Moria del kiwi, il Piemonte ha già perso 1.500 ettari

Moria del kiwi, il Piemonte ha già perso 1.500 ettari
Martedì 19 novembre, il presidente della Fondazione Agrion, Giacomo Ballari, è intervenuto in Senato (IX Commissione-Agricoltura e produzione agroalimentare) in una audizione - a cui era presente anche il settore Fitosanitario di Regione Piemonte - per porre all’attenzione delle Istituzioni il fenomeno della cosiddetta "moria del kiwi".

“Per comprendere meglio il valore di questo settore - spiega Ballari - ci terrei a ricordare che il kiwi rappresenta il 15% della superficie frutticola italiana con una produzione di 450mila tonnellate all’anno. Il kiwi arriva in Italia negli anni Settanta espandendosi velocemente in Emilia Romagna, nel Lazio, in Piemonte e in Veneto, e portando velocemente il nostro Paese ad essere leader mondiale sulla produzione di questo frutto. Dopo le mele, infatti, rappresenta il frutto, coltivato in Italia, più esportato nel mondo. Ritengo dunque sia importante occuparci della problematica della moria del kiwi, in quanto rappresenta un settore estremamente strategico per l’economia italiana".

Nel 2010 in Piemonte venivano coltivati 5.400 ettari di kiwi. La prima problematica sulle superfici coltivate è stata riscontrata nel corso degli anni 2014/15 a seguito della batteriosi Psa, per cui si sono persi i primi 1.000 ettari, per poi, dal 2017, perdere altrettanta superficie a causa della moria estiva del frutto. Quindi dal 2010 al 2019 sono stati già persi 1.500 ettari di superficie di coltivazione del kiwi, con una estirpazione totale del 25% degli impianti.

“Senza nulla togliere alla situazione drammatica che sta generando sul territorio la Xylella sull’ulivo, o la cimice asiatica come parassita - prosegue Ballari -, credo la moria estiva sia una problematica su cui dobbiamo spendere tutte le risorse e le competenze che abbiamo per cercare di aiutare gli agricoltori delle quattro regioni a venir fuori da questa difficoltà. Nel periodo estivo, o all’inizio dell’autunno, gli agricoltori si trovano dinnanzi degli interi appezzamenti di kiwi che seccano, come se da un momento all’altro fosse calato l’inverno. È una situazione drammatica per le aziende, che hanno speso risorse, impegno e competenze, senza vedere i risultati di tanto lavoro.”

La Fondazione Agrion sta proseguendo il suo iter per cercare di risolvere questa drammatica situazione. Un’analisi condotta in questi giorni da Agrion, in collaborazione con il gruppo che sta lavorando al tema attraverso il supporto dei tecnici di consulenza aziendale, ha fatto emergere che della restante superficie di 3.900 ettari rimanenti, solo il 45-50% può essere considerato totalmente indenne dalla problematica e quindi in condizioni di produrre in estrema efficienza.

“Ritengo vi sia la necessità di trovare una soluzione a questo problema - conclude Ballari - In Piemonte si calcola una perdita di circa 36milioni di euro all’anno di valore di produzione. Come Fondazione Agrion, abbiamo lavorato in due direzioni: da una parte, ci siamo uniti ai tanti gruppi volontari per la ricerca delle principali regioni colpite, per un confronto su quelle che potevano essere delle prove sperimentali da mettere in atto, dall’altra abbiamo costituito un gruppo operativo regionale che ha coinvolto il Settore Fitosanitario della Regione Piemonte, la branca di Patologia dell’Università di Torino e il Crea per studiare la situazione, insieme ai tecnici di Consulenza aziendale della filiera, al fine di impostare una attività volta a valutare dei possibili interventi agronomici per il miglioramento dell’efficienza dell’apparato radicale della pianta. Il lavoro svolto ha già fornito importanti risultati, purtroppo non sufficienti a fermare questa gravissima problematica. Non possiamo permetterci di rinunciare al valore economico che il kiwi rappresenta per l’Italia. Chiedo pertanto alle Istituzioni che venga fatto al più presto qualcosa per continuare a coltivare il kiwi in queste aree dell’Italia e garantire un futuro migliore a questo settore strategico per l’economia agroalimentare e per lo sviluppo dei nostri territori. Dobbiamo trovare le risorse che ci permettano di dare un forte impulso alla ricerca e alla sperimentazione per coinvolgere i migliori esperti dei vari settori a mettere in campo tutte le attività di ricerca scientifica necessarie a trovare risposte, nel più breve tempo possibile, e a risolvere questo stato di profonda crisi. Dobbiamo dare un futuro al nostro kiwi. Lo meritano i tanti agricoltori che con preoccupazione stanno facendo di tutto, come noi, per salvare questa coltura. Lo meritano i consumatori che non possono fare a meno di un prodotto così delizioso e ricco di vitamine e sali minerali".

Fonte: Ufficio stampa Agrion