«L'ortofrutta non ha bisogno di prezzi calmierati»

Zanon (Mercato di Vicenza): la Direttiva Ue sulle pratiche sleali è inutile e del tutto sbagliata

«L'ortofrutta non ha bisogno di prezzi calmierati»
“L'impianto della Direttiva Ue 2019/633 sulle pratiche sleali è sostanzialmente inutile, ma anche profondamente sbagliato”. E' quanto sostiene Luca Zanon, referente di Fedagromercati per il Mercato ortofrutticolo di Vicenza, in una lettera spedita alla nostra redazione sul tema "caldo" dei prezzi dell'ortofrutta. 

“La Direttiva è inutile - scrive - in quanto la norma stessa delinea l’exit strategy per la Gdo, inserendo la facoltà, per le parti, di derogare a quest’obbligo tramite contratto scritto. Come se certi tipi di dinamiche non fossero già previsti dalla gran parte dei contratti in essere. Sommato alla possibilità di vendere a qualsiasi prezzo prodotto invenduto a rischio di deperibilità, mi sorprenderebbe vedere un qualche effetto della norma una volta entrata in vigore in Italia".

Zanon trova inoltre “profondamente sbagliato imporre dei limiti alla fluttuazione libera dei prezzi, qualsiasi sia il motivo", in quanto "il valore di un bene non è oggettivo, ma dato dall’incontro della domanda e dell’offerta. È impossibile prevedere i trend di consumo e l’andamento del clima. Ed anche ponendo per assurdo che sia possibile prevedere tutto ciò che è prevedibile con matematica certezza, basta quello che viene chiamato un cigno nero, un evento imprevedibile, per scombinare qualsiasi piano. I prezzi fluttuano per un motivo, riflettono semplicemente quantità e appetibilità del suddetto prodotto, e vanno lasciati fluttuare: non si può pretendere di produrre marginalità per decreto".


Luca Zanon

“Ciò non significa che io non veda un enorme problema di sbilanciamento del settore dell’ortofrutta a favore di alcuni player che, evidentemente, sfruttano una posizione di forza per trattenere la marginalità su di essi. Tuttavia, questo scompenso è dovuto a precise scelte politiche, prima tra tutte quella di avere un sistema fiscale che incentiva pesantemente l’atomizzazione della produzione. Un’atomizzazione che è anche parte in causa quando ragioniamo sul fatto che le marginalità dell’ortofrutta siano tra le più basse in Europa: finchè non esiste una filiera nazionale che si occupa della creazione di nuove varietà, è inevitabile - proprio per la legge della domanda e dell’offerta - che se tutti piantano e raccolgono Tarocco, il prezzo del Tarocco crolli”.

Secondo Zanon l’Italia di oggi unisce la scarsa propensione alla ricerca con una normativa sulla chimica che “viaggia al limite del fondamentalismo (altro che Ogm… qui siamo fortunati se tra qualche anno non vietano il verderame) e ci troviamo a dover trattare prodotti che non creano quella marginalità necessaria a giustificare l’esistenza di un comparto di produzione agricola in un Paese avanzato”.

Qual è la conseguenza di tutto ciò? “Una crescita dell’import, più semplice da gestire e dove nessuno cerca di imporre calmieri, frenato esclusivamente dall’atavica tendenza a preferire il prodotto nazionale del consumatore italiano, che come il mito greco Atlante è costretto a sostenere il mondo sulle sue spalle. Quando però a far la spesa non ci saranno più le nonnine che sanno apprezzare le varietà di una volta, ma gli Zoomer (che hanno abitudini alimentari molto più internazionalizzate), cosa ne sarà dell’ortofrutta del Bel Paese? In definitiva mi sento di parafrasare una celebre frase di Winston Churchill: un settore che cerca di rilanciarsi a colpi di leggi e burocrazia è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico. Aspettiamo che questo manico si spezzi o ci decidiamo ad uscire dal secchio?”, la provocazione finale di Zanon.
 
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