Pac, Martina: «Difesa del budget e più flessibilità»

Ieri il ministro ha analizzato prospettive della riforma e priorità negoziali

Pac, Martina: «Difesa del budget e più flessibilità»
All’audizione di ieri in commissione Agricoltura alla Camera, il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha fatto il punto sulle prospettive di riforma della Politica agricola comune (Pac) e delineato alcune priorità negoziali da mettere a fuoco. Il 2 febbraio scorso, infatti, il commissario Phil Hogan ha lanciato una consultazione pubblica sulla riforma della Pac, che si concluderà nelle prime settimane di maggio.

“Un’iniziativa molto importante - ha detto Martina – I contributi ricevuti sono utili per definire le nuove priorità strategiche della Pac, in particolare crescita e occupazione, per ammodernare e semplificare l’intero impianto normativo basato su due pilastri e rispondere alle principali sfide che l’agricoltura e le zone rurali dovranno affrontare. In questo contesto sarà decisiva la discussione sulla riforma del bilancio dell’Unione, dato che il budget per la Pac è messo a dura prova a ogni tornata negoziale per contenere, da un lato, la spesa complessiva dell’Ue e, dall’altro lato, in quanto la Pac stessa è accusata da più parti di essere troppo generosa nei confronti di un settore il cui peso in Europa è considerato marginale”. 

Considerazioni semplicistiche e ingenerose per Martina, che ha osservato come l’agricoltura non possa essere valutata in un’ottica esclusivamente produttivistica, ma anzi essere valorizzata come bene comune, capace di generare nuove forme di welfare e di servizi, oltre che costituire un presidio ambientale e del paesaggio. Un’idea di agricoltura che rappresenta anche un'occasione per creare nuove opportunità occupazionali, oltre che garantire la qualità e la salubrità degli alimenti. Tutti elementi centrali del cosiddetto modello agricolo europeo, di cui l’Italia è piena espressione. 

Quest’anno inizia il negoziato sulla riforma del bilancio comunitario. “Il negoziato - ha aggiunto il ministro delle Politiche agricole - si preannuncia molto difficile, sia per ragioni di carattere politico, sia per gli effetti generati sul bilancio dalla Brexit. In questa situazione incerta, l’Italia può giocare una partita importante, sostenendo le ragioni di una spesa agricola non indifferenziata, ma rivolta alla tutela del reddito degli agricoltori, al sostegno della qualità dei prodotti alimentari, alla gestione sostenibile e razionale delle risorse naturali e alla valorizzazione dei territori rurali”.

Passando alla coerenza tra obiettivi e strumenti, Martina ha ricordato che nell’attuale Pac, e ancora di più in quella futura, agli Stati membri sono dati ampi margini di flessibilità per adattare la Pac alle esigenze del proprio settore primario e alla specificità dei territori e delle produzioni. “Gli Stati membri – ha spiegato il ministro - hanno assunto una rinnovata importanza nella governance di questa politica; il rilancio del ruolo nazionale nella politica agricola deve essere considerato non come un tentativo di rinazionalizzazione, quanto piuttosto un’opportunità per una politica più flessibile e più attenta ai fabbisogni locali”. Un punto centrale per l’Italia, considerando la ricchezza e la diversità dei modelli produttivi presenti nel nostro Paese.

“Per conseguire questi risultati – ha continuato Martina - abbiamo bisogno di una Pac più efficiente ed efficace, in cui l’allocazione delle risorse tra Paesi sia coerente con gli obiettivi, ma non necessariamente uniforme. L’utilizzo della superficie agricola come unica chiave di ripartizione delle risorse finanziarie è un criterio inadeguato rispetto agli obiettivi da raggiungere. E' un sistema al quale continueremo a opporci, perché troppo penalizzante per le produzioni italiane. Siamo i migliori produttori a livello di valore aggiunto per ettaro, questo per noi è un punto fondamentale del prossimo negoziato e che dovremo difendere a oltranza come sistema agricolo italiano”.

Per quanto riguarda il contenuto delle politiche, Martina ha osservato come la Pac, così come è oggi, in particolare il primo pilastro, “non riesce sempre a offrire risposte soddisfacenti, né per la salvaguardia del reddito degli imprenditori agricoli, né ai contribuenti, che chiedono un collegamento chiaro, diretto e misurabile tra risorse pubbliche impiegate e beni comuni prodotti”.

Altro elemento di criticità nell’attuale impianto della Pac per Martina è rappresentato dalla distribuzione del valore lungo la catena alimentare, dove “l’agricoltura è sempre la parte più debole. La riforma della Pac deve essere l’occasione per rafforzare gli strumenti disponibili, prevedendo, ad esempio, l’estensione del modello delle Organizzazioni comuni di mercato ad altri settori produttivi, come il latte, la carne o i cereali, sia per migliorarne la competitività, sia per incrementare la capacità di adattamento alle turbative dei mercati”.

“L‘articolazione in due pilastri della Pac può essere mantenuta – ha riferito il ministro - anche se gli strumenti devono essere fortemente riequilibrati. Come dicevo, l’aiuto a superficie non può essere indifferenziato, ma collegato a precisi obiettivi, in modo da compensare adeguatamente gli agricoltori che operano in situazione di svantaggio. Da questo punto di vista, le varie componenti ambientali contenute nelle diverse forme di sostegno (condizionalità, greening e misure agroambientali del secondo pilastro, ndr) dovrebbero essere armonizzate e semplificate. E in questo processo dovrebbero rientrare anche le misure finalizzate a compensare gli svantaggi naturali”.

Sulle misure di gestione del rischio, Martina ha affrontato due questioni fondamentali: “In primo luogo – ha affermato - è necessario incrementare l’efficacia dei diversi strumenti in modo da renderli più aderenti alle esigenze del settore agricolo. Da questo punto di vista, le proposte che la Commissione ha presentato nell’ambito del pacchetto Omnibus vanno nella giusta direzione, anche se occorre molto più coraggio e maggiore incisività. In secondo luogo, è necessario ripensare alla collocazione degli strumenti di gestione del rischio, che non possono rimanere nello sviluppo rurale, le cui procedure spesso vanificano le potenzialità”.
La gestione del rischio deve dunque trovare una collocazione nell’ambito del primo pilastro della Pac e alcune di queste misure, come lo strumento di stabilizzazione del reddito, dovrebbero essere riservate unicamente ai produttori che operano nell’ambito di sistemi organizzati, come quelli delle Ocm. “Questa è una delle sfide cruciali dei prossimi anni e proprio per questo dedicheremo ampio spazio al tema anche all'interno della ministeriale agricola del G7 di ottobre”.

Infine, lo sviluppo rurale, la componente della Pac più allineata agli altri obiettivi strategici dell’Unione, con precise ricadute territoriali e fortemente orientata alla competitività e all’innovazione. “La politica di sviluppo rurale deve essere profondamente semplificata, sia a livello di programmazione, sia di gestione – ha concluso il ministro Martina - Quello della semplificazione è un tema prioritario: gli agricoltori chiedono regole semplici e tempi certi, e su questo dobbiamo essere in grado di offrire soluzioni concrete. Il che non significa accettare un impoverimento degli strumenti a disposizione o una riduzione dei controlli, ma sfruttare al meglio le nuove tecnologie e la grande massa di informazioni di cui disponiamo per agevolare la vita delle imprese e ridurre il peso della burocrazia”.

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