Come sarà l'ortofrutta dopo il coronavirus

L’emergenza, la transizione, il futuro: uno stimolante faccia a faccia

Come sarà l'ortofrutta dopo il coronavirus
Il primo studia il mercato dell'ortofrutta da anni: numeri, dati, analisi e strategie di marketing sono il suo pane quotidiano. Il secondo, da altrettanti anni, lavora per assicurare ai consumatori italiani ortofrutta fresca ogni giorno, sviluppando le politiche di vendita di uno dei gruppi che ha fatto la storia della distribuzione italiana. Il primo è Roberto Della Casa, managing director di Agroter e Italiafruit News; il secondo è Claudio Mazzini, responsabile Freschissimi di Coop Italia.

Abbiamo messo a confronto questi due esperti del settore per capire - nell'ambito dell'emergenza coronavirus - che piega possa prendere l'ortofrutta. Perchè oltre ad affrontare il convulso presente, bisogna già pianificare il futuro. Ecco i passaggi salienti di questo stimolante faccia a faccia.

Della Casa - L’emergenza Coronavirus non è già più un’emergenza, perché se pensiamo ad un’emergenza ci viene in mente qualcosa fuori dall’ordinario che richiede un intervento immediato e, per questo, ha un orizzonte di breve periodo. Siamo abituati a fronteggiare emergenze più o meno gravi nello spazio di ore o giorni ma già a settimane di emergenza non siamo abituati, addirittura mesi è proprio fuori dalla norma.
Per cui, dovendo fare i conti con un’emergenza anomala e pur sapendo di essere nel bel mezzo del suo guado, vale la pena cominciare a pensare cosa ci lascerà nei prossimi mesi – la cosiddetta fase 2 – e anche cosa possiamo ipotizzare sedimenterà quando la situazione tornerà ad una normalità che di certo sarà diversa da quella che abbiamo lasciato. L’esercizio non è certo semplice ed è denso di incertezze alla luce delle conoscenze di cui disponiamo ma merita certo uno sforzo per le implicazioni che determinerà anche per il comparto ortofrutticolo.
Avere diversi punti di vista in un lavoro di questo tipo è certamente una buona idea ed ho accettato di buon grado lo stimolo del mio vecchio amico Claudio Mazzini di provare a cimentarci insieme in questa prova. Lo faremo in modo inusuale, come è inusuale questa situazione, con un faccia a faccia virtuale che provi a sostituire quelli reali che tante volte abbiamo fatto. Chiedo perciò a lui di provare a mettere a fuoco in apertura lo scenario di breve periodo, mentre viviamo ancora un rigoroso distanziamento sociale con tutte le implicazioni che si porta dietro.



Mazzini – La priorità assoluta per l’intera filiera ortofrutticola è mantenere le forniture al consumo in modo costante, senza interruzioni e senza sobbalzi, evitando perciò ogni tipo di speculazione che, soprattutto in questo momento, può compromettere in modo irreparabile il rapporto con il cliente e che, perciò, non ci possiamo permettere. Serve senso di responsabilità e reciprocità nella filiera per mantenere gli scaffali riforniti, adattando per quanto possibile gli assortimenti ai nuovi comportamenti di consumo. Una volta al sicuro nel nostro piccolo bunker domestico e dopo aver fatto scorta di beni di prima necessità abbiamo infatti riscoperto il piacere della cucina e del bricolage, dei prodotti da dispensa e della preparazione rispetto al freschissimo ready to eat e ai prodotti servizio. Dobbiamo prenderne atto e tentare di riportare all’attenzione del consumatore anche queste categorie con un nuovo approccio alla promozionalità che tenga conto delle mutate frequenze d’acquisto e dell’entità dello scontrino.
Questo è quello che vedo nell’immediato ma poi serviranno azioni nei prossimi mesi per mantenere attiva la filiera che non può reggere a lungo le attuali condizioni di lavoro senza adattamenti. Ma le previsioni sono materia tua, per cui ti cedo volentieri la palla.



Della Casa – Il grande tema di domani - che è però già un tema caldo oggi – sarà garantire lo svolgimento delle pratiche colturali in campo, non solo la raccolta. Si parla di 300.000 – 350.000 addetti necessari solo per l’immediato. Al di là dei corridoi privilegiati che si sta tentando di aprire per favorire l’arrivo di manodopera dall’estero come era sempre avvenuto negli ultimi anni, a mio avviso andrebbe anche valutata l’opportunità di riconversione all’agricoltura almeno per una parte della manodopera che, seppur provvisoriamente, si trova senza lavoro e percepisce un reddito di emergenza. E questo perché la provvisorietà della situazione è in realtà un auspicio, al di là di tanti bei proclami. So che nel nostro Paese la definizione “mobilità della forza lavoro” non trova corrispondenza nel dizionario, ma per garantire continuità alle forniture la priorità è assicurare l’esecuzione delle pratiche agricole in una branca, come l’ortofrutticoltura, ad elevata intensità di manodopera.
Nei prossimi mesi, poi, dovremo fare i conti con l’inevitabile crisi economica prodotta dal lockdown, di cui avvertiremo gli effetti già dalle prossime settimane e che avrà impatto su una domanda che già oggi si è solo redistribuita e, nemmeno completamente, dal fuoricasa verso i consumi domestici. Dopo l’adattamento tattico di cui parlavi, caro Claudio, arriverà rapidamente la necessità di azioni più strategiche, a partire dalla domanda di prodotti confezionati che è in aumento e lo rimarrà almeno per diversi mesi. La risposta a questa richiesta non negoziabile nell’immediato senza perdere vendite - basta entrare in un supermercato per rendersene conto - è aumentare la collaborazione fra chi ha capacità di lavorazione in surplus e chi non sufficiente, con operazioni di integrazione orizzontale finora sconosciute. Senso di responsabilità e reciprocità andranno integrate con azioni di contenimento dell’inflazione fisiologica che si genererà per effetto dei costi incrementali che tutti gli attori della filiera stanno già misurando. E’ finita la logica dell’extraprofitto, occorre un nuovo approccio e una visione sociale d’impresa che è l’unico modo per dare continuità al sistema permettendo a tutti i cittadini di un’Italia che sarà inevitabilmente più povera di avere accesso a frutta e verdura. La forte presenza del sistema cooperativo, fondato sulla solidarietà, sia alla produzione che alla distribuzione dovrebbe favorire il processo.
E così ci stiamo avviando ad interpretare la fase di ritorno a una nuova normalità in cui fare tesoro dell’esperienza di questa terribile vicenda. E’ un futuro ancora incerto ma credo vi siano già alcuni punti chiave da sottolineare, primo fra tutti quanto l’agricoltura debba essere strategica negli asset di un Paese come il nostro che ha la fortuna di godere di climatologie differenti e, quindi, dell’opportunità di avere una gamma di produzioni varia e completa. Accanto a ciò avremo l’occasione per riaffermare il valore del cibo in sé e in rapporto agli altri beni, non solo degli alimenti di lusso ma anche di quelli di prima necessità. Venendo all’ortofrutta, spero vedrà la luce un vero piano strategico nazionale, necessario sia sul fronte interno che, soprattutto, per lo sviluppo dell’export, indispensabile per l’equilibrio del comparto.



Mazzini – Proprio in orizzonte di medio periodo sarà necessario potenziare o ricostruire alcune filiere chiave e cercare modalità negoziali differenti, basate su accordi di medio lungo periodo, per ricreare e/o consolidare posti di lavoro in Italia, ma per fare questo sarà necessario capire come impostare modalità diverse di relazione commerciale che possano portare sicurezza (intesa come food security) ed efficienza nella catena dei costi non necessari o intermedi. Sarà anche il momento delle scelte, dando vantaggi a chi è partner e non raider, visto che per anni è stato spesso il contrario. Per quanto riguarda il lavoro di noi distributori, sarà l’occasione di rivedere profondamente gli assortimenti, cercando di renderli più efficaci. Meno profondità e meno presunti localismi (grande enfasi invece a quelli veri), promozionalità da ripensare ma necessaria per veicolare la percezione di convenienza, rapporto sfuso/confezionato e size delle confezioni da riconsiderare. Ma, tornando con i piedi per terra, non dobbiamo sprecare il tempo che ci verrà concesso dall’estate per riorganizzare alcune filiere invernali dove siamo di norma deficitari nella bilancia commerciale. Di certo fare sistema sarà non più una parola d’ordine ma una necessità strategica.

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