Il colpo di fuoco batterico colpisce l'Alta Valsugana

Il colpo di fuoco batterico colpisce l'Alta Valsugana
La diffusione del colpo di fuoco batterico in Alta Valsugana (Trento) è divenuta oggetto di una determinazione del Servizio Agricoltura della Provincia per varare nuove misure di contenimento dell'Erwinia amylovora, agente ad alta trasmissibilità che causa il colpo di fuoco batterico delle pomacee.

Dal 20 maggio ad oggi sono pervenute al Servizio di assistenza tecnica territoriale del Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Mach numerose segnalazioni: si tratta di "una grave e diffusa infestazione nei territori frutticoli della Valsugana" scrive il Servizio Agricoltura della Pat. Proprio la Fem sta procedendo con un'indagine territoriale capillare della situazione che "ne ha confermato la gravità in particolare nei Comuni di Caldonazzo e Calceranica al Lago, che sono il cuore dell'infezione batterica, che si è diffusa però anche a Levico Terme, Novaledo, Pergine Valsugana, Roncegno Terme e Tenna e ha quindi colpito tutta l'area dell'Alta Valsugana, ma anche Carzano" spiega il dottor Claudio Ioriatti della Fem. 
"La situazione - aggiunge - è in continua evoluzione e ogni giorno ci sono segnalazioni di nuove piante infette, quindi di nuovi focolai in diversi territori della zona".

Il batterio non è nuovo in Provincia, dove ha fatto la sua comparsa a inizio anni Duemila, ma si è presentato in Valsugana con una potenza che sta compromettendo seriamente le colture più giovani, a rischio estirpazione; un danno al settore primario della valle che si aggiunge a quello inferto dal Covid a questo e altri settori. 
La problematica, sottolinea la responsabile dell'ufficio fitosanitario della Provincia Lorenza Tessari, non riguarda soltanto gli appezzamenti coltivati: sul territorio colpito sono stati rilevati "focolai di infezione anche in giardini, orti, incolti e bordure in particolare su nespolo, cotogno, rosa canina, sorbo e pero; è necessario, per delimitare la diffusione del batterio, che i cittadini e i Comuni operino nelle proprietà di competenza secondo la prassi, eliminando cioè la parte interessata dal colpo di fuoco, riconoscibile per la caratteristica bruciatura, e la distruggano bruciandola sul posto".

Sarebbe pericoloso infatti conferire rami o piante malate nei bidoni per la raccolta del verde: il batterio causa una patologia 'da quarantena', chiamata così perché "non esiste una cura e l'unico modo per fermarne la diffusione è ridurre l'infezione, tenendo conto che l'agente patogeno si muove anche con il vento, gli uccelli e le api e viene trasportato da attrezzi e vestiti da un appezzamento all'altro e da una pianta all'altra".

Alla luce di questo, tutti i proprietari di piante che siano da impianto, da frutto, ornamentali o spontanee che presentano segni della patologia devono provvedere all'estirpazione di ogni pianta gravemente compromessa e, per le altre, al taglio a 70 cm al di sotto del sintomo. Inoltre per un anno nell'area non si potranno impiantare nuovi frutteti delle specie soggette al colpo di fuoco e nelle zone quarantenate ci si dovrà muovere il meno possibile.

Fonte: Ladige.it