ETA', SESSO, ABITUDINI, CARATTERE: VERSO QUALE TARGET INDIRIZZARE LE CAMPAGNE DI COMUNICAZIONE? ALCUNI SPUNTI UTILI

ETA', SESSO, ABITUDINI, CARATTERE: VERSO QUALE TARGET INDIRIZZARE LE CAMPAGNE DI COMUNICAZIONE? ALCUNI SPUNTI UTILI
Per poter comprendere dove "colpire", con azioni promozionali e comunicazione, si deve avere ben chiaro cosa influenza il consumo di ortofrutta. È inutile infatti investire denaro su segmenti di popolazione che raggiungono già livelli soddisfacenti di consumi e che magari non potrebbero andare oltre per motivi, ad esempio, di share of stomach (quote di pancia). La moltitudine di studi ci permette di fare parzialmente luce sulla situazione già introdotta nell'articolo "Chi mangia piu' frutta e verdura? Uomini o donne? Sposati o single? Colti o meno istruiti? Ecco l'identikit"

L'età e il punto di inversione

Partiamo dall'età: come ovvio bambini e ragazzi consumano meno rispetto agli adulti, sia per motivazioni di natura fisica, sia per motivazioni correlate all'evoluzione del concetto di cibo nell'ambito della società. La nota interessante, pubblicata sull'Internation Journal of Behavioural Nutrition and Physical Activity, è rappresentata dal fatto che in questo ultimo decennio bambini e ragazzi, con il progredire degli anni, riducono la loro assunzione di ortofrutta mentre risulta il contrario per gli adulti. Da ciò si può dedurre che vi sia un'ipotetica età di inversione con tutti i conseguenti cambiamenti nello stile di vita, di cui fanno parte anche frutta e verdura.

Maschio o Femmina?

Continuando per quanto riguarda le determinanti demografiche troviamo il sesso: su questo punto vi sono pareri discordanti; la maggior parte delle analisi, tra cui quelle diffuse dal Public Health Nutrition, converge però sul fatto che le femmine, forse per la loro attenzione al benessere e alla linea o per strutture e ruoli sociali, consumino più ortofrutta rispetto ai maschi.

Il reddito disponibile e il livello di istruzione

La frutta e la verdura, nonostante siano beni primari, sono categorie a quanto pare percepite come care, sia dalla popolazione con un basso reddito disponibile, sia da quella con un alto reddito. Oltretutto, sempre secondo il Public Health Nutrition, si è osservato che generalmente il consumo di ortofrutta aumenta con l'aumentare del reddito percepito. A questa variabile si associa spesso quella dell'educazione: infatti, solitamente si lega un alto reddito con un elevato livello di istruzione. Anche un alto livello di istruzione porta ad un più elevato consumo di ortofrutta, probabilmente per la maggiore consapevolezza del proprio benessere o per la propria estrazione sociale che impone una visione più elitaria del consumo e che punta a usare il cibo non meramente per riempire lo stomaco, ma bensì per nutrire consapevolmente il proprio corpo.

Il gusto e l'educazione partono da bambini

Continuando con la rassegna delle determinanti, come non citare il gusto? Ognuno di noi ha il proprio gusto, ottenuto da mille influenze, in continua evoluzione con l'età e le esperienze di vita. A questo proposito si deve sottolineare però la forma mentis che si crea fin da bambini: è vero che i gusti cambiano, ma una mentalità aperta fin da piccoli può aiutare ad allontanare eventuali forme di negazionismo che interessano specialmente le verdure. Quindi sul gusto bisogna agire fin dall'inizio, formando una mentalità aperta ai propri figli e trasmettendo loro una cultura di base del gusto che comprenda una moltitudine di sapori, odori e colori tutti da mangiare.

La famiglia e il buon esempio

Sempre secondo il Public Health Nutrition, nel consumo di ortofrutta entra in gioco anche il ruolo della famiglia, dato che il quantitativo di ortofrutta assunto da parte dei bambini è fortemente correlato con quello dei genitori. Inoltre, anche l'occasione di consumo in famiglia facilita il processo, soprattutto quando si consumano pasti con i propri famigliari. Tutto ciò forma una spirale virtuosa, in quanto un individuo che presenta alti consumi di ortofrutta da piccolo, tendenzialmente mantiene la sua virtuosità anche in età adulta e, come si spera, darà il buon esempio a sua volta.

Sposato è meglio

A proposito del matrimonio, la figura del bambinone ben cresciuto fisicamente ma forse meno mentalmente, la fa l'adulto di sesso maschile. Ricercatori olandesi e irlandesi hanno evidenziato nel decennio passato che un maschio adulto, quando è sposato, incrementa il suo consumo di ortofrutticoli. Il motivo è probabilmente da attribuire all'influenza più che positiva della donna che, ancestralmente, si è sempre occupata della gestione della salute della propria famiglia, oltre che avere ancora (ma non si sa per quanto, data la progressiva parità dei sessi) il know how di come cucinare.

L'ignoranza culinaria
La parola "know" (conoscenza) è proprio un'altra delle determinanti del consumo di frutta e verdura: una delle barriere al consumo, spiega l'OMS a Ginevra nel 2005, è infatti quella di non saper cucinare, preparare o, ancora più elementarmente, pelare e pulire la frutta e la verdura. Uno tra i motivi del successo della IV gamma frutta e della V gamma verdura, oltre ad essere pratiche e funzionali, è che diversi consumatori oggigiorno non saprebbero proprio come affettare un ananas o cuocere una patata. Manca appunto il know how che per qualche motivo non è stato trasmesso e che disincentiva il soggetto in fase di acquisto.

Il clima conta

La variabile climatica, inoltre, è una delle più palesi determinanti. Lo si nota già nell'editoria quando d'estate appaiono decine di articoli il cui titolo suona più o meno: "ondata di caldo: +XX% nel consumo di ortofrutta". Ne deriva, già abbastanza istintivamente, che la temperatura è una variabile discriminante, come anche il cambio di stagione. Un'altra variabile legata al clima è la latitudine in cui ci si trova: è noto che i paesi del Nord Europa consumino meno rispetto a quelli del Sud. È meno noto, sottolinea l'European Commission nel 2006, che negli ultimi anni più della metà degli europei ha dichiarato in media di aver aumentato il consumo di frutta e verdura. La cosa particolare è che le persone che hanno dichiarato ciò erano in maggior misura nei paesi nordici, facendo così intuire una più marcata stabilità dei paesi del Sud, tra cui l'Italia.

Un carattere forte

Uno studio pubblicato dall'International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity nel 2010 ha cercato di condensare tutte le ricerche che si occupavano di determinare le variabili psicologiche e sociali influenzanti il consumo di frutta e verdura. Di 6.287 studi esaminati, sono stati selezionati i 23 più idonei, dei quali si è anche cercato di raggruppare i risultati ottenuti. Le variabili che presentano una consistenza predittiva migliore sono quelle che fanno capo alla consapevolezza delle proprie capacità e al saper raggiungere i propri risultati e obiettivi; insomma, essere sicuri di se stessi è un forte predittivo del consumo di ortofrutta.

"Io mangio già sano!"

Concludendo con l'analisi delle determinanti ve ne è una abbastanza curiosa. Ebbene, secondo l'European Commission gli stessi europei, quelli che associano frutta e verdura a una dieta sana, credono per oltre il 50% di mangiare bene e sano, cosa molto contrastante con tutti i dati finora esaminati. Vi è quindi uno scollamento tra il percepito e il reale per i cittadini residenti nel continente che porta inevitabilmente ad un'insolita quanto preoccupante barriera: il consumatore non si preoccupa di aumentare i consumi di frutta e verdura perché è erroneamente convinto di mangiarne a sufficienza. Da qui si deduce che i messaggi passati dalle iniziative di incremento di consumo non siano compresi o siano troppo soft, ossia poco "allarmanti".

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Un breve identikit dei due profili opposti

Tutte queste determinanti si intersecano tra loro, formando un difficile labirinto pieno di barriere che si influenzano reciprocamente, come si accennava in apertura, e che rendono complesso identificare una soluzione univoca al problema dell'erosione dei consumi ortofrutticoli.

Michele Dall'Olio

Marketing Specialist
Michele@italiafruit.net

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