Chiudono a Milano tutti i supermercati Bio C’ Bon

Chiudono a Milano tutti i supermercati Bio C’ Bon
L’insegna verde di Bio C’ Bon è una presenza familiare per i milanesi che prediligono lo shopping biologico. Ma dal 19 dicembre prossimo — dopo che alcuni dei 17 punti vendita cittadini sono già stati chiusi nel corso di quest’anno— tutte le vetrine del marchio francese termineranno la propria attività, lasciando un centinaio di lavoratori senza impiego.

La catena green fondata da Thierry Brissaud nel 2008 è passata sotto la proprietà di Carrefour, ma soltanto in Francia: 107 negozi in grave difficoltà venduti al colosso della grande distribuzione per 60 milioni di euro. Ben diversa la situazione da noi: i dipendenti milanesi sono ora privi di una prospettiva di reimpiego, stessa situazione in Spagna e Belgio.

L’esperienza commerciale italiana — presente solo a Milano — finisce dopo una serie di segnali negativi, ma i lavoratori, rappresentati da UilTuCs — che ha seguito le vicende della mini-catena — vogliono far sentire la propria voce: "Al momento abbiamo ricevuto lo stipendio di settembre e anche le forniture hanno subito ritardi nei mesi scorsi. Adesso la notizia della chiusura dei punti vendita ancora aperti ci ha lasciati completamente sorpresi: sapevamo che le cose non andavano bene ma non fino a questo punto".

C’è sconcerto soprattutto perché la mancata acquisizione da parte di un altro gruppo chiude possibili sbocchi occupazionali. Sui conti della rappresentanza italiana dell’azienda pesa un 2020 che ha ridotto la disponibilità economica delle famiglie al capitolo spesa, tagliando per primi i prodotti bio a causa dei prezzi superiori a quelli dei normali prodotti da scaffale. Da ricordare che a Milano Bio C’ Bon ha scelto uno schema di acquisto di singoli negozi accomunati dallo stesso brand, sganciandosi quindi dalla casa madre, ma senza ricorrere al franchising. "C’è sempre stato un altissimo turnover di dipendenti — ricordano i commessi — assunti sempre da un singolo negozio".

In città Bio C’ Bon — che aveva aperto il primo punto vendita sei anni fa — non è riuscita a sottrarre fette di mercato significative agli altri player del settore che, oltre ai marchi molto noti, è frammentato fra produttori a chilometro zero e aziende bio spesso a carattere familiare. Le chiusure del marchio d’Oltralpe riguarderanno molte zone della città, fra le altre Monte Nero, Savona, Canonica e Porta Nuova. Altro fattore della progressiva crisi della catena, la concorrenza che arriva dalla grande distribuzione, sempre più presente nel business alimentare bio che ogni anno cresce fra il 2 e 4 per cento, soprattutto nelle aree metropolitane.

Resta il nodo dei dipendenti che si trovano spiazzati, non avendo come interlocutore un grande gruppo ma contratti firmati con i singoli supermercati. E che proprio alla vigilia di Natale si trovano ad affrontare il dramma della perdita dell’impiego.

Fonte: Milano.corriere.it