Kiwi, nell’alto padovano la morìa fa strage di piante

Kiwi, nell’alto padovano la morìa fa strage di piante
Fino a pochi anni fa nella zona di Cittadella (Padova) c’erano oltre 100 ettari di kiwi, una coltura molto redditizia in cui le aziende credevano e investivano. Ora ne sono rimasti meno della metà. Colpa della moria dei kiwi, malattia per la quale non è stata ancora trovata una cura, che anche quest’anno sta facendo strage di piante. A Fontaniva due aziende agricole hanno espiantato tutto, decidendo di cambiare coltura, dopo anni di perdite di kiwi e di redditività.

“Cittadella è stata tra le prime in Italia a credere nella coltura, che era stata avviata negli anni Ottanta da Fabio testi nel Veronese – sottolinea Matthias Paolo Peraro, referente di Confagricoltura per l’Alto Padovano - L’Italia era prima al mondo e il Veneto era secondo a livello nazionale per produzione. Invece otto anni fa è comparsa questa malattia che ha fatto fuori più della metà dei frutteti. Sono stati fatti studi e sperimentazioni, ma senza risultati. La verità è che i kiwi non hanno mai avuto l’attenzione che hanno altre piante nella selezione, basti pensare alle viti. Il kiwi è ancora propagato per talea e, di conseguenza, anche le piante giovani tendono ad ammalarsi e morire, perché sono figlie delle vecchie. Bisognerebbe invece trovare piante resistenti e innestarle. Ma servirebbero più ricerca e investimenti, che nessuno ha mai pensato di fare”.

Confagricoltura Padova vuole andare a fondo al problema una volta per tutte e perciò in novembre organizzerà, a Cittadella, un convegno che coinvolgerà l’Università di Padova, la cooperativa Apofruit ed esperti in difesa fitopatologica di Verona: “Noi non vogliamo perdere questo settore, perché siamo stati gli unici nel padovano a tenere duro in questi anni e ci crediamo ancora – spiega Peraro - Nell’Alto Padovano abbiamo un terreno ottimale, ricco d’acqua e sassoso, che evita i ristagni tanto dannosi per i kiwi. Inoltre si tratta di una coltura che è stata a lungo redditizia, se pensiamo che produceva 250 quintali ad ettaro, mentre oggi fatichiamo a farne 100 a causa della moria. Infine, si tratta di un settore che ha poco antagonisti a livello mondiale. Il nostro kiwi viene raccolto in autunno, ma poi è conservato in frigo fino a febbraio-marzo, quando non c’è più prodotto estero, a partire da quello cileno e argentino. Perciò i prezzi sono sempre stati soddisfacenti. Aggiungo che nella zona di Cittadella abbiamo tanti giovani che ci credono ancora e stanno investendo. Ma i costi dell’impianto sono alti: 45.000-48.000 euro a ettaro, senza contare le 600-800 ore di manodopera necessarie per il raccolto. Perciò chiediamo sostegno per un settore che può dare ancora lavoro, redditività e un futuro alle nostre aziende padovane”.

Confagricoltura attende con interesse la prossima riunione del comitato fitosanitario nazionale che farà il punto sulla situazione, così come l’insediamento di uno specifico gruppo di lavoro tecnico-scientifico per coordinare le attività di ricerca. Sono sollecitate, infine, misure tempestive per il risarcimento danni dei produttori. Le speranze sono riposte anche nella soluzione messa a punto dal vivaista veronese Massimo Ceradini sui nuovi portainnesti, presentati pochi giorni fa all’Agri Kiwi Expo di Latina, dove sul fenomeno si sono confrontati i massimi esperti e studiosi nazionali.

Quest’anno la malattia ha colpito fortemente il Friuli Venezia Giulia, dove la moria interessa circa il 10% degli impianti. Coltivazioni colpite anche in Lombardia, nella zona del Mantovano, e marginalmente anche in Emilia Romagna e in Calabria. Nel Lazio i primi casi si sono riscontrati tre anni fa, ma ora c’è una recrudescenza della malattia nell’Agro Pontino che si stima possa interessare mediamente il 20% delle superfici, quasi 2.000 ettari di piantagioni persi. Un danno enorme per un Paese che, secondo i più recenti dati della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, è il secondo produttore mondiale di kiwi dopo la Cina e prima della Nuova Zelanda.

Fonte: Ufficio stampa Confagricoltura Padova