Caro prezzi, la replica dell’Unione Nazionale Consumatori

L’Ufficio Studi: il rialzo mensile del +40% delle pesche, a nostro avviso, è ingiustificabile

Caro prezzi, la replica dell’Unione Nazionale Consumatori
Il tema del caro prezzi resta al centro del dibattito. Dopo il nostro articolo di ieri (clicca qui per leggerlo), l'Unione Nazionale Consumatori interviene con Mauro Antonelli, direttore del Centro Studi della stessa associazione per approfondire meglio la questione. Riportiamo qui di seguito la sua lettera integrale.

Buongiorno,
mi preme farle osservare che non può prendere la definizione di speculazione che più le fa comodo pur di sostenere la sua tesi, attribuendola poi a noi. Limitandomi alle definizioni della Treccani, da lei scelta quale punto di riferimento, prima della terza definizione, non a caso ultima, esistono le seguenti: 
a. Operazione commerciale o finanziaria consistente nell’acquistare per rivendere, o nel vendere per ricomprare, con il fine di conseguire un profitto dalla differenza di prezzo (di merci, valute o titoli) 
b. Attività, iniziativa commerciale o finanziaria da cui ci si propone di realizzare un forte utile.

E’ a queste due definizioni che noi ci siamo riferiti parlando di speculazione. A nostro avviso, infatti, pur considerando la riduzione dell’offerta legata alla difficoltà nella raccolta e pur conteggiando i maggiori costi, rialzi medi (e sottolineo medi, quindi vuol dire che alcuni hanno alzato il prezzo molto di più) mensili del 40,8% non sono giustificabili. Peraltro noi non ci siamo avventurati nello stabilire a quale punto della filiera si sia verificato il rialzo ingiustificato.

La nostra associazione non è solita alzare polveroni. Non può considerarsi un polverone, infatti, un dato Istat ufficiale ed incontrovertibile che segnala aumenti di quella portata.

Nella speranza che la nostra replica sia riportata sul sito, sempre disponibili ad un sereno e pacato confronto con le categorie produttive, che rispettiamo per le difficoltà in cui stanno operando, porgo cordiali saluti.

Mauro Antonelli
Ufficio studi Unione Nazionale Consumatori

Egregio Sig. Antonelli,
dal nostro osservatorio, purtroppo, spesso e volentieri assistiamo a come il settore ortofrutticolo finisca facilmente nel mirino di associazioni di consumatori, penalizzato dal fatto che è una delle poche “fabbriche a cielo aperto” di questo mondo. 

I prezzi al consumo di frutta e verdura non sono quasi mai stabili, ma dipendono dalle condizioni di offerta/domanda quotidiane e settimanali. Le fluttuazioni importanti, come quella delle pesche, hanno delle ragioni che se non vengono indagate rischiano di fare solo danni, anche per gli stessi consumatori, che poi non comprano ortofrutta perché credono che costi troppo. Soprattutto ora, in questo momento di difficoltà, tutte le parti dovrebbero rimanere unite. 

E' chiaro che in un anno come questo 2020 dove le produzioni di drupacee (pesche, nettarine, albicocche, susine, ciliegie, ecc.) in tutta Europa sono state falcidiate dal gelo ci sarà un rincaro, ma forse non ci si rende conto che in alcune zone - come ad esempio la Romagna - c’è talmente poca frutta che se i produttori di pesche venissero pagati 3-5 euro il chilo sulla pianta, essi non coprirebbero comunque i costi di produzione che avevano già sostenuto prima delle gelate. Allo stesso modo il mercato è talmente volatile che sono bastate due settimane "fresche" a giugno, con un po' di pioggia, per far crollare i prezzi al di sotto dei costi di produzione come nel caso di melone e angurie.

Riguardo alla sua osservazione, il termine speculazione nell'uso comune viene impiegato con una accezione negativa. Un consumatore che legge l'articolo della vostra ricerca, pubblicata su alcune importanti testate giornalistiche, pensa inevitabilmente - e purtroppo - che chi vende pesche o altra frutta estiva stia lucrando. Questo è il problema. Il settore chiede più attenzione ed è ormai stanco di essere collegato a manovre speculative.

Il nostro articolo afferma semplicemente che i vostri dati hanno alzato un nuovo polverone, in quando hanno suscitato polemiche e critiche da parte di una filiera che - come già detto - è stufa di essere presa di mira. Ci fa molto piacere la sua volontà di essere disponibile al confronto con le categorie produttive. Se posso permettermi, nel caso specifico dell'ortofrutta, credo però che sia opportuno non limitarsi a fornire il dato "freddo" sui prezzi al dettaglio dell'Istat, ma provare a cercare di approfondire il contesto nel suo complesso a beneficio degli stessi consumatori. Non si possono fare scelte di acquisto giuste e consapevoli senza conoscere ciò che succede realmente. Sarebbe al tempo stesso appropriato analizzare nel dettaglio anche i ribassi dei prezzi, che talvolta sono ben peggiori rispetto agli aumenti. 

Daniele Bianchi
Deputy Editor

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