Cosa (dovremmo) imparare dalle angurie a 1 centesimo

Pensieri ferragostani sull’efficacia dei volantini per l’ortofrutta

Cosa (dovremmo) imparare dalle angurie a 1 centesimo
L’iniziativa di “regalare” un’anguria, proposta da Eurospin ai propri clienti a Ferragosto ha avuto grande visibilità sui media nei giorni scorsi, tanto che ieri - giornata della promozione - il prodotto in offerta è andato esaurito in diversi negozi già di prima mattina.



Un grande successo, dunque? Nient’affatto, un gigantesco flop, che ha obbligato la catena a dover rispondere sui canali social alle tante lamentele dei clienti inferociti per la mancanza del prodotto nei negozi.

Nelle scorse settimane ho letto tanti commenti critici riguardo questa iniziativa sulla stampa specializzata e, da convinto sostenitore della necessità di valorizzare e qualificare frutta e verdura, l’iniziativa non è piaciuta nemmeno a me. Francamente, però, sul piano sostanziale non sposta più di tanto la “svalorizzazione” di frutta e verdura portata avanti da diverso tempo da una parte del sistema distributivo moderno nel nostro Paese. Semmai la spettacolarizza. Fra uno, sette o nove centesimi al kg è più una questione di matematica che di valore, visto che spendendo meno che per un caffè puoi in ogni caso mettere a tavola dieci persone e saziarle.

In realtà la meccanica promozionale di Eurospin pone in essere due elementi, almeno parzialmente innovativi, che meritano un approfondimento per poter trarre qualche insegnamento da questa vicenda.
Il primo è che il prezzo in questo caso è simbolico, per cui in realtà si tratta di un regalo ai propri clienti - senza alcun vincolo di altri acquisti - che supera nella meccanica le problematiche di fare uscire gratuitamente un prodotto dalle casse. Sappiamo quanto l’effetto regalo sia contagioso fra gli acquirenti, per cui era facile prevedere lift promozionali, come si dice in gergo, ovvero moltiplicatori delle vendite a due cifre. Se di primo mattino il prodotto era già esaurito, i conti sono stati completamente sbagliati e l'errore ha prodotto un effetto boomerang rispetto agli obiettivi di partenza per il retailer.

Il secondo elemento innovativo è che nell’operazione Eurospin dichiara di corrispondere il “giusto prezzo” ai fornitori, accettando di perdere la differenza. Tecnicamente una vendita sottocosto, dunque, dove però il significato di “giusto” è diverso in base al soggetto che lo formula e ai punti di vista dello stesso. Basti pensare che in una condizione di mercato difficile, il giusto prezzo per il produttore potrebbe essere il costo di produzione, poiché più elevato del valore di scambio, mentre in carenza di offerta il prezzo giusto diviene proprio il valore di mercato.

Il parametro con cui Eurospin determina il giusto valore non sono riuscito a trovarlo, ma sarebbe interessante capirlo perché nelle ultime settimane il mercato dell’anguria è decisamente migliorato, arrivando questa settimana a quotazioni fra 30 e 40 centesimi all’ingrosso che, se prese come riferimento, avranno fatto lievitare non poco il costo dell’operazione. Eurospin afferma che l’operazione stessa ha addirittura fatto aumentare i prezzi all’ingrosso e, quindi, aggiungo io, è stato un doppio boomerang per la stessa. Devo però aggiungere che, pur con il grande rispetto che ho per Eurospin e il modello di discount all’italiana che ha lanciato, i numeri ci dicono che non ha una dimensione d’acquisto tale da influenzare il mercato se non, forse, sul piano emotivo.


La vera morale di quest’iniziativa purtroppo è un’altra, ovvero l’ennesima conferma che i volantini in ortofrutta, soprattutto sui prodotti stagionali, sono una sciagura perché presuppongono di conoscere le condizioni di mercato con un anticipo non compatibile con l’andamento dei mercati stessi, per cui alla fine anche da questa operazione escono tutti insoddisfatti. I consumatori che non sono riusciti a trovare il prodotto, la catena perché li ha scontentati pur avendo investito nell’iniziativa e i fornitori perché avranno in ogni caso visto svilire il frutto del loro lavoro, sempreché almeno il prezzo corrisposto sia “giusto” dal loro punto di vista; se no oltre alla beffa anche il danno.
 
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