Spagna, l’import di frutta e il ruolo dell’Italia

Da competitor a opportunità: i prodotti italiani più venduti in terra iberica

Spagna, l’import di frutta e il ruolo dell’Italia
In Italia la Spagna viene vista come un competitor: l’ortofrutta spagnola fa concorrenza al prodotto tricolore sia sul mercato interno che sulle piazze estere. Da quando Madrid è entrata nel mercato comune nel 1985, ma soprattutto dallo sviluppo del mercato unico europeo, i prodotti spagnoli si sono imposti con forza in Europa e nel mondo a tal punto che hanno reso la Spagna un Paese leader delle esportazioni di frutta e ortaggi freschi a livello mondiale.
Nonostante le esportazioni spagnole siano cresciute in volume di un 88% dal 1995 al 2020, si è registrata una forte crescita per le importazioni di frutta e ortaggi freschi, che nello stesso periodo sono aumentate del 190%. Il mercato spagnolo, quindi, rappresenta anche un’opportunità.


Importazioni spagnole di frutta e ortaggi freschi: in rosso gli ortaggi cresciuti del 205%, in blu la frutta cresciuta del 179%, in verde il totale di frutta e ortaggi, cresciuto complessivamente del 190%. 
Fonte: Datacomex, dati intrastat voce 07, elaborazione per prodotti freschi

Nonostante una produzione interna di frutta e ortaggi freschi superiore a 25 milioni di tonnellate, la forte crescita delle importazioni in Spagna è dovuta a diversi fattori.
Prima di tutto la crescita della popolazione spagnola, passata dai 40 ai 47 milioni di abitanti nel periodo 1995-2020. Allo stesso tempo ha influito anche la crescita economica di questi 25 anni, escluse le diverse oscillazioni ed in particolare la crisi del 2008, che ha favorito un cambio della dieta degli spagnoli, ad esempio sempre più propensi ai frutti esotici.

Importazioni di ortaggi nel periodo 1995-2020

Abbiamo suddiviso l'arco temporale considerato in cinquenni e abbiamo sottolineato l'andamento dei principali ortaggi, come vediamo nella tabella 2.


Importazioni spagnole di ortaggi freschi per varietà: anno 1995 pari a 500.712 tonnellate, anno 2010 pari a 1.243.790 tonnellate, anno 2020 pari a 1.527.597 tonnellate.
Categorie di ortaggi da sinistra: patate, pomodori, fagiolini, cipolle, peperoni e il resto degli ortaggi
Fonte: Datacomex, dati intrastat voce 07, elaborazione per prodotti freschi

Colpisce davvero che in un Paese come la Spagna, che fino al 1985 era totalmente autosufficiente per la produzione di patate, nel 2020 se ne siano importate 900.000 tonnellate, una cifra corrispondente alla maggior parte dei consumi.
Rappresentano il 60% delle importazioni totali di ortaggi, di queste il 75% arrivano dalla Francia, l'8% dall'Inghilterra e l'8% dall'Olanda.
La mia personale visione delle cose è che la produzione locale spagnola non sia riuscita a sviluppare gli stessi standard raggiunti da altri Paesi europei, sia a livello di coltivazione che di conservazione. Va inoltre tenuto conto che il clima spagnolo, in alcune zone, permette di realizzare due raccolti mente nei Paesi che esportano le loro patate in Spagna è possibile un solo raccolto all'anno. In questo momento la metà del consumo spagnolo di patate è rappresentato dalle importazioni europee.

Per quanto riguarda i pomodori, il trasferimento della produzione della tipologie cherry in Marocco, dovuta anche al basso costo di manodopera, ha qualificato il Paese africano come primo fornitore per la Spagna con una quota del 36%. Seguono il Portogallo con una quota del 33% e i pomodori del Benelux, che in estate contribuiscono al 20% delle importazioni. Le importazioni di pomodoro rappresentano il 17% del consumo spagnolo.

Per i fagiolini, l'influenza della produzione marocchina ha assunto un ruolo determinante. In questo momento la maggior parte del consumo spagnolo di fagiolini è rappresentato dal prodotto nord africano, come è facile osservare nei supermercati durante tutto l'anno. Anche per i peperoni, è il Marocco che fornisce il 90% delle importazioni spagnole.

Relativamente ai Paesi dell'emisfero sud, spicca l'importanza del Perù che esporta in Spagna circa 50mila tonnellate di ortaggi, dal momento in cui produce il 90% degli asparagi freschi e il 37% delle cipolle che importa la Spagna.

Elencando per ordine di importanza i principali Paesi da cui la Spagna lo scorso anno ha importato 1.527.000 tonnellate di prodotti ci sono la Francia (800.000 tonnellate), il Marocco (260.000 tonnellate), i Paesi Bassi (121.000 tonnellate), il Portogallo (100.000 tonnellate), il Regno Unito (75.000 tonnellate) e il Perù (49.000 tonnellate).

Durante il 2020 le importazioni italiane di ortaggi in Spagna sono state pari a quelle degli ultimi 10 anni, ovvero sulle 8mila tonnellate.
Spiccano 3100 tonnellate di carote e ravanelli (voce 0769090), 2.000 tonnellate di lattuga (voce 070511), nonché 729 tonnellate di pomodori, 345 di peperoni, 362 di finocchio, 381 di cipolle e 201 di aglio

Importazioni di frutta nel periodo 1995-2020

Vediamo nella tabella 3 i principali frutti importati dalla Spagna


Importazioni spagnole di frutta fresca: anno 1995 pari a 636.149 tonnellate,  anno 2010 pari a 1.220.318 tonnellate, anno 2020 pari a1.849.337 tonnellate
Categorie di frutti da sinistra: banane, agrumi, mele e pere, angurie e meloni, kiwi, ananas, avocado, frutti rossi, uva, mango, drupacee
Fonte: Datacomex, dati intrastat voce 08, elaborazione per frutti freschi

La tabella mostra come la crescita è stata costante per la maggior parte dei prodotti, nonostante salti all'occhio la stabilizzazione delle mele e il poco peso delle drupacee, dovuto probabilmente al consumo di questi frutti durante l'estate, periodo in cui è molto presente anche la produzione locale.

Le banane condividono il mercato con le banane 'plátanos' delle Canarie, pari al 50%, mentre i frutti importati arrivano principalmente da Costa Rica, Colombia e Costa d'Avorio.

Gli agrumi, pari a 300mila tonnellate concentrate in estate, arrivano da Argentina, Sudafrica e Uruguay. Anche se la produzione marocchina, che coincide pienamente con la campagna spagnola, ha raggiunto 50mila tonnellate nel 2020.

La maggior parte delle mele e delle pere, pari a 280mila tonnellate, arrivano dall'Unione Europea: il 29% dalla Francia, il 26% dall'Italia, il 16% dal Portogallo, il 9% dal Belgio e il 6% dall'Olanda. L'emisfero sud pesa poco, con il Cile come provenienza principale con 12mila tonnellate.

Le angurie e i meloni sono una categoria che da 25 anni non registrava alcun consumo durante l'autunno e l'inverno spagnolo, ma oggi sono stati incorporati nei consumi durante tutto l'anno. Questi frutti arrivano al 40% dal Brasile, il 39% dal Marocco e il 12% dal Senegal. Per coltivare questi prodotti, molti produttori spagnoli si sono trasferiti in Brasile e Senegal per contare su produzioni proprie durante tutto l'anno. 

Allo stesso modo anche il kiwi è stato inserito nella dieta spagnola, ma la produzione locale non gioca un ruolo decisivo. Con una media di 170mila tonnellate importate, la Spagna è il principale importatore mondiale di kiwi e ha il maggior consumo pro capite dopo i Paesi produttori, con più di 3 kg di consumo annuale a testa. Questi frutti provengono al 53% dalla Nuova Zelanda, al 16% dall'Italia, al 13% dalla Grecia, al 7% dal Portogallo e al 5% dal Cile.

Relativamente ai frutti esotici, ananas, avocado e mango hanno cononosciuto una crescita esponenziale, tant'è che i volumi totali sono passati dalle 35mila tonnellate nel 1995 alle 395mila tonnellate nel 2020. Gli ananas arrivano principalmente dalla Costa Rica, i mango per il 60% dal Brasile e per il 25% dal Perù, gli avocado per il 46% dal Perù, per l'8% dal Marocco mentre Cile e Colombia mantengono una quota del 6%.

I frutti rossi, le fragole, i lamponi e i mirtilli hanno raggiunto nel 2020 le 140mila tonnellate, di cui l'80% importati dal Marocco e il 9% dal Portogallo. Per i mirtilli gioca un ruolo di rilievo anche il Perù, che rappresenta il 3% delle importazioni.

La crescita degli acquisti oltreconfine di uva è direttamente proporzionale al cambio varietale per le uve senza semi, che ha rimosso il consumo dell'uva da tavola spagnola, per anni concentrata su vecchie varietà con semi. La comparsa di operatori specializzati in uva seedless e con relazioni con Perù e Cile, ha provocato un cambio culturale nel consumatore spagnolo che oggi conta sulla presenza di uva per 12 mesi l'anno. Ma continua ad essere l'Italia il primo fornitore spagnolo con una quota del 31% seguita da Perù e Cile con il 24% ognuno, poi Sudafrica con il 6% e Marocco con il 5%.

Come abbiamo già accennato prima, le importazioni di drupacee sono limitate. Nel 2020 sono state importate solo 15mila tonnellate, di queste dall'emisfero sud solo 5mila tonnellate prodotte tra Sudafrica e Cile. La restante parte è arrivata da Francia, Portogallo e Marocco.

I cambi registrati in questi anni hanno inciso sulla distribuzione dei Paesi di origine delle importazioni spagnole di frutta fresca, come vediamo nelle tabelle seguenti.


Importazione spagnola di frutta italiana

In questa ultima tabella notiamo i cambiamenti durante questi anni delle esportazioni italiane di frutta in Spagna. Tra i prodotti più rappresentativi ci sono mele, kiwi e uva.

In primis, la grande attività pubblicitaria di Marlene ha contribuito ad affermare l'immagine delle mele italiane tra i consumatori spagnoli.

La crescita del consumo dei kiwi è invece influenzata dall'aumento delle produzioni spagnole e portoghesi di questo prodotto, le cui coltivazioni si sono spostate verso le zone settentrionali spagnole e iniziano ad occupare anche altre zone, finora mai destinate a questo prodotto.

Per il consumo delle uve italiane, storicamente migliori della maggior parte delle varietà spagnole, ha influito la diffusione delle varietà senza semi, che nei prossimi anni saranno probabilmente soggette a modifiche.


Importazioni spagnole di frutta italiana
Categorie di frutti da sinistra: mele e pere, kiwi, uva fresca, agrumi, meloni e angurie, drupacee, frutti rossi, totale frutti
Fonte: Datacomex, dati intrastat voce 07 e 08, elaborazione per prodotti freschi

A questo punto analizziamo i numeri delle importazioni spagnole degli ultimi cinque anni dei principali frutti italiani. Si può osservare la tendenza al ribasso di mele e kiwi, la irregolarità delle uve e il poco peso degli altri frutti.


Importazioni spagnole di frutta italiana

Alla fine degli anni Ottanta, la Francia non poteva immaginare che la Spagna sarebbe diventata il suo principale importatore di patate. Facendo un parallelismo con l'Italia, dunque, in questo momento il Bel Paese non può immaginare che la Spagna si possa trasformare in un player chiave per alcuni dei suoi prodotti.

Ma l'Italia sa che il clima spagnolo, influenzato dal riscaldamento globale, può rappresentare un buon mercato per le mele italiane e per il kiwi, se pensiamo ai grandi prodotti. Ma ci sono anche specialità 'gourmet' come ad esempio il radicchio rosso di Treviso, che possono trovare spazio nel cuore culinario degli spagnoli. Un percorso già intrapreso da altre specialità iberiche: nel 1975 gli spagnoli che conoscevano la pizza erano solo quelli che avevano viaggiato in Italia, mentre oggi la mozzarella si trova in tutti i supermercati spagnoli.

L'Italia ha abbastanza "fantasia" per trovare la sua nicchia in uno dei Paesi in cui l'importazione di frutta e verdura è cresciuta maggiormente negli ultimi due decenni. Bisogna solo mettersi al lavoro, allo stesso ritmo di "Marlene".

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