I frutti esotici crescono tra le montagne della Sardegna

Kiwano, Yacon e Crosne sono le colture introdotte dall'azienda "A modo nostro"

I frutti esotici crescono tra le montagne della Sardegna
Dopo aver trovato l’ideale ambiente di coltivazione in Sicilia, ora un’altra isola si candida come terreno fertile per le piante tropicali: stiamo parlando della Sardegna. Proprio qui, tra le montagne di Oristano, a Laconi, cinque anni fa è nata l’azienda agricola “A modo nostro” gestita da Marco Ghiani e dalla moglie Carla Mura, dedita alla coltivazione di diverse piante esotiche come il Kiwano, lo Yacon e il Crosne, oltre ad altre coltivazioni più tradizionali.

Piante tropicali, il nostro investimento
“Non possiamo fare un’agricoltura estensiva perché la nostra azienda si sviluppa su pochi ettari – spiegano i titolari a Italiafruit News – e, complice anche il cambiamento climatico, abbiamo deciso di puntare sui frutti esotici. Queste coltivazioni rappresentano un riscatto per le nostre zone montane e sono un ottimo investimento dal punto di vista reddituale”.
“Ad oggi possiamo contare su dieci ettari di terreno, di cui la metà sono molto fertili e dedicati alle coltivazioni tropicali e non – continua – la restante parte è composta da bosco e macchia mediterranea. I primi semi di piante tropicali li abbiamo acquistati sul web, quasi come un esperimento: all’inizio le piante producevano pochi frutti, poi abbiamo ripiantato i semi finché non si sono adattati all’ambiente. Oggi abbiamo un buon livello produttivo e vendiamo i nostri prodotti nelle sagre del territorio, oltre che nei mercati al dettaglio. Vediamo ogni giorno consumatori sempre più curiosi: la gente sta cambiando e vuole provare gusti diversi dalla frutta classica, senza contare che spesso la frutta esotica contiene più vitamine e magnesio dei frutti tradizionali. Il fatto che produciamo frutta esotica in Italia, rappresenta un ulteriore valore aggiunto al momento degli acquisti”. 


La coltivazione del Kiwano

Kiwano, una coltivazione da implementare
“Con il Kiwano, originario dell’Africa orientale, abbiamo iniziato la nostra avventura con i frutti esotici – spiegano Ghiani e Mura– dopo due anni necessari all’adattamento, la produzione è partita bene: se nel primo anno abbiamo raccolto 100 frutti, al secondo anno ne abbiamo raccolti mille, mentre abbiamo tenuto da parte alcune piante per generare i nuovi semi. La coltivazione del kiwano è in campo aperto per un’estensione di 1000 metri quadrati e stiamo vendendo i frutti già da due anni”.
“Sta avendo molto successo sul mercato – continua – in molti lo comprano la prima volta per curiosità, poi si appassionano al suo gusto unico, tra il dolce e l’acido. E’ un frutto molto versatile e si può mangiare sia crudo (quando è ancora verde) e ha un gusto simile al cetriolo, oppure maturo (quando assume una colorazione arancione): in questo caso il suo gusto è un mix tra il kiwi e la banana, i due frutti da cui è derivato anche il suo nome”.


Lo Yacon coltivato dall'azienda "A modo nostro"

Yacon e Crosne, le nuove scommesse
Se la coltivazione del kiwano è già un successo, “A modo nostro” ha deciso di puntare su altre due piante: lo Yacon peruviano e il Crosne (o tuberina) di origini cinesi/giapponesi.
“Abbiamo sperimentato lo Yacon lo scorso anno producendo anche i semi e dalle 20 piante iniziali, oggi ne abbiamo un centinaio: speriamo che quest’anno il prodotto sia idoneo alla vendita – evidenziano Ghiani e Mura – È un frutto curioso perché cresce sotto terra e come gusto è dolce, simile alla pera Nashi: più va avanti con la maturazione e più dolcezza acquista. Inoltre può essere consumato anche dai diabetici perché non contiene fruttosio ma inulina”.
Ancora in fase sperimentale, il Crosne ha dovuto fare i conti con eventi climatici sfavorevoli. “L’anno scorso la produzione è andata bene – sottolineano i titolari – e le piante sono cresciute a sufficienza ma, quando è stato il momento della raccolta, abbiamo dovuto fare i conti con un mese di pioggia che ha rovinato tutti i frutti e anche i semi che avevamo creato: speriamo in una ripresa e di raccogliere i frutti nel 2021”.
Al di là di questa vicenda, assicurano che anche il Crosne si è adattato bene al clima montano: ”l’inverno è stato mite e più caldo rispetto agli anni scorsi – dicono – basti pensare che sono tre anni che non vediamo la neve”.

Il Crosne

Non solo tropicali
Aprofittando del clima mite, l’azienda ha deciso di puntare anche sulla coltivazione di ceci e lenticchie, zafferano, oltre a topinambur, zenzero, curcuma e grano.
“Il topinambur ci dà parecchia soddisfazione - commentano - perché cresce a dismisura senza bisogno di troppe attenzioni. Produciamo 2 chilogrammi a pianta per una resa di circa 60 kg totali: il prodotto è conosciuto sul mercato e le vendite vanno bene, sicuramente ne incrementeremo la coltivazione”.
E aggiungono: “Per zenzero e curcuma siamo ancora in attesa perché le radici non sono ancora pronte. Forse potremmo raccoglierli tra un anno mentre continuiamo a contare su una solida produzione di grado duro e tenero, che trasformiamo in farina e semola appoggiandoci a un mulino in pietra nelle vicinanze”.
E concludono “Sicuramente in futuro introdurremo nuove colture sperimentali, penso ad esempio ai fagioli Azuki di origine giapponese. E poi sicuramente investiremo sulla nostra immagine, con un sito web e social dedicati”.

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