«Le aziende agricole non investono più»

Assosementi: il 40% ha bloccato i programmi di innovazione per l'incertezza delle norme Ue

«Le aziende agricole non investono più»
Il miglioramento genetico può essere il motore per la ripartenza del settore agricolo italiano, ma i produttori sono frenati da una normativa comunitaria molto, troppo, restrittiva. E' quanto emerso lunedì nel terzo appuntamento con i Talk di Cibo per la mente, il Manifesto per l’innovazione in agricoltura sottoscritto da 16 associazioni (Aisa, Agrofarma, API, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobiotec, Assofertilizzanti, Assosementi, Compag, CIA, Confagricoltura, Copagri, UNAItalia, Uniceb, Unionzucchero), svoltosi nel corso della Biotech Week 2020.

Nel corso del webinar intitolato “Ricerca e biotecnologie: Nbt, investimenti e innovazione”, il direttore di Assosementi Alberto Lipparini (nella foto di apertura) ha spiegato che “le potenzialità nelle new breeding techniques sono estremamente elevate, eppure gli agricoltori europei non possono accedervi a causa di una normativa che erroneamente assimila agli Ogm i prodotti ottenuti attraverso queste tecniche". 


Il risultato, ha aggiunto, è che il 40% delle aziende che investono in ricerca hanno bloccato i loro programmi di innovazione a causa di questa incertezza. A essere coinvolte sono soprattutto le piccole e medie imprese, che formano la base del comparto nel nostro Paese: il rischio, ha sottolineato Lipparini, è che gli agricoltori della Penisola perdano un treno importante in termini di competitività.  

Rilanciare la ricerca pubblica in campo sulle nuove tecniche di miglioramento genetico, sostenerla con aiuti economici concreti e semplificare la regolamentazione a livello europeo: queste le azioni che la filiera agroalimentare italiana ritiene fondamentale per favorire l’innovazione e garantire la competitività dell’agricoltura. 
 
Al dibattito hanno preso parte anche Leonardo Vingiani, direttore di Federchimica - Assobiotec, Mario Enrico Pè, presidente di Siga-Società Italiana Genetica Agraria e Deborah Piova, portavoce di Cibo per la mente. 
 
Secondo Pè, “il miglioramento genetico può e deve essere il motore per la ripartenza del settore agricolo italiano: le nuove tecniche che i nostri agricoltori hanno a disposizione oggi hanno una portata rivoluzionaria per intervenire sul patrimonio genetico di una pianta in modo preciso ed efficiente, in tempi brevi e a costi bassi, riproducendo quelle mutazioni che avvengono spontaneamente in natura". "Per farlo però - ha aggiunto l'esponente di Sia - la ricerca italiana avrebbe finalmente bisogno di essere sostenuta e adeguatamente finanziata”. 


 
Nel 2019 erano 60 le aziende biotech attive nell’area agricoltura, veterinaria e zootecnica in Italia. Il fatturato supera gli 850 milioni di euro e l’80% sono classificabili come piccole o micro imprese, stando ai dati del "BioInItaly Report 2020" realizzato in collaborazione tra Assobiotec ed Enea-Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. 
 
"Per produrre cibo sostenibile - ha dichiarato Piovan, portavoce di Cibo per la Mente - c'è bisogno di tutta l'innovazione possibile. È fondamentale liberare il miglioramento genetico da vincoli normativi obsoleti e tornare alla sperimentazione in campo. Al tempo stesso, bisogna spiegare ai consumatori che l’innovazione è un’alleata del Made in Italy”.  

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