Asparago verde foggiano, una carriera agli sgoccioli?

L'agronomo Diliddo: «Gli autunni sempre più miti ci penalizzano. E' giunta l'ora di disinvestire»

Asparago verde foggiano, una carriera agli sgoccioli?
Tra i produttori di asparagi del centro e sud Italia prevale oggi una sensazione di rassegnazione. La campagna, dopo il tradizionale momento positivo pre pasquale, si è purtroppo incanalata male per ragioni di vario genere, a partire dal coronavirus che ha praticamente azzerato la clientela europea dell'Horeca e dal surriscaldamento climatico che indice negativamente sulle performance agronomiche delle asparagiaie. E c'è chi comincia a porsi una domanda sul futuro: ha ancora senso puntare su questa coltivazione? Per Savino Diliddo, agronomo che opera nella zona vocata del Foggiano (Puglia), la risposta è no.

"Ormai siamo davvero agli sgoccioli dei fasti di questa coltura", scrive in un post su LinkedIn nel quale sottolinea come la scorsa settimana ai produttori del centro e sud Italia sia stato riconosciuto un prezzo medio compreso tra 1,1 e 1,3 euro il chilo. Quotazioni che, in passato, venivano pagate da fine maggio in avanti.

"Con circa 8mila ettari coltivati, la nostra provincia è la principale area di produzione nazionale dell'asparago verde", precisa a Italiafruit News l'agronomo che lavora per un'azienda agricola di Foggia specializzata nella coltivazione di asparagi e di altre orticole. "Anche quest'anno, purtroppo, il nostro comparto sta vivendo un'altra campagna da dimenticare con prezzi bassi e tanto scoraggiamento. Bisogna analizzare a fondo questo andamento. Da tre anni dico che puntare sull’asparago verde a Foggia per fare investimenti, non è conveniente e i fatti mi danno ragione".



"Quando ho cominciato a lavorare nel mondo del fresco, nel 2009, i campi producevano 130-150 quintali per ettaro, i prezzi erano alti e le produzioni costanti, anche perché allora i diserbi non si facevano. Poi è venuta meno la storica varietà Grande e ci si è dovuti arrangiare. Nel frattempo il clima è cambiato: gli autunni sempre più miti, molto diversi rispetto a quelli di dieci anni fa, non permettono più alle asparagiaie di andare veramente in dormienza e l'emissione di turioni non si ferma praticamente per niente per tutto l'inverno, contribuendo a far perdere potere vegetativo alla parte radicale. Il lepidottero Hypopta, di conseguenza, ha messo il suo zampino in tutto ciò".

"Nel 2018 un importante buyer di una grande catena della Gdo tedesca - prosegue Diliddo - mi confidò che l’Italia non era all’altezza della Spagna nel fornire prodotto standard, in grosse quantità e a prezzi concorrenziali e probabilmente andava ridimensionata per questo articolo in futuro. Così è stato. Io, nel mio piccolo, dal 2015 ho cominciato a incontrare i più grandi imprenditori foggiani per proporre un percorso di riconoscimento di una Igp legata al territorio. Ma nulla si è mosso. Sarebbe cambiato qualcosa? Non lo so".

In ogni caso, la stagione 2020 pare compromessa. "Molti produttori locali, visti i prezzi insostenibili delle ultime settimane, hanno fermato le attività nei campi - rimarca a Italiafruit News - Solo la raccolta dell'asparago impone più o meno un costo di un euro il chilo: se il mercato italiano ed europeo continuerà a pagare così poco, credo che la campagna si chiuderà molto presto. Nemmeno l'industria di trasformazione, oltretutto, adesso richiede il prodotto. Le ultime annate sono state tutte negative. Ormai è arrivata l'ora di dismettere le asparagiaie e di investire su altri articoli come, ad esempio, il peperone per l'industria che, a mio avviso, ha un futuro assicurato".

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