«Per portare l’ortofrutta fuori dai suoi confini serve...»

Il punto di vista di un consumatore attento ed appassionato sui problemi del settore

«Per portare l’ortofrutta fuori dai suoi confini serve...»
Il nostro settore visto e commentato da un appassionato, da un consumatore attento. La lettera che ci ha scritto Gianluigi Goi, che potete leggere qui sotto, è significativa: il settore si lamenta perché l'ortofrutta viene snobbata dalla politica (clicca qui per leggere l'editoriale di Roberto Della Casa) ma non si chiede il perché.

Egregio Roberto Della Casa,

Sono Gianluigi Goi da Brescia, pubblicista ormai vecchietto, che da alcuni anni legge quotidianamente con attenzione Italiafruit News che considero uno strumento di informazione molto ben fatto e interessante per i contenuti sempre variegati. Molto aiuta anche la grafica, chiara e precisa.

Da parte mia scribacchio di quando in quando per le pagine bresciane del Corriere della Sera e alimento a corrente alterna il mio piccolo blog www.agricolturaeambiente.it dove è presente (oltre che in Linkedin) il mio “chi sono”.  Mi sento e sono un convinto difensore e assertore dell’agricoltura e dell’ambiente, entrambi chiavi di volta ineludibili di un futuro che dovrà necessariamente essere diverso: meno effimero, più sostanziale e contraddistinto dalla competenza. Con la scienza protagonista e l’etica del dialogo e della continua messa in prova delle idee e delle realizzazioni una necessità e non solo una opportunità.

Ho letto con attenzione il suo editoriale “Ortofrutta snobbata” dello scorso 28 settembre e sono rimasto colpito da alcune sue affermazioni che mi permetto di commentare a latere della sua indiscutibile competenza per offrirle il punto di vista di un osservatore esterno che “soffre” nel vedere l’ortofrutta – quanto meno questa è la mia percezione – sì snobbata ma anche e soprattutto non “capita” dalla maggior parte dei consumatori e non solo dei politici. Lei si chiede “perché l’ortofrutta è quasi sempre dimenticata nelle stanze dei bottoni della politica nazionale e, qualche volta, anche dentro il Palazzo di via XX Settembre”? E si risponde, e concordo in gran parte con lei, che l’ortofrutta “non gode di un sentiment positivo da parte dell’opinione pubblica che è il principale target e riferimento di chi fa politica”. E’ questo lo snodo che incrina o quanto meno rende difficile il rapporto fra il variegato mondo dell’ortofrutta e l’opinione pubblica della quale i consumatori sono la parte di certo più avvertita e sensibile. Ma qui, a mio avviso, casca l’asino, e l’asino, per definizione, è molto paziente… Ma molti consumatori, la pazienza, l’hanno ormai persa. Gran parte della produzione, soprattutto di frutta, è infatti caratterizzata da qualità organoletticamente scadente o addirittura inesistente: frutti, magari anche belli e colorati ma insipidi al palato, assolutamente non profumati, sostanzialmente gonfi d’acqua e troppe volte, a tavola, duri come palle da biliardo in quanto raccolti  ancora acerbi per farli “maturare” (si fa per dire) nei magazzini: non invogliano certo a consumarli. A me sembra, pur tenendo conto della complessità anche tecnica della materia, che la produzione debba necessariamente e doverosamente farsi carico di produrre e vendere frutta ben diversa, più matura, al limite meno appariscente, ma più rispettosa della stagionalità e meno omologata. Di fronte a certe maxi esposizioni di mele, di pesche/nettarine e agrumi c’è da perdersi e così va a finire che a fare la differenza sia solo il prezzo. Con tutti i limiti che ben conosciamo.

La qualità – il mondo del vino insegna inequivocabilmente in questo senso – la si produce soprattutto in campo: di qui la necessità di adeguate scelte agronomiche e di gestione che tengano in maggior conto le caratteristiche peculiari del frutto finale rispetto alle comodità e all’efficienza organizzativa richieste e pretese dalla filiera produttiva e soprattutto commerciale.

Per “portare l’ortofrutta fuori dai suoi confini”, a mio avviso, è necessario anche e soprattutto un profondo ripensamento culturale che porti a “raccontare” la storia e la tradizione della frutta e della verdura legandole strettamente alle diverse realtà territoriali. Una diversità di ambienti, di usi, di costumi e di situazioni di vita sparsi lungo la Penisola da fondere nel crogiuolo dell’italian style a tavola. E non solo.

Da queste seppur necessariamente sintetiche considerazioni, mi viene spontaneo augurarmi che Italiafruit News si faccia promotrice di approfondimenti e valutazioni di carattere storico e culturale in senso lato che illustrino – ad esempio con riferimenti all’arte, al paesaggio, al costume, alle tradizioni e alla vita e alle realizzazioni di personaggi che hanno lasciato un segno e tracciato un solco che altri stanno ancora seguendo – il vissuto del variegato mondo dell’ortofrutta italico.

Non voglio abusare oltre della sua pazienza, le chiedo scusa se mi sono permesso di invadere il suo orto e augurandole un presente e un futuro ricco di salute e soddisfazioni, ringraziandola per l’attenzione la saluto con cordialità.



Gentilissimo Goi, innanzi tutto grazie. Grazie dell'attenzione, dei complimenti, ma soprattutto degli stimoli. Stimoli che in Italiafruit condividiamo con profonda convinzione. La linea editoriale della testata e le nostre iniziative vanno proprio nella direzione da lei auspicata, ma serve una rivoluzione culturale all'interno della filiera. Un cambio di passo - dopo aver preso coscienza delle grandi potenzialità che si hanno e aver corretto alcune storture - per andare all'esterno e rivendicare ciò che l'ortofrutta merita: considerazione dei consumatori, poi quella della politica arriverà a ruota. La scintilla del cambiamento non può che venire dal mondo agricolo proprio perché il suo interesse a cambiare il rapporto con il consumatore è diretto mentre per la distribuzione è solo un’opzione: finché buona parte dell’ortofrutta è insoddisfacente sono tutti sullo stesso piano e la miglior strategia sono i prezzi bassi. Dobbiamo certo raccontare di più e meglio i nostri prodotti ma a patto che prima o, al limite, contemporaneamente alziamo la qualità gustativa della frutta e la freschezza della verdura. Se no il rischio è quello di raccontare la leggenda della Ferrari lascando gli utenti in panne lungo la strada. Il danno e la beffa.

Il cambio di passo di cui parlo implica la necessità di passare da filiera a sistema - e proprio questo sarà il tema del prossimo Speciale Frutta&Verdura di dicembre - cioè di uscire dal proprio guscio, un po' ammaccato ma che dà ancora sicurezza, per confrontarsi con il mondo che c'è la fuori: serve riconoscibilità, autorevolezza, la garanzia di qualità, la consapevolezza del ruolo che frutta e verdura giocano per la salute, ma anche il peso economico e sociale che il settore esprime. Un settore che non più piangere e chiedere contributi. Così, se sapremo diventare sistema, non saremo più la Cenerentola dell'agroalimentare, ma tutti vorranno finalmente ballare con noi.

Roberto Della Casa

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