Patriottismo alimentare, ma serve davvero?

Dalla Francia all'Italia appelli per prediligere i prodotti nazionali

Patriottismo alimentare, ma serve davvero?
La seconda ondata di Covid fa tremare le vene ai polsi, è vero, sia da un punto di vista sanitario che economico. Ma il settore agroalimentare deve conservare lucidità e, come ha fatto durante la scorsa primavera, tenere alta la bandiera del Made in Italy nel nostro Paese e nel mondo. Con spirito imprenditoriale, senza piangersi addosso e senza elemosinare nulla.

Il Made in Italy va sicuramente valorizzato e premiato, ma il nazionalismo a tavola - evocato negli ultimi giorni da più parti - non è una strategia che rende giustizia alla fantastica produzione agroalimentare italiana. O meglio, il patriottismo alimentare rischia di essere uno slogan vuoto se non viene accompagnato da qualità e adeguata comunicazione.

Dalla Francia all’Italia è però ripartito il tam tam per preferire i prodotti nazionali. La Fnsea, il potente sindacato dei produttori agricoli francesi, "lancia un solenne appello a favore del cibo di origine francese e di prossimità". Un appello ai consumatori per un atto di acquisto responsabile, ma anche agli attori pubblici e ai distributori perché firmino "contratti a prezzi remunerativi il prima possibile. È insieme, in uno spirito di responsabilità e patriottismo alimentare che saremo in grado di preservare le nostre capacità produttive migliorando al contempo la sostenibilità del nostro cibo, ma difendendo anche i numerosi posti di lavoro nel settore e la sovranità alimentare francese".

Lo stesso appello è stato declinato in Italia da Confagricoltura. “Acquistate i prodotti agroalimentari italiani”, sintetizza il presidente Massimo Giansanti. “Chiediamo anche noi un patriottismo alimentare per sostenere la filiera italiana, puntando sulla qualità. Da parte nostra, continueremo a lavorare per garantire i rifornimenti. Le imprese agricole non si fermano. Durante la prima ondata della pandemia - aggiunge il presidente di Confagricoltura - alcuni settori hanno sofferto più di altri per la chiusura di bar e ristoranti non compensata dall’aumento dei consumi domestici. E’ il caso di vini, ortofrutta di quarta gamma, salumi e carni bovine. L’appello a privilegiare l’acquisto di prodotti italiani è rivolto anche ai centri di acquisto per la ristorazione collettiva. Alla grande distribuzione chiediamo di organizzare l’esposizione dei prodotti alimentari in modo da rendere più visibile il Made in Italy e agevolare così le scelte dei consumatori. Abbiamo di fronte mesi particolarmente difficili. Il sostegno pubblico adeguato in termini di risorse finanziarie e rapido nell’erogazione risulta fondamentale - conclude Giansanti - ma alcuni comportamenti degli attori economici possono contribuire ad attenuare le conseguenze della crisi e ad allentare le tensioni”.



Del chilometro zero e della produzione tricolore Coldiretti fa da sempre un suo cavallo di battaglia; anche in questi mesi difficili ha infatti portato avanti i mercati di Campagna Amica.
Anche Cia-Agricoltori Italiani chiede ai consumatori, così come ai protagonisti della Grande distribuzione organizzata, di sostenere concretamente i produttori italiani, acquistando frutta, verdura, latte, formaggi, carne, vino, ma anche fiori e piante, dalle aziende agricole del nostro Paese.

Chiudersi in una spirale nazionalistica è pericoloso - pensiamo solamente al valore dell'export - valorizzare il Made in Italy è fondamentale, ma da difendere c'è l'interesse di un'intera filiera.

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