Crisi pesche, Vernocchi: la Spagna fa concorrenza sleale

«Nel mercato unitario devono esserci costi unitari, altrimenti....»

Crisi pesche, Vernocchi: la Spagna fa concorrenza sleale
Una stagione amara per i peschicoltori italiani. Una campagna cominciata nel peggiore dei modi a causa del maltempo eccezionale di maggio e che sta proseguendo male. Ora che le produzioni nazionali hanno recuperato il gap gustativo, che si registrava tra maggio e la prima metà del mese di giugno, il problema principale di cui parlano gli operatori è la forte concorrenza spagnola che, oltre a deprimere i prezzi anche in Italia, va a limitare l’export in Europa. “Noi italiani abbiamo bisogno di giocare ad armi pari in termini di costi. Stiamo subendo, di fatto, una concorrenza sleale da parte della Spagna”, ci ha spiegato Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo - la principale Organizzazione di produttori a livello europeo - a margine della conferenza di ieri

Presidente, la campagna di pesche e nettarine non è partita bene. Voi di Apo Conerpo quale andamento produttivo e commerciale riscontrate per queste due specie?
La stagione 2019 non sta andando bene. Il clima estremamente piovoso di maggio ha creato problemi di qualità nella prima parte della campagna peschicola, andando a impattare anche sul grado brix dei frutti. Già da subito la Spagna ha immesso sul mercato europeo una enorme quantità di prodotti. Finora l'offerta iberica, particolarmente aggressiva nei mesi di maggio e giugno, non è stata accompagnata adeguatamente dai consumi e ciò non ha favorito le quotazioni. 

Quali sono le prospettive per le prossime settimane?
Speriamo che il mercato sia europeo sia italiano, con le attuali temperature più calde, possa registrare una ripresa a partire dalle queste prime settimane di luglio. Per il momento stiamo parlando di una campagna tutt'altro che soddisfacente sul fronte della remunerazione dei produttori. La stessa cosa, purtroppo, si può dire per albicocche e susine.


Davide Vernocchi

Il pressing spagnolo, come ha già detto, pare estremamente forte in questa stagione. Le drupacee iberiche sono ampiamente presenti nei Paesi esteri dell'Europa, ma anche nel nostro mercato nazionale. Come cercate di rispondere a questa situazione?
La Spagna ha un "sistema Paese" più competitivo, e solo per questo motivo riesce ad esportare più dell’Italia. La storia che le aziende spagnole sono più brave di noi a vendere ortofrutta non corrisponde alla realtà. Gli spagnoli non ci devono insegnare niente. Anzi, i nostri operatori sono molto più bravi di loro dal punto di vista commerciale. Ma per attestarlo abbiamo bisogno di giocare ad armi pari, quindi di avere gli stessi costi del lavoro, dell'energia e della logistica. Le disparità esistenti tra i vari Paesi, e in particolare tra noi, Spagna e Grecia, non fanno altro che aumentare le tensioni tra gli stessi operatori. 

Una richiesta di "reciprocità" che lei, in qualità di coordinatore Ortofrutta dell'Alleanza Cooperative Agroalimentari, ha portato all'attenzione del recente Comitato misto ortofrutticolo. Le regole comunitarie andrebbero quindi riformulate…
Certo. La Commissione europea, tra le altre cose, ha da poco commissionato uno studio a un soggetto terzo per analizzare l'incidenza del costo della manodopera nel comparto agricolo e ortofrutticolo tra i vari Paesi dell'Ue. La ricerca dovrebbe essere pronta entro la fine del 2019. Questo è un argomento che noi di Apo Conerpo stiamo seguendo con particolare attenzione. Se il mercato europeo è unitario, deve essere unitario anche il costo della produzione. Perché, altrimenti, sarebbe più giusto parlare di concorrenza sleale.
 
Cosa vi aspettate, dunque, dall'Europa che sta nascendo? 
Mi aspetto che la nuova Europa ci accompagni, e quindi che non ci ostacoli, rispondendo meglio alle necessità dell'ortofrutta italiana, la più sicura al mondo. Un altro aspetto fondamentale, sul fronte istituzionale, è lo sblocco dell'embargo sui prodotti ortofrutticoli europei applicato dalla Russia, un mercato da 150 milioni di consumatori raggiungibili in quattro giorni. Se fosse abolito, cambierebbe tantissimo per la nostra ortofrutta. 
 
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