Pratiche sleali, è fatta

Accordo raggiunto sulla direttiva. De Castro: «Tutelata l'ortofrutta italiana»

Pratiche sleali, è fatta
“Abbiamo spinto al massimo per raggiungere l'obiettivo più ambizioso possibile contro le pratiche commerciali sleali perpetrate dalla grande distribuzione nei confronti di agricoltori e industria. Possiamo dire che ora il 100% degli agricoltori e il 98-99% delle aziende europee saranno tutelate da pratiche inique e inaccettabili”. Così Paolo De Castro, relatore e negoziatore capo per il Parlamento europeo sul dossier, commenta il raggiungimento dell’accordo con il Consiglio Ue e la Commissione europea, che - dai 50 milioni proposti dall'Esecutivo Ue – ieri ha portato a 350 milioni la soglia di fatturato all'interno della quale le aziende agricole e le imprese agroalimentari saranno tutelate dalle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare.
L’approccio dinamico espande il numero di acquirenti vincolati dalla Direttiva e suddivide gli operatori in sei categorie di fatturato (da 0 a 2 milioni, da 2 a 10 milioni, da 10 a 50 milioni, da 50 a 150 milioni, da 150 a 350 milioni, da 350 milioni in poi): ogni fornitore sarà protetto nel caso in cui il proprio acquirente rientri in una classe di fatturato superiore. Si tratta di un’armonizzazione minima, pertanto gli Stati membri potranno prevedere l’estensione dell’ambito di applicazione nelle loro legislazioni nazionali ma, stando così le cose, sarebbero escluse dalla direttiva solo 32 aziende italiane sulle oltre settemila operative. Vale a dire, soltanto industrie del calibro di Ferrero, Barilla, Aia.

“È un ottimo risultato - dice l’eurodeputato – perché siamo riusciti a ottenerlo dopo solo otto mesi di trattative dalla presentazione della proposta da parte del commissario Phil Hogan. Ma, soprattutto, perché abbiamo moltiplicato per sette il perimetro di applicazione della direttiva che in realtà supererà anche le frontiere europee. Infatti, le nuove regole dovranno essere rispettate anche dagli acquirenti di prodotti agroalimentari che hanno sede legale nei Paesi terzi”.



I contratti tra fornitori e acquirenti “dovranno essere scritti e chi subisce ingiustizie potrà denunciarle personalmente o tramite le associazioni mantenendo l'anonimato. Sulla stessa linea, viene data la possibilità alle organizzazioni di fornitori e alle organizzazioni di rappresentanza di presentare denuncia all’autorità di contrasto a nome dei propri soci, garantendo ulteriormente l’anonimato del denunciante. Anche le organizzazioni non governative potranno sporgere una denuncia su richiesta di un fornitore. L'acquirente non potrà avviare ritorsioni commerciali, mentre l’autorità legale di contrasto avrà l'obbligo di agire in tempi certi”, conclude De Castro.

L'identikit delle pratiche sleali

Il numero di pratiche considerate sleali è aumentato in modo significativo, con otto ulteriori pratiche (sei sempre vietate e due cosiddette grigie) rispetto alle otto iniziali proposte dalla Commissione. Si tratta di: termine di pagamento a 60 giorni per i prodotti non deperibili; pagamento per servizi non resi; obbligatorietà di un contratto scritto se richiesto dal fornitore; divieto di abuso di informazioni confidenziali del fornitore da parte dell’acquirente; divieto di ritorsioni commerciali o anche solo la minaccia di ritorsioni nel caso in cui il fornitore si avvalga dei diritti garantiti da questa Direttiva; divieto di pagamento da parte del fornitore per la gestione dei reclami dei clienti non dovuti alla negligenza del fornitore stesso.
Le due pratiche addizionali grigie, e quindi vietate se non concordate in modo trasparente e prima dell’inizio dell’accordo di fornitura corrispondono al divieto di trasmettere al fornitore i costi di advertising, in aggiunta a quelli promozionali e di marketing proposti dalla Commissione e al pagamento per la gestione del prodotto una volta consegnato.

Le otto pratiche proposte dalla Commissione si suddividono in quattro nere (ritardi nei pagamenti per i prodotti deperibili oltre i 30 giorni; modifiche unilaterali e retroattive dei contratti di fornitura; cancellazione degli ordini di prodotti deperibili con breve preavviso; pagamento per il deterioramento dei prodotti già venduti e consegnati all’acquirente) e quattro grigie (restituzione dei prodotti invenduti; pagamenti per poter diventare fornitore o per altri servizi non richiesti; pagamenti per spese promozionali; pagamenti per spese pubblicitarie). Sono poi rafforzate molte delle pratiche iniziali proposte dalla Commissione, come l’inserimento del preavviso di minimo 30 giorni per le cancellazioni degli ordini, il divieto di qualsiasi modifica unilaterale dell’ordine, indipendentemente dal fatto che sia retroattiva o meno, o il divieto di imposizione non solo da parte dell’acquirente, ma anche da parte delle centrali d’acquisto, di costi e servizi non richiesti.



La Commissione s’impegna a realizzare uno studio sugli effetti delle centrali di acquisto sul funzionamento della filiera agroalimentare, che servirà come base della futura revisione della Direttiva. Ed è anche rafforzata la cooperazione tra le autorità nazionali, che dovranno incontrarsi almeno una volta l’anno per discutere le proprie buone pratiche e, insieme alla Commissione, garantire un’applicazione della Direttiva il più omogenea possibile a livello Ue. In più, la Commissione creerà un sito web tramite nel quale trovare tutte le informazioni necessarie in merito alle singole autorità di contrasto nazionali.

Il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, esprime soddisfazione per l'accordo, anche se non nasconde un certo rammarico per la mancata aggiunta nell’elenco della vendita sottocosto anche tramite il ricorso ad aste a doppio ribasso, pratica che da tempo aveva segnalato come fortemente distorsiva.

“Attendiamo ora l’approvazione definitiva per conoscere il dettaglio delle misure contenute nella direttiva, alla luce dell’accordo finale raggiunto oggi - conclude Agrinsieme - Auspicando che la soglia di fatturato globale delle imprese fornitrici per poter rientrare nel campo di applicazione della direttiva sia aumentata a livello nazionale”.

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