«Patate: prezzi della Borsa ok, serve più trasparenza»

Todeschini (Agripat): bene la Commissione paritetica, male speculazioni ed etichette poco chiare

«Patate: prezzi della Borsa ok, serve più trasparenza»
I prezzi definiti dalla Commissione paritetica della Borsa Patate (30 centesimi il chilo in campagna, 80 centesimi per il confezionato) soddisfano gli operatori che però invitano a tenere alta la guardia: “Ci troviamo di fronte ad almeno tre elementi positivi”, afferma il presidente di Agripat Matteo Todeschini (nella foto). “Il primo è la tempestività, visto che i prezzi vengono fissati nell’imminenza delle prime scavature; il secondo risiede nell’entità delle quotazioni che a questi livelli attribuiscono un valore agli sforzi e agli investimenti fatti dal comparto per garantire un’altissima qualità; il terzo l’unanimità con cui sono stati fissati i prezzi, aspetto non trascurabile visto che pone sullo stesso versante le organizzazioni dei commercianti e le cooperative di produttori”.

Ma i problemi rimangono: “Troppo spesso vediamo immettere sul mercato prodotto a prezzi ben inferiori alle quotazioni correnti, di provenienza non ben identificata, probabilmente residuale da produzioni che in un dato momento della stagione sono a fine corsa”, annota Todeschini. “Questo tipo di speculazioni andrebbe scoraggiato, perché procura danni all’intera filiera”.

“In questi giorni - continua il leader di Agripat - non è raro vedere in alcune insegne della Gdo e Do nazionale patate dall’etichettatura poco chiara e incompleta: riferimenti generici alla qualità e alle destinazioni d’uso a cui non corrisponde alcuna indicazione dei disciplinari seguiti in fase di coltivazione, nessuna indicazione della varietà confezionata né della relativa zona di produzione, peraltro opzionale, oltre ad un range di calibro non consentito”. 



“Per non parlare - incalza Todeschini - delle indicazioni approssimative riguardo il peso (foto sopra ndr), che evidenziano addirittura la possibilità che il netto del prodotto in vendita possa essere anche inferiore di un 2% rispetto a quello indicato sulla confezione e quindi pagato dal cliente”. Una comunicazione superficiale e incompleta che, oltre a rendere complessa e “opaca” la ricostruzione della reale tracciabilità del prodotto, rischia - conclude l’esponente Agripat “di trarre in inganno il consumatore circa il reale valore di ciò che sta acquistando”.