Mandorlo, buone potenzialità in Romagna

Meccanizzabile nella potatura e raccolta. Investimento dalle buone potenzialità

Mandorlo, buone potenzialità in Romagna
In Romagna, dopo noce e nocciolo, è giunto il momento del mandorlo, come si è visto dall’evento organizzato venerdì a Imola da Romagna Impianti, in collaborazione con Fruitnet Sysyem. L’incontro, infatti, si è svolto direttamente in un mandorleto superintensivo, dove si è potuto analizzare dal vivo le potenzialità di una specie che può rappresentare una valida alternativa alle classiche colture frutticole dell’areale romagnolo.



Fra i produttori, molto numerosi, si è percepito un certo interesse e Michele Zaniboni di Romagna Impianti ha evidenziato un certo ottimismo. “Uno dei nostri obiettivi è trovare delle alternative economicamente valide per i nostri clienti, ed il mandorlo superintensivo va in quella direzione, in quanto a fronte di un investimento non esorbitante, si può ottenere una redditività interessante, eliminando del tutto il problema della manodopera in quanto l’impianto è totalmente meccanizzabile”.



La meccanizzazione riguarda in particolare le operazioni di raccolta e potatura. Per la raccolta basta una vendemmiatrice meccanica a scuotimento orizzontale opportunamente modificata con l’aggiunta di un battitore, mentre per la potatura si può utilizzare una delle tante macchine presenti sul mercato. Ovviamente, per la raccolta meccanica, le piante devono essere di taglia ridotta è questo è possibile grazie all’adozione di portinnesti nanizzanti come spiega Giuseppe Rutigliano di Agromillora. “La nostra serie Rootpac permette di contenere la vigoria del mandorlo coniugando comunque una buona rusticità alla varietà innestata. Questo permette di aumentare le densità d’impianto, superando 2.000 alberi/ettaro, grazie a sesti di 1-1,35 metri sulla fila e 3-3,50 tra le file. Così facendo si anticipa anche l’entrata in produzione che si posiziona su ottimi livelli già dal terzo anno d’età e si protrae con continuità per almeno 15-20 anni”.



Per quanto riguarda la gestione tecnica del mandorleto, Matteo Ferrari di Fruitnet System indica gli accorgimenti da adottare per gli areali del Nord Italia, come quello romagnolo. “E' chiaro ed evidente che dobbiamo puntare innanzitutto su varietà a fioritura tardiva o extra tardiva come Makako, Penta e soprattutto Vialfas, che fioriscono in contemporanea con le pere, come l’Abate Fètel”.



In effetti, durante la visita che si è svolta il 25 marzo, non c’era la traccia di un fiore di mandorlo, mentre il pescheto di fianco era in piena fioritura. “Una volta evitati i problemi legati al gelo – aggiunge l’esperto – la coltura è di per sé è molto generosa, in quanto ha un grado di allegagione molto alto, soprattutto se si adotta una tecnica agronomica ben ponderata. In primo luogo occorre porre molta attenzione a evitare ristagni, quindi è consigliabile l’adozione di baulature o la predisposizione di un sistema drenante soprattutto se ci troviamo in terreni argillosi. Anche la concimazione azotata deve essere gestita correttamente, ed è consigliabile l’utilizzo di strumenti diagnostici per capire il momento giusto. Così facendo puntiamo a raccogliere 60-80 quintali ad ettaro di mandorle, che equivalgono a circa 20-30 quintali di prodotto sgusciato”.



Infatti, a livello economico il parametro che determina la plv riguarda il potenziale di punto resa della partita in oggetto, come osserva Cristian Menghetti di Eurocompany. “Mediamente la resa si aggira fra il 30-40% e questo dipende anche dal grado di essicazione del prodotto che deve avere una umidità non superiore al 10%. In caso contrario si innescano dei processi fermentativi estremamente pericolosi. Difatti è consigliabile essiccare il prodotto subito dopo la raccolta, prima di procedere alla smallatura. A livello commerciale le quotazioni sono molto interessanti, in quanto c’è interesse per un prodotto nazionale e noi come azienda stiamo sviluppando progetti di filiera per rispondere a questa richiesta”.



In effetti, conti alla mano, l’investimento ha delle buone potenzialità. “Il costo d’impianto – evidenzia Matteo Ferrari – si aggira sui 15 mila euro ed è imputabile solo alle piante e all’irrigazione, in quanto non occorrono pali e fili per il sostegno delle piante. Ai prezzi attuali si ha una plv di almeno 10 mila euro e i costi non superano i 5 mila euro all’anno. Pertanto dopo il 6°/7° anno si raggiunge il break even point e ci sono altri 10 anni di vita almeno”.



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