«Uve seedless, ecco la più promettente»

Peviani: «Campagna positiva, ma non tutte le nuove varietà rispettano le aspettative»

«Uve seedless, ecco la più promettente»
Con ottobre ormai al giro di boa, la campagna dell'uva da tavola si appresta a vivere l'ultima - intensa - fase. Con Andrea Peviani, direttore commerciale dell'omonimo gruppo, facciamo il punto della situazione.

Dopo il debutto estivo, come si sta posizionando il mercato dell'uva da tavola sul fronte nazionale e su quello dell'export?
La stagione è partita da subito bene, forte di una qualità notevole e di una mancanza di frutta a nocciolo che ha concesso maggiori spazi. Il mercato nazionale ha risposto positivamente e gli incrementi delle vendite sono a doppia cifra: non riteniamo sia un fatto episodico, ma che corrisponda alla qualità espressa ed all’ampia proposta varietale, frutto di un lungo percorso. Il mercato estero assorbe tuttora le maggiori quantità e dimostra un grande interesse. Finalmente possiamo affermare di aver raggiunto un buon posizionamento.

Andrea Peviani

A livello produttivo e qualitativo come si colloca la campagna 2020?

Nel nostro areale, quello dell'arco jonico, la fase iniziale della produzione è stata molto soddisfacente sotto il profilo della qualità, infatti sia le uve seedless precoci che la varietà con seme Vittoria si sono collocate più rapidamente rispetto alla pianificazione. Non siamo invece soddisfatti della modesta resa per ettaro di alcune varietà precoci che hanno pesato sui costi di produzione. Altre varietà di nuova generazione hanno performato meglio e questo ci lascia ben sperare per il futuro. La produttività non è solo influenzata dalle condizioni climatiche, ma anche dal protocollo di coltivazione. Produrre oggi è molto più complicato di ieri, le varietà che si adottano, superata la fase test nei campi sperimentali, hanno bisogno di essere molto seguite e meglio comprese. Nonostante si dedichino attenzioni, cure e investimenti importanti, non sempre si dimostrano sostenibili, anzi è molto difficile centrare l'obiettivo. Inoltre le variabili climatiche e l'abolizione di alcune molecole che garantivano il controllo di alcuni insetti fitofagi creano un quadro di grande difficoltà.

La spinta innovativa sulle seedless come ha fatto evolvere la proposta Peviani?
La proposta commerciale si è molto arricchita, si è allargata la finestra della produzione italiana e possiamo offrire varietà bianche e colorate, standard e premium. Inoltre alcune varietà colorate esprimono caratteristiche molto interessanti e la loro collocazione è in costante ascesa. Fra le bianche, la più interessante e di prospettiva appare l’Autumn Crisp che abbiamo iniziato a vendere in Italia dal 20 di settembre. E’ un prodotto strategico perché si rende disponibile dal 20 settembre al 20 novembre ed ha una presenza e una qualità gustativa superiore, un vero prodotto da intenditori. La produzione italiana delle seedless copre ormai più di 4 mesi e rappresenta la parte più consistente di un programma che viene completato dall'importazione, coprendo così i 12 mesi.



Su quali caratteristiche scommettete per il futuro?
Le uve devono essere buone, a tutela dei consumatori e produttive ed affidabili a tutela della filiera produttiva. Per queste ragioni continua la ricerca e la sperimentazione di uve bianche e colorate che maturino scalarmente e resistano al clima del sud Italia, meno stabile di un tempo.

Che spazi ci possono essere per le varietà tradizionali?
Ci saranno sempre, ma probabilmente più ridotti e con uve di qualità, meglio puntare alle fasce di mercato più alte. Di fatto vi sono ancora ampie zone che basano la loro economia con prodotto da prezzo, ma con i costi che si hanno in Italia non è un percorso sostenibile.



Parliamo di sostenibilità: cosa fare in vigneto e come comunicare gli sforzi dei produttori?
La fase produttiva resta il momento più importante e strategico ed è un percorso che ci impegna al massimo. Siamo coinvolti direttamente con le nostre aziende agricole e siamo impegnati nel progetto congiuntamente con un gruppo di produttori selezionati, che condividono con noi difficoltà e successi e insieme abbiamo necessità di crescere.
Negli ultimi anni grande spazio è stato dato al miglioramento della tecnica agronomica, introducendo la riduzione o addirittura l’abolizione delle arature, dando vita alla pratica dell'inerbimento con semine di erbe specifiche che giovano al terreno e alle piante. Si mantiene il controllo di parassiti mediante l'utilizzo delle trappole e l'utilizzo dei confusori sessuali che riducono le generazioni di fitofagi. Si è provveduto all’inserimento di un software per il calcolo previsionale dell'attacco di alcune muffe e funghi. Sono tutte attività che hanno fortemente ridotto i trattamenti chimici. Anche l'utilizzo delle sonde nel terreno, che monitorano l'umidità e che associate a un adeguato sistema d'irrigazione, ci hanno permesso una riduzione del consumo di acqua di almeno il 30%. Concluderei con la formazione delle risorse umane, che devono essere preparate per ogni fase lavorativa. Gli sforzi della produzione sono evidenti, vi è una sinergia fra tecnici e produttori mediante un quotidiano confronto che porta a risultati e informazioni che riducono i margini di errore. Comunicare questi sforzi ai consumatori non è facile per il mondo della produzione, cerchiamo di farlo con i rappresentanti delle catene con cui ci relazioniamo e che vengono in produzione a visitarci. Siamo certi che una maggiore consapevolezza da parte del consumatore su quanta attenzione e lavoro sono necessari per produrre un grappolo d’uva di qualità farebbe crescere il consumo.

E nel packaging che scelte sta attuando l'azienda?
Riteniamo che l'uso di RPET sia oggi un buon compromesso, risponde al rispetto ambientale, consente costi accessibili e una ottima visibilità al prodotto. Stiamo anche valutando pack alternativi, ma sentiamo l'esigenza di vederci più chiaro, spesso abbiamo la sensazione che questo sforzo nel cambiare imballaggi non si traduca in un reale vantaggio per l'ambiente ma in un mero strumento di marketing.

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