazioni. 
La prima, presentata da Davide Nari, era focalizzata sulle ultime acquisizioni ottenute dalla sperimentazione per l’innovazione varietale del melo e del pero. 
Nel 2019, la melicoltura ha interessato 6.463 ettari della superficie piemontese, con una produzione di 260.000 tonnellate di frutto, facendo registrare un netto aumento della specie rispetto agli anni precedenti.

Dal punto di vista varietale, Gala resta il gruppo più coltivato in Piemonte (40%), seguito da Red Delicious (26%), Golden Delicious (10%), Fuji (5%), Ambrosia (6,5%), Crimson Snow (5%), Granny Smith (2%), e dal gruppo delle resistenti alla ticchiolatura, che si sta affacciando al panorama varietale piemontese, composto da Story, Crimson Crisp, Opal e altre.4%). Le varietà che si stanno diffondendo maggiormente sono Story® Inored (80 ha), Ueb 32642Opal (50 ha), Coop 39 Crimson Crisp® (50 ha), Fujon* (10 ha) e Dalinette* (15 ha). Tra le varietà in fase di sperimentazione estesa, sono state menzionate Tessa (30 ha), Smeralda (5 ha), Mandy® Inolov (3 ha), Early Crunch* e Inobi*.

Per quanto riguarda le varietà resistenti alla ticchiolatura, si è evidenziato che la resistenza non rappresenta più il carattere principale, ma un fattore che si aggiunge ai requisiti che una buona varietà deve possedere per poter essere diffusa su vasta scala. Rispetto a vent’anni fa, infatti, le varietà resistenti attualmente disponibili in commercio hanno raggiunto gli stessi risultati agronomico-qualitativi delle varietà standard. Tra le nuove varietà resistenti che si stanno diffondendo, sono state nominate Opal, Smeralda, Mandy Inolov, Inored Story, Fujion e Dalinette.

Il pero, invece, occupa ad oggi 1.403 ettari della superficie piemontese, principalmente con una produzione delle varietà William (50%), Abate (33%), Conference (7%) e altre varietà (10%). Durante il convegno, si è sottolineato che il 50% della pericoltura in Piemonte è condotta con metodo biologico, soprattutto nel caso della varietà William, in quanto perlopiù utilizzata per la trasformazione post-raccolta. Si è spiegato infine che, presso alcuni impianti pilota in Piemonte, si stanno sviluppando delle varietà tolleranti al colpo di fuoco batterico, come Harrow Gold, Celina, Kristina, Harrow Love e Harovin Sundown.

Nella seconda parte della conferenza si è affrontato il tema della lotta alla cimice asiatica, nota piaga degli ultimi anni dell’agricoltura piemontese e non solo. Il ricercatore Simone Bardella è intervenuto facendo dapprima un excursus sulle attività svolte nel 2019 per la lotta all’insetto. Solitamente, tra febbraio e marzo, viene effettuato il monitoraggio della fuoriuscita dallo svernamento tramite tre tecniche differenti: monitoraggio visivo, trappole AgBioo e frappage. Per quel che concerne i tipi di monitoraggio “attivi” (visivo e frappage), si è riscontrata una maggiore affidabilità in quanto il lavoro dei tecnici direttamente in campo ha permesso di riscontrare l’effettiva popolazione dell’insetto. L’azione “passiva” di monitoraggio (trappole) ha invece una minore affidabilità, nonostante permetta una facilità di controllo piuttosto elevata e la possibilità di cattura dell’insetto. Come strategie di difesa, si è cercato di contenere le infestazioni e i danni mediante una corretta gestione, sia delle vie d’ingresso al frutteto (CropPerimeterRestructuring), con interventi chimici mirati ai soli filari di bordo, sia del frutteto stesso, con interventi a file alterne su tutto l’appezzamento. 
La difesa chimica, tuttavia, ha presentato una serie di limiti, in quanto non ha un’efficacia completa, il campo necessita di copertura protettiva, l’insetto ha la possibilità di spostarsi, e i prodotti impiegati hanno una persistenza limitata. 
Dall’altra parte, il metodo di difesa biologico può essere d’aiuto, ma solo nel medio-lungo periodo. L’attività sperimentale biologica svolta da Agrion nel 2019, è stata sviluppata in collaborazione con la regione Piemonte, il Disafa di Unito e il Crea di Firenze. Sempre durante il 2019, Agrion ha anche svolto un piano di monitoraggio regionale, realizzato in collaborazione con Ferrero Hazelnut Company, Regione Piemonte Settore Fitosanitario regionale, Disafa, Ascopiemonte, Cia, Coldiretti e Confagricoltura. Su tutto il territorio piemontese, sono stati monitorati146 punti di controllo di cui 30 di controllo attivo (frappage) e 116 di controllo passivo. Un progetto importante che è servito per valutare le diverse popolazioni e le zone in cui è presente l’insetto, per una valutazione finale sulle modalità di azione nelle diverse località. I dati delle catture venivano registrati attraverso l’app Hh BugMonitoring e riportati settimanalmente sul sito www.agrion.it. 
Altri sistemi, quali barriere fisiche, piante bersaglio e “attract&kill”, possono essere di aiuto per il contenimento del fitofago, con relativa diminuzione del danno, ma ciascuno presenta al momento dei limiti.

È seguito poi l’intervento di Luca Nari sulle emergenze fitosanitarie: la patina bianca del melo, che nel 2018 ha provocato gravi danni alla raccolta, e la moria del kiwi, fenomeno che purtroppo non si riesce ancora ad eliminare. 
Sul fenomeno della patina bianca, in Piemonte, le indagini hanno constatato che il fenomeno è diffuso maggiormente presso le aree dove si verifica più ristagno dell’umidità, che non ha strettamente a che fare con l’incidenza delle piogge annuali. Come strategie di difesa, sono stati effettuati numerosi test, ma nessun fungicida ha dimostrato efficacia ad oggi. 
Una possibile e più significativa risposta risulta essere l’adozione di misure agronomiche specifiche, come la gestione della vigoria delle piante in caso di terreni fertili, evitandone il lussureggiamento, la corretta gestione della potatura invernale, favorendo l’aerazione della chioma con potature verdi, l’esclusione dei concimi fogliari contenenti azoto e delle abbondanti irrigazioni estive.
Dal momento che si tratta di una problematica che ha colpito, e continua a colpire, anche il Trentino Alto Adige, nel 2019 si è attivato un gruppo di lavoro interregionale, che ha coinvolto la fondazione Agrion, il Disafa di Unito, il centro di ricerca di Laimburg (Bz) e la fondazione Edmund Mach (Tn), e i rispettivi tecnici che hanno lavorato direttamente in campo. Sulla base di un protocollo comune, si è lavorato principalmente sull’identificazione dei patogeni, sulle prove di campo e sulle prove post-raccolta con strategie di difesa alternative. Da maggio a settembre, Disafa ha effettuato dei campionamenti mensili su due meleti storicamente sensibili, analizzandone corteccia, foglie, frutto. L’attività ha permesso di indentificare ben quattro specie differenti appartenenti al genere Tilletiopsis, dimostrando un’alta variabilità interspecifica dei funghi coinvolti. Le attività in campo sono state svolte presso due aziende, registrando risultati piuttosto positivi, in quanto la patina, quest’anno, ha iniziato a verificarsi più tardi rispetto al solito (fine settembre), riducendone così la presenza di circa il 10%. Le prove post-raccolta sono attualmente ancora in corso e prevedono il lavaggio dei frutti con bicarbonato di potassio e altri prodotti a impatto zero. Tra le conclusioni, è stata ribadita la necessità di compiere ulteriori approfondimenti sia sulla biologia del fungo che sull’identificazione del rischio in campo, al fine di pianificare una strategia di difesa.

Sulla moria del kiwi sono stati forniti alcuni dati volti a sottolineare il danno che la patologia, insieme alla Psa, ha causato alle piantagioni negli anni, facendo registrare un trend in decrescita, che va dai 5.421 del 2010 ai 3.950 del 2019. Una successiva stima eseguita da CsoItaly (centro servizi ortofrutticoli) ha registrato la presenza di soli 3.591 ettari, di cui solo il 40% risulta essere indenne. Quindi le coltivazioni di kiwi rimaste attive, in Piemonte, occupano circa 1.500 ettari della superficie. Dato che si tratta di una problematica interregionale, dopo la nascita del gruppo di lavoro locale composto da Agrion, Crea, Regione Piemonte e Disafa, si è ritenuto necessario creare anche un gruppo nazionale che, oltre agli enti già citati, ha coinvolto Agrea, l’agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura in Emilia-Romagna, l’Università degli Studi di Udine, e tutte le altre regioni, che, insieme al Piemonte, sono state colpite dalla moria del kiwi, ossia Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lazio. 
Individuare le cause della patologia è un processo davvero complicato. Con i gruppi di lavoro si è giunti alla conclusione che si tratta di una sindrome multifattoriale, in quanto entrano in gioco diversi aspetti, tutti quanti legati ai cambiamenti climatici in corso: la diversa struttura del suolo, la sensibilità delle piante, e il verificarsi di microorganismi patogeni, dovuti alla perdita di resistenza della pianta.
Dal 2017 al 2019, il gruppo di lavoro piemontese si è occupato della lotta alla moria tramite il progetto Kimor, che ha visto la realizzazione di un impianto, dove sono stati presi in esame alcuni fattori agronomici importanti come la gestione idrica, la baulatura, il compostaggio, i portinnesti, i trattamenti biotici e abiotici del suolo e l’incidenza di eventuali patogeni. 

Il coordinatore tecnico scientifico, dott. Lorenzo Berra, a chiusura delle diverse relazioni, ha dichiarato: “Alla luce delle innumerevoli sfide alle quali l’agricoltura piemontese è sottoposta, sia dal punto di vista fitosanitario, che da quello dei cambiamenti climatici, è sempre più necessario che le produzioni siano di qualità e più rispettose dell’ambiente. Per stringere le fila, occorre certamente rafforzare le collaborazioni. La fondazione Agrion ha già sviluppato una serie di competenze e attivato un numero considerevole di reti con gli altri istituti di ricerca nazionali e internazionali, per fornire gli strumenti alle aziende e rispondere a queste sfide.”

Fonte: Ufficio stampa Agrion