Vendite bio, la verdura si ferma

L'incidenza in Gdo è stagnante. Le strade per sviluppare la categoria

Vendite bio, la verdura si ferma
Milioni di consumatori potenzialmente interessati, ma vendite ferme. Il biologico in ortofrutta vive una situazione stagnante. Le vendite totali di ortofrutta biologica fresca sul mercato italiano ammontano a 774 milioni di euro (peso imposto e variabile nel 2020). Una cifra suddivisa tra consumi domestici pari a 690 milioni di euro (+7% rispetto al 2019) e consumi fuori casa, con un valore di 84 milioni di euro (-27%), dato decisamente in calo influenzato dai lockdown e delle chiusure forzate causa pandemia. Tuttavia l’incidenza dell’ortofrutta bio sul totale del reparto ortofrutta della distribuzione moderna è un po' in stallo da anni e pari al 4%. Emerge quindi la necessità di sviluppo per questa categoria, avendo ancora molti punti di interesse nel percepito del consumatore.



Lo rivelano i dati dell'Osservatorio Frutta e Verdura Bio, resi noti da AssoBio e Alleanza delle Cooperative italiane (Aci agroalimentare) grazie allo studio condotto da Nomisma e presentato nel corso del convegno tenutosi a Marca Fresh.



"L’ortofrutta bio può contare su 30 milioni di user, con un’altissima penetrazione nelle famiglie italiane (78%) con un profilo specifico del consumatore: soprattutto giovani, generazioni Z e millenials, che vivono principalmente al Centro e al Sud Italia, con abitudini alimentari sofisticate - spiega Evita Gandini di Nomisma - Ha un consumo frequente di ortofrutta e generalmente ha figli e, per questo, ha una maggiore attenzione rispetto a ciò che mette in tavola. Per il 61% del campione il consumo di ortofrutta bio è frequente, mentre i canali principali di acquisto sono quelli afferenti alla Gdo (52%, +3pt rispetto anno scorso). Perché consumano frutta e verdura bio? Principalmente per motivi legati a sicurezza ed ambiente, ma anche perché lo considerano di qualità superiore al convenzionale".



Per parlare di ortofrutta bio in Gdo è stata organizzata anche una tavola rotonda con la partecipazione di rappresentanti dalle aziende produttrici e retail.

"Carrefour è il secondo retailer europeo, in Italia sviluppa un giro di affari di 5 miliardi - esordisce Massimo Silvestrini, responsabile sviluppo Bio Italia Carrefour - Negli ultimi due anni ha investito molto sul bio, ad oggi l’incidenza è quasi doppia rispetto alla media nazionale. Da 3-4 anni stiamo sviluppando il canale del franchising con piccole e medie supercifici dove l’ortofrutta bio sta crescendo in modo importante. Carrefour ha un progetto ambizioso per il bio, Act For Food. È un progetto trasversale su 40 Paesi, per garantire cibo di qualità e sicurezza alimentare, ma anche ad un prezzo conveniente. I valori riconosciuti del bio sono trasversali a tutti i Paesi, anche più che in Italia. In Francia, ad esempio, fanno una festa del mese del bio, promossa dallo Stato a maggio. In Italia stiamo cercando di valorizzare il bio a negozio, con differenze tra grandi e piccole superfici. Le grandi hanno spazio, un’area dedicata, un vero proprio “shop in shop” potendo anche contare sulla comunicazione dedicata. Nelle piccole la sola strada è quella dell’avvicinare la referenza al corrispettivo convenzionale, all’interno della categoria. Infine Carrefour sta sviluppando il bio anche nel canale dell’ e-commerce. Qui l’incidenza è doppia rispetto ai canali fisici. Per l’e-commerce abbiamo creato dipartimento specifico per lo sviluppo di questo canale".

"Coop è uno dei leader nella Gdo in Italia da anni, con oltre 6 milioni di soci. Da sempre dà grande importanza alla sostenibilità. Dal 1992 ha iniziato con il bio proprio in ortofrutta, poi nel 1999 arriva il proprio marchio. Oggi Viviverde conta oltre 1000 referenze - ricorda Renata Pascarelli, Direttrice Qualità Coop Italia - Negli anni abbiamo notato un dichiarato del consumatore verso lo sfuso, ma poi una reale preferenza verso il confezionato. Quindi il consumatore non è coerente davanti allo scaffale, tutte le prove con lo sfuso non hanno funzionato. Ad oggi abbiamo tante storie di successo su alcune referenze bio, come le banane solidal, la prima referenza come vendita, poi abbiamo 5 insalate di prima gamma inserite 4 anni fa. Queste valgono 5 milioni di euro. A seguire limoni, ma soprattutto lo zenzero, solo di origine peruviana. Queste referenze funzionano perché sono certamente sicure, ma soprattutto buone. Serve trovare sempe più prodotti con questa caratteristica per far ripartire la categoria. Dalle nostre ricerche sappiamo che se il prodotto non è buono, almeno un 25% non è interessato a comprarlo. Serve conquistare una nuova fetta di mercato con nuove prestazioni con queste caratteristiche".



"Ad oggi emerge la necessità di ritornare ad affrontare il bio con un’ottica di category, quindi assortimenti clusterizzati, esposizione, spazi e comunicazione a negozio - puntualizza Paolo Pari, Direttore Marketing Canova - Con 30 milioni di consumatori interessati il bio pesa solo un 4%, ma bisognerebbe arrivare al 12-14%. Quindi c’è un problema da risolvere. La filiera è assolutamente virtuosa, c’è qualità, servizio e professionalità. Nella Gdo bisogna capire se i servizi offerti sono sufficienti. All’estero c’è un vissuto diverso, c’è più storia e livelli di vendita diversi. Il prezzo non è un problema, nel senso che se si porta un servizio e un’innovazione realmente percepita c’è disponibilità a pagare. È necessario sforzarsi e portare al consumatore il concetto di qualità, di farla percepire. Ad oggi l’ortofrutta bio è un’opportunità, considerando le tendenze del mercato moderno che guardano sempre più alla sostenibilità e al consumo intelligente".

"Tanto tempo fa mio nonno, Pizzi Osvaldo, ha iniziato una partnership con Esselunga. C’era tanta voglia di fare qualcosa di meglio, di diverso e tutto è decollato - interviene Valentina Pizzi, Direttore Marketing e CFO della Pizzi Osvaldo & C - Ad oggi il tessuto delle nostre aziende bio è è assolutamente specializzato, tecnologico. Tuttavia, i produttori italiani prediligono l’estero, inviando i prodotti di migliore qualità poiché il mercato dà più soddisfazioni. È possibile fare programmi, non guardare all’aspetto estetico ma più alla sicurezza. Quindi l’estero è un concorrente per l’Italia. Ad oggi stiamo cercando di fare in modo che la burocrazia non sia troppo pesante per le certificazioni, stiamo cercando di semplificare le cose per agevolare le aziende. La sostenibilità è l’unico modo per riuscire ad andare avanti in questa situazione di aumento dei costi. Ad esempio stiamo sviluppando il concetto nuovo dell’agro fotovoltaico, per riuscire anche a svincolarsi un po' dall’energia".

"Ad oggi il tema centrale è: come riusciamo a sviluppare il bio a livello di domanda? - si interroga Andrea Bertoldi, Direttore Affari Generali di Brio - Se l’obiettivo, come indicato dalla Farm to Fork, è quello di raddoppiare le superfici, dovrà poi anche aumentare la vendita. Ad esempio con iniziative come quelle fatte in Francia, per valorizzare la categoria e sensibilizzare i consumatori. Se l’incidenza del bio è stagnante al 4%, è certo che bisogna fare qualcosa di concreto. Tuttavia ad oggi dobbiamo resistere, perché in questo clima condizionato dall’aumento dei costi e dalla guerra in corso, la necessità di sicurezza non gioca proprio a nostro favore, poiché nella testa del consumatore c’è altro come priorità al momento. Quindi bisogna tenere duro".

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