«Frutta estiva in crisi: contratti di filiera e più controlli sul prodotto estero»

Intervista al presidente nazionale di Coldiretti Roberto Moncalvo

«Frutta estiva in crisi: contratti di filiera e più controlli sul prodotto estero»
La crisi della frutta estiva non si risolve con la politica del chilometro zero e la vendita diretta da parte degli agricoltori. Temi cari alla Coldiretti, ma che il presidente Roberto Moncalvo si bada bene dal citare quando con Italiafruit News affronta le difficoltà che i produttori stanno vivendo in questa estate dalle magre soddisfazioni, soprattutto per pesche e nettarine.

Presidente Moncalvo, che messaggio dare ai frutticoltori che si vedono riconosciuti 0,15-0,25 euro per un chilogrammo di pesche?
Serve una grande iniezione di trasparenza e capacità di eseguire più controlli sul rispetto delle norme sulla tracciabilità. L'ortofrutta fresca ha l'obbligo di origine in etichetta, ma sono troppi i casi in cui sui una cassetta di frutta in vendita vedo la scritta Italia, ma poi in realtà non c'è prodotto italiano.



Crede che l'origine in etichetta sia davvero così importante?
Assolutamente. E per questo dico che servono più controlli sul prodotto fresco. Non solo, la grande partita dell'origine obbligatoria in etichetta è poi estesa ai prodotti trasformati, dai succhi di frutta alle confetture. Abbiamo visto che la trasparenza, con l'obbligo di origine in etichetta, dà garanzia al consumatore e aiuta ad avere migliori prezzi riconosciuti ai produttori.

Il produttore anello debole della filiera?

In troppi casi è così e la Grande distribuzione fa diventare questo un problema perché non riconosce al produttore il giusto prezzo.

Secondo lei la peschicoltura in Italia è destinata a scomparire?
La peschicoltura non può finire, ma se il mercato continua così siamo in grande difficoltà. Ecco perché diventa importante una trasparenza completa e arrivare a costruire contratti di filiera sul prodotto italiano che possano garantire il giusto prezzo. Non possiamo avere pesche italiane in competizione con frutti che arrivano da Paesi extra Ue o dalla Spagna, dove le regole di produzione sono diverse.



Concorrenza sleale?

Se mi confronto con una pesca coltivata in Nord Africa, dove esistono delle forme di caporalato bianco legalizzato, dove il costo del lavoro è bassissimo... Come faccio in Italia a pagare bene i produttori e avere prezzi competitivi? Ciò che importiamo deve essere assolutamente figlio dello stesso sistema di regole vigente nel nostro Paese. Altrimenti questa concorrenza taglierà le gambe ai nostri produttori.

Su questi temi ci dovrebbe essere un ruolo guida dell'Unione Europea?

Spesso, però, gli accordi internazionali firmati dall'Ue agevolano questo tipo di importazioni, con dazi zero e altre forme similari. Questo genera sfruttamento nei Paesi poveri e concorrenza sleale in Italia, che a cascata provoca la chiusura di aziende italiane. Quello che sta accadendo oggi alla peschicoltura è frutto di tutto questo: l'unica arma che abbiamo è la trasparenza nella filiera e grandi controlli sulle importazioni.

C'è anche il nodo dei consumi. Come rilanciarli?
E' paradossale che in un'estate calda come questa siamo andati in crisi proprio sulle pesche, o sulle angurie e i meloni. C'è qualcuno che sta ciurlando nel manico, che sta spacciando per italiano ciò che italiano non è. La concorrenza sleale e il prodotto estero non aiutano.

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