Coronavirus e sicurezza alimentare: cosa dicono gli studi

L'articolo di quattro professori su The Conversation: «Il virus non si trasmette attraverso il cibo»

Coronavirus e sicurezza alimentare: cosa dicono gli studi
Dopo un anno di coronavirus, la scienza parla chiaro: il principale veicolo d’infezione del virus è la trasmissione da persona a persona attraverso il contatto reciproco e le goccioline respiratorie che si generano quando parliamo, tossiamo e starnutiamo. La comunità scientifica è inoltre concorde nell’affermare che Sars-CoV-2 non si trasmette mediante il consumo di alimenti ed è anche altamente improbabile che venga trasmesso dai materiali di confezionamento dei cibi. E’ quanto hanno spiegato i Professori Lucia Anelich, Jeffrey Farber, Ryk Lues e Valeria Parreira in un articolo - pubblicato da The Conversation (clicca qui per leggere la versione integrale) - che sintetizza lo stato dell'arte delle ricerche scientifiche fin qui svolte sul Covid a livello mondiale.

“Diverse agenzie per la sicurezza alimentare hanno valutato il rischio di diffusione del coronavirus tramite alimenti ed imballaggi contaminati. Il consenso è che attualmente non ci sono prove che Sars-CoV-2 rappresenti un rischio per la sicurezza alimentare”, scrivono i quattro autori, che lavorano presso la Central University of Technology (Sudafrica) e l'Università di Guelph (Canada).

“È importante sottolineare che il coronavirus, come altri virus, non può moltiplicarsi al di fuori dei loro ospiti. Non può dunque moltiplicarsi nel cibo”. E’ inoltre improbabile, aggiungono, “che il Covid sopravviva all'ambiente acido dello stomaco”. Quanto alla diarrea, sintomo che mostrano alcuni pazienti, i professori precisano: “Non è probabile che essa si verifichi a causa dell'ingestione di cibo contaminato”. 



L’articolo dei quattro professori fornisce quindi un quadro confortante per il consumo di cibi e per le aziende della filiera del food. Ma è bene ricordarsi di rispettare sempre tutte le misure di disinfezione e prevenzione raccomandate. “I virus che causano infezioni respiratorie possono essere trasmessi per contatto indiretto attraverso l'ambiente. Ciò accade quando una persona tocca superfici contaminate e poi si tocca la bocca, il naso o gli occhi, senza prima lavarsi le mani”, rilevano Anelich, Farber, Lues e Parreira.

Dagli studi sperimentali sulla sopravvivenza del coronavirus è stato scoperto che “può rimanere vivo su diverse superfici per diversi periodi di tempo, a seconda delle condizioni ambientali e della carica virale iniziale. Tuttavia - proseguono - bisogna essere consapevoli che la sopravvivenza può essere diversa da questi studi, in un contesto più realistico, al di fuori del laboratorio. I Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie e altre agenzie e organizzazioni simili non considerano le superfici contaminate una delle principali vie di trasmissione della Sars-CoV-2".

In conclusione, gli autori suggeriscono di prestare la massima attenzione al rispetto delle misure igieniche, specie nei luoghi di lavoro. “Le aziende alimentari, come tutte le altre, devono garantire che i propri dipendenti siano attenti a indossare le mascherine, a lavarsi le mani, a mantenere il distanziamento fisico e a pulire e disinfettare regolarmente le superfici e gli utensili ad alto contatto”, concludono.



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