«Caro prezzi, è sbagliato parlare di speculazione»

Bruno Barcella (Salvi Milano): «Serve un'analisi precisa per giudicare il mercato»

«Caro prezzi, è sbagliato parlare di speculazione»
Calo produttivo, rincari dei costi di produzione, una domanda bloccata e prezzi in rialzo. Si fa presto a parlare di caro prezzi nel settore ortofrutticolo ma è davvero speculazione, come viene definita da molti? Ne abbiamo parlato con Bruno Barcella, operatore grossista all'Ortomercato di via Lombroso, dove amministra l'azienda Salvi Milano.

“Il calo produttivo c’è stato ed è evidente – spiega a IFN - l’autunno decisamente troppo caldo ha stimolato la produzione pre-tempore, bloccandola poi nel periodo successivo. La produzione che doveva essere spalmata su 3-4 mesi, è avvenuta in maniera repentina in un mese e mezzo per cui le piante oggi sono esaurite e scarseggiano soprattutto zucchine, finocchi, broccoletti e peperoni”.
Se i volumi sono ridotti, anche le vendite non lasciano il segno. “La domanda ha perso l’intensità di prima, considerato il potere di acquisto sempre più basso delle famiglie – commenta – ma forse è meglio così: se la domanda fosse più alta, non so quale reazione si potrebbe innescare a livello di prezzi”.
Una situazione di stallo su cui pesano forti, oggi più che mai, i rincari dei costi di produzione. Il grossista riporta un aumento medio dei costi fissi sul prezzo del 20-30%, che comprende macchine per i campi, imballaggi, trasporti, energia elettrica e carburante (voci determinanti in ogni tipologia di costo).


Bruno Barcella, foto di archivio

E così mentre i costi aumentano, e di conseguenza anche i prezzi, il settore viene ingiustamente accusato di speculazione. “Si parla di caro ortofrutta ma non dimentichiamoci che l’aumento dei costi è funzionale a fare arrivare i prodotti finiti nei banchi di mercati, supermercati e mercati rionali – dice Barcella – è importante considerare la filiera dei costi che sta alla base dei prodotti, come quelli di produzione, lavorazione, confezionamento, conservazione e trasporto”. E aggiunge: “Anche la manodopera è molto difficile da reperire, soprattutto a causa del Covid. Nella maggior parte delle aziende manca il 15-20% di personale e tutti i procedimenti si allungano. In molti casi il prodotto raccolto è un quinto delle quantità standard ma i costi fissi rimangono gli stessi, quando non aumentano”.

Una situazione a cui si aggiunge un grande punto interrogativo legato alla situazione climatologica. “Confrontando i prezzi di oggi con quelli di gennaio 2021 – dice il grossista – si può affermare che per alcuni prodotti è stato quasi un dramma, dovuto ai fenomeni atmosferici avversi: prima gelate, poi autunno caldo, poi di nuovo gelate e blocco produttivo. Se è vero che la categoria dell’industria viene scusata per i suoi prezzi in aumento, vogliamo che lo stesso trattamento sia riservato a noi: anche il nostro settore deve fare i conti con i rincari, per non parlare dell’attenuante clima”.



Venendo ai singoli prodotti, il grossista sottolinea come le vendite degli agrumi siano andate male per tutta la campagna e “continuano ad andare male, considerati i prezzi bassi”. Le mele invece sono in linea con le tendenze degli ultimi due/tre anni, mentre le pere stanno registrando prezzi più alti rispetto agli ultimi tre anni, considerato il calo dei volumi: “Parliamo ovviamente di prodotto già raccolto a settembre e poi stoccato – commenta il grossista – in generale si è raccolto dal 30% al 50% in meno, a seconda degli areali di produzione”. Anche il kiwi è stato colpito da un notevole calo produttivo, con un relativo aumento delle quotazioni pari al 20-30% in più”.

Gli ortaggi invece stanno registrando tutti quotazioni abbastanza alte, molto più di anno scorso. “Mancano in particolare zucchine, finocchi, broccoletti e peperoni – spiega Barcella – mentre per quanto riguarda i pomodori, sono quelli marocchini a farla da padrone. Il pomodoro italiano come Marinda e costoluto raggiunge prezzi altissimi, anche 4-5 euro al chilogrammo, e rappresenta un prodotto di nicchia: di certo non rientra nel paniere medio dei consumatori”.


Valentino Di Pisa

Barcella non è il solo a mantenere accesa la discussione sul caro spesa dell'ortofrutta.
In merito al servizio televisivo del Tg5 andato in onda lo scorso 24 gennaio alle 20,00 ha commentato anche Valentino Di Pisa, presidente di Fedagromercati-Confcommercio: “In questo momento così difficile dal punto di vista economico, dati gli aumenti in corso per energia e gas anche del 100% e i prezzi da record per i carburanti, puntare il dito per gli aumenti del 20/25% su finocchi zucchine e kiwi mi pare insensato e del tutto fuorviante. Molto spesso, in questo periodo dell’anno per questioni ad esempio climatiche, abbiamo assistito ad un aumento di prezzo per alcune tipologie di prodotti (a gennaio 2002, vent’anni fa, le zucchine si vendevano a 4,5 euro e i cavolfiori a 3,5 euro), pertanto il momento attuale non fa certo eccezione, ma vorrei sottolineare che abbiamo anche  tanti prodotti, tutte le crucifere ad esempio piuttosto che le patate e gli agrumi, che ora hanno prezzi contenuti e verso i quali il consumatore in difficoltà si può orientare per far tornare i propri conti. Se tante famiglie faticano ad arrivare a fine mese non è di certo per il costo di frutta e verdura ma per un caro bollette insostenibile, a cui purtroppo, a differenza dei prodotti alimentari, non vi è alternativa se non quella di riaccendere candele e camini. Rivolgo l’invito a coloro che svolgono servizio di informazione, ad approfondire più accuratamente dati e fonti, per non distogliere l’attenzione da quella che è la realtà dei fatti e da quelli che sono gli effettivi problemi”.

Infine, sul caro energia è intervenuto anche il presidente di Fedagromercati Rimini Alessandro Marchese: “I rincari di energia elettrica, materie prime incidono pesantemente sul settore ortofrutticolo e rischiano di ricadere su tutta la filiera fino a raggiungere ii consumatori finali. Da un’analisi condotta da Fedagromercati, la rete di cui facciamo parte che riunisce 26 mercati nazionali in rappresentanza di 1500 aziende, emerge la preoccupazione di tutti gli operatori, visti i recenti provvedimenti varati dal governo e contenuti nel Decreto Sostegni per calmierare il caro bollette: non sono sufficienti e risolutivi, si rischia la chiusura, non tutti saranno in grado di sopportare questi aggravi che attengono a tutta la filiera. I recenti rincari potrebbero determinare minori acquisti con la conseguenza di avere merce invenduta per i distributori, e margini sempre più bassi con probabili perdite”.

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