Cipolla rossa di Cavasso, una fortunata riscoperta

L'azienda Carusone rilancia la filiera partendo dalle antiche tecniche di coltivazione

Cipolla rossa di Cavasso, una fortunata riscoperta
Una dolcezza extra caratterizza la cipolla rossa di Cavasso e della val Cosa, che cresce solo in Friuli occidentale nell’alto pordenonese e che dal 2010 è stata riconosciuta come presidio Slow Food.
Alle spalle di questo prodotto una lunga storia contadina, che si interrompe negli anni 60’ con la nascita delle industrie locali, che confinano questa coltivazione fino quasi al suo abbandono. 
A riprendere in mano lo sviluppo dell’intera filiera di questo prodotto l’azienda agricola a conduzione familiare Carusone Sandra, che nei giorni scorsi ha partecipato a Macfrut Digital.

“Tutta la filiera, dal seme alla piantina fino alla trasformazione, avviene in azienda – spiegano a Italiafruit News – la coltivazione di questa pianta bulbosa era stata abbandonata perché molto delicata sia nella fase di sviluppo che di conservazione, oltre ad essere poco remunerativa: la gente del posto preferiva andare a lavorare nelle piccola fabbriche vicine. Nel 2008 la svolta: due produttori mettono in piedi un’associazione per la riscoperta di questa cipolla (clicca qui per approfondire) e due anni dopo è arrivato anche il presidio Slow Food".



E aggiungono: “Noi, da veri pionieri non ci siamo tirati indietro e abbiamo subito iniziato a coltivarla, oggi siamo tra i maggiori produttori con 250-300 quintali annui e ogni anno aumentiamo la produzione. In totale nell’associazione siamo una dozzina di produttori e annualmente arriviamo a 500 quintali di cipolla rossa”.

Per la coltivazione, l’azienda utilizza solo concimi organici, oltre ad avvalersi di macchine per il diserbo meccanico. Le maggior parte delle tecniche utilizzate – assicurano - sono le stesse che usavano i contadini di una volta, tant’è che qualcuno fa ancora il diserbo a mano.
Dopo la raccolta, seguono le diverse fasi della conservazione: prima la cipolla viene stesa, poi asciugata, pulita e sistemata in luoghi asciutti e arieggiati. “Il frigo non è previsto – commentano dall’azienda – in fondo siamo alle pendici delle montagne e con il nostro clima fresco, la cipolla si mantiene per tutto l’anno. In ogni caso quest’anno non penso avremo bisogno di conservarla, ora siamo in fase di piena raccolta e stiamo vendendo tutto il prodotto”.



Il confezionamento della cipolla rossa avviene tradizionalmente in treccia (riesta in friulano) e da quest’anno è partita una nuova modalità di vendita tramite cassettine da 2, 5 o 10 chilogrammi. Mercati e ristorazione sono i principali acquirenti.
I produttori si dicono soddisfatti dei prezzi: “Sono abbastanza alti: vendiamo le trecce da mezzo chilogrammo a 5 euro per arrivare ai 15 euro con la treccia da 2 kg; le cassette partono da 10 euro per quella da 2 chilogrammi e arrivano ai 45 per quella da 10 kg. Possono sembrare quotazioni molto alte ma va considerata la lavorazione fatta interamente a mano”.



L’azienda Carusone si occupa anche della trasformazione della cipolla, che può diventare composta di cipolle o accompagnare gli agrodolci. La cipolla si ritrova anche in una versione del Frico, piatto tipico locale, accompagnata dalla pitina (polpetta di carne affumicata ndr).
L’azienda produce anche patate che utilizza per il frico tradizionale assieme ai formaggi locali, polenta, e il mais nero della Carnia: “Si tratta di una pannocchia interamente nera – sottolineano – ci sono voluti un bel po’ di anni per ottenerla e la sua farina assomiglia al grano saraceno. Anche questo prodotto era stato perso negli anni per la sua scarsa produttività: basta considerare che da un ettaro se ne ottengono 50 quintali mentre il mais commerciale arriva a 150”.


Frico con formaggio di Pradis, patate, cipolla rossa di Cavasso Nuovo e Pitina

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