«Export in sofferenza, senza nuovi mercati non c'è futuro»

L'assemblea Fruitimprese Veneto indica i Paesi target. Pezzo: «Più impegno sui dossier»

«Export in sofferenza, senza nuovi mercati non c'è futuro»
Aggregazione, logistica e gioco di squadra (chiamando in causa le istituzioni) per conquistare nuovi mercati: è il messaggio-auspicio lanciato dall’assemblea annuale di Fruitimprese Veneto di venerdì scorso a Verona. Oltre all’intervento del presidente Stefano Pezzo, i soci del sodalizio (che nel complesso commercializzano ed esportano ortofrutta per un valore di oltre 600 milioni di euro di fatturato) hanno potuto ascoltare l’avvocato Gualtiero Roveda che ha parlato di “Criticità del contratto stagionale; profili giuslavoristici e previdenziali”. Pietro Fabbri, presidente del Cda di Europfruit, ha portato la testimonianza delle Op del settore agricolo cesenate. E dopo l’intervento di Pietro Mauro di Fruitimprese sulle pratiche sleali nella filiera agricola e sulla relativa normativa Ue, spazio a Patrizio Neri di Jingold.



La relazione di Pezzo (foto sopra) ha puntato i riflettori su scenari e prospettive dell’ortofrutta italiana, reduce da mesi particolarmente difficili sul fronte delle esportazioni: il presidente di Fruitimprese Veneto ha ricordato i dati, in flessione, della bilancia commerciale 2018 soffermandosi quindi sull’andamento dell’ultima annata regionale,sfavorevole per quasi tutte le colture orticole, negativa per pere, ciliegie e pesche e abbastanza favorevole per mele e kiwi”.  

Focus poi su alcuni prodotti simbolo dell’italianità con i dati dell’export nazionale negli ultimi cinque anni e i rispettivi mercati obiettivo: per le mele, articolo più esportato (circa il 50% della produzione) si registra dal 2014 al 2018 un calo confermatosi nell’ultimo anno sia in volumi (-30%) che in valore (-19%) mentre i consumi, dal 2000, sono regrediti del 17%; India, Vietnam e Taiwan i mercati più interessanti, mentre hanno perso appeal  Russia, Egitto e Nord Africa. L’embargo russo ha stravolto il quadro - ha sottolineato Pezzo - ma se i principali competitor europei si stanno attrezzando per conquistare e consolidare gli obiettivi esteri, l’Italia (che con il 24% delle quote è il secondo esportatore continentale alle spalle della Polonia) non mostra grande dinamismo.



Export constante nell’ultimo quinquennio con una lieve ripresa a valore per le pere, a fronte di un calo produttivo del 27% in 10 anni e un’emorragia dei consumi interno pari al 7% nel periodo 2000-2018. Vietnam e Messico i Paesi target, poco prospettive invece in Russia, Egitto e Nord Africa. Tra le criticità segnalate per la pera (di cui l’Italia esporta il 13%, terza forza europea dopo Olanda e Belgio), la primavera araba che ha comportato una drastica riduzione dell’export.

In leggero calo nell’ultimo anno l’export di kiwi (-6% in volume e -10% in valore) e produzione ridotta al 70% del potenziale, negli ultimi anni, a causa di batteriosi e moria. Mercati obiettivo Giappone, Cina, Taiwan e Corea: l'Italia rimane leader nell’export (43%), ma la Grecia, ora seconda, lievita anno dopo anno (22%). Tra le mete più allettanti, c’è il Messico.

Un tema cruciale per lo sviluppo dell’internazionalizzazione, ha detto Pezzo, è la logistica, ma è fondamentale soprattutto l'impegno istituzionale per sbloccare i dossier e ampliare i canali di sbocco dell’ortofrutta veneta e italiana. In questo senso, serve un cambio di marcia: "Non possiamo continuare a discutere un dossier alla volta, gli altri Paesi in due anni concludono e a noi ne servono 4-5 per la trattativa e altrettanti per arrivare a inviare le prime forniture. Il nostro sistema è fallimentare, dobbiamo velocizzarlo portando avanti più dossier contemporaneamente".

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