Fare sistema, niente slogan ma una necessità

Allo Speciale F&V come uscire dalla follia collettiva del prezzo più basso

Fare sistema, niente slogan ma una necessità
Ci sono parole ricorrenti nel dibattito ortofrutticolo. Filiera, sistema, sostenibilità, prezzi, valore... Tutti i giorni ci capita di scriverle su Italiafruit News e il rischio è che si trasformino in una canzone stonata. Nel pentagramma del settore va messo ordine e il metronomo dell'ortofrutta deve iniziare a scandire un ritmo diverso: quello della crescita strutturale.

Per fare ciò quelle parole che spesso ripetiamo devono acquisire significato. Significato strategico. E durante l'evento di lancio dello Speciale Frutta&Verdura "Da filiera a sistema" - trasmesso ieri in Live Streaming sulla piattaforma dedicata e riservato agli aderenti dell'iniziativa (clicca qui per approfondire) - è stata data una lettura originale grazie al lavoro di Roberto Della Casa (managing director di Agroter e Italiafruit News) e al contributo dei numerosi ospiti: Gabriele Villa (direttore commerciale di Esselunga), Alessandro D'Este (amministratore delegato di Ferrero Italia), Paolo Gerevini (direttore generale di Melinda-La Trentina), Catia Bastioli (amministratore delegato Novamont), Maurizio Rossini (Ceo Trentino Marketing) e gli scienziati Antonio Filippini (Università La Sapienza) e Armando Carpaneto (Università di Genova).

Fare sistema non è uno slogan. Con le idee giuste si va molto lontano e il tema della sostenibilità può essere il perno per creare un sistema di relazioni virtuose. Ferrero lo fa con l'Università e le iniziative solidali; Esselunga lavora sulla sostenibilità dei suoi negozi, coinvolgendo architetti e focalizzando l'attenzione anche sul contenitore, non solo sui prodotti. Melinda, che ha sempre lavorato sulla marca, ora amplia il suo spettro d'azione alle oasi biologiche, agli interventi green sul territorio in ottica sociale e guarda all'economica circolare della propria filiera (clicca qui per leggere l'articolo). Trentino Marketing non promuove più solo le vacanze sugli sci o le escursioni nei boschi, ma prende per mano il turista e lo invita a diventare un trentino, a vivere il territorio, a scoprire le fattorie didattiche, gli agriturismi. Sono tutti cambi di prospettiva non indifferenti, perché allora non far sentire i consumatori protagonisti dei campi, dei magazzini, della produzione ortofrutticola: farla conoscere cambierebbe la percezione nei confronti della filiera e anche dei prezzi dei prodotti.



Le potenzialità di fare sistema, prima nel settore ortofrutticolo, poi nell'agroalimentare e infine in un mondo ancora più ampio sono davvero rilevanti. L'esempio dei professori Filippini e Carpaneto è lampante: un fisiologo vegetale e un medico uniscono le forze per approfondire il ruolo di una sostanza contenuta nei vegetali - in modo particolare negli agrumi - e da li costruire un farmaco che possa contrastare il Covid-19. Semplicemente straordinario.

La pandemia ha cambiato il mondo per come lo conoscevamo. Già ora si avverte una polarizzazione della società e nei prossimi mesi il fenomeno sarà ancora più accentuato: la povertà sta aumentando, ma in questi mesi la liquidità degli italiani - come media Paese - è cresciuta di 125 miliardi di euro. Ricchi che diventano più ricchi, poveri che si impoveriscono. Questa è la realtà e tutti loro devono fare la spesa al supermercato: senza cinismo bisogna dunque soddisfare i legittimi bisogni di entrambi i tipi di consumatori.

L'ortofrutta deve quindi pensare a prodotti per le persone meno abbienti, adottare una strategia avveduta e intelligente per offrire frutta e verdura conveniente, con formati nuovi e una proposta merceologica adeguata. Ma c'è chi di soldi da spendere ne ha parecchi: per questi consumatori ci deve essere un'offerta che stuzzichi il loro appetito, per qualità e originalità, convincendoli a spendere. E' uno sforzo che va fatto.

Dopo un 2020 con numeri molto positivi, l'ortofrutta rischia di cadere vittima di un duro contraccolpo e non lo merita. Perché il settore è attraente e resiliente: alla filiera manca però la capacità di fare quel salto di qualità necessario per uscire da questa sorta di follia collettiva in cui l’obiettivo sovrano è chi fa il prezzo più basso e passare alla sfida di chi fa il prodotto migliore, il focus di tutti i comparti dell’alimentare e non che funzionano bene.

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