Le certificazioni sul Covid-19 sono pratica sleale

Gli acquirenti che le richiedono rischiano multe fino a 60mila euro

Le certificazioni sul Covid-19 sono pratica sleale
Il terzo decreto sul Coronavirus, pubblicato lunedì 2 marzo in Gazzetta Ufficiale, ha stabilito il divieto per gli acquirenti di prodotti agroalimentari di richiedere ai fornitori certificazioni inerenti al Covid-19. Una vittoria per Fruitimprese, che aveva espressamente portato questa istanza al ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova alla fine della scorsa settimana, dopo aver raccolto da alcuni associati delle segnalazioni di richieste da parte della clientela italiana e straniera di produrre certificazioni di esenzione dal virus per i loro prodotti.

“Subordinare l’acquisto di ortofrutticoli freschi e/o trasformati alla presenza di una certificazione è ora una pratica sleale”, dice soddisfatto a Italiafruit News Marco Salvi, presidente della Federazione nazionale commentando l’Articolo 33 del D.l. 2 Marzo 2020, entrato immediatamente in vigore. 

"Si tratta di un importante successo per Fruitimprese in materia di pratiche sleali tra clienti e fornitori che ci sta vedendo impegnati in questi mesi nella stesura del decreto di recepimento della Direttiva Ue”, prosegue.


Marco Salvi

Il sopracitato articolo recita testualmente che “costituisce pratica commerciale sleale vietata nelle relazioni tra acquirenti e fornitori ai sensi della direttiva (Ue) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, la subordinazione di acquisto di prodotti agroalimentari a certificazioni non obbligatorie riferite al Covid-19 né indicate in accordi di fornitura per la consegna dei prodotti su base regolare antecedenti agli accordi stessi”.

La norma stabilisce anche sanzioni pecuniarie comprese tra 15mila e 60mila euro per i clienti che non rispettano la legge. “La misura della sanzione è determinata facendo riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i divieti”, evidenzia l’Articolo 33. Che prosegue: “L'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari del Mipaaf è incaricato della vigilanza e dell'irrogazione delle relative sanzioni, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689. All'accertamento delle medesime violazioni l'Ispettorato provvede d'ufficio o su segnalazione di qualunque soggetto interessato”.

Gli introiti delle multe saranno versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ragioniere generale, allo stato di previsione del Mipaaf per il finanziamento di iniziative per il superamento di emergenze e per il rafforzamento dei controlli.



“Il nuovo regolamento è applicabile alle compravendite di merce che avvengono sul territorio nazionale, quindi realizzate fra soggetti italiani. Stiamo parlando comunque di un atto particolarmente rilevante anche sul fronte comunitario, poiché crea un precedente nell’Unione europea”, specifica a Italiafruit News Pietro Mauro di Fruitimprese.

Il presidente Marco Salvi conclude: “I prodotti ortofrutticoli italiani sono sempre stati sicuri e lo sono ancora di più in tempi di Coronavirus. Il problema che si è creato la scorsa settimana sulle richieste di nuove certificazioni è dovuto, ancora una volta, alla mancanza di una strategia unica dell’Unione europea per affrontare l’emergenza. La comunicazione gioca un ruolo fondamentale in questo ambito. Dobbiamo essere tutti consapevoli del fatto che il Covid-19 non può essere una questione legata a un singolo Paese. Nessuno Stato si può esentare dalle epidemie: ce lo insegna la storia”.

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