Settore alimentare, come comunicarlo sui social

Tra Facebook, Podcast e Brand Journalism spiccano le best practices di Melinda e DimmidiSì

Settore alimentare, come comunicarlo sui social
Settore alimentare e social media rappresentano già da anni un connubio indissolubile per raggiungere i consumatori. Ma come districarsi nel complesso mondo dei social media, scegliendo ogni volta la piattaforma più adatta?
Ne ha parlato ieri mattina Michele Rinaldi, head of digital Soluzione Communication Group nel webinar “Social Food Trends”, sottolineando la volontà sempre più forte dei brand di raccontarsi. Non importa essere un’azienda produttrice di ortofrutta, una realtà di pasticceria, un sito di ricette o una catena di food service: ognuno può diventare protagonista sui social e costruirsi il proprio pubblico, puntando su contenuti originali e rilevanti.


Melinda (primo post a sinistra) tra le best practices della comunicazione Facebook

Ma partiamo dal social più conosciuto: Facebook. Nonostante alcuni lo considerino un social ormai ‘andato’, in realtà precede ancora Instagram nella classifica delle piattaforme più utilizzate in Italia. “Su Facebook sono tantissimi i contenuti da condividere – ha sottolineato Rinaldi – in primis i valori aziendali, la filiera e contenuti di taglio nutrizionale. Ad oggi Facebook rappresenta ancora un ottimo luogo dove raccontare tante cose e soprattutto per fare community tramite i commenti degli utenti. Inoltre questo social è sempre più sviluppato in una seconda fascia d’età, quella dei responsabili d’acquisto over 50”.
Sul social di Zuckerberg, i consumatori premiano la dinamicità dei contenuti di un piano editoriale: per questo “vanno impostati piani idonei a raggiungere il maggior pubblico possibile, ognuno dei quali sviluppato su un micro-obiettivo come visibilità, numero di commenti, condivisioni...”.

Se l’obiettivo aziendale è ‘svecchiare’ il pubblico puntando a una fascia dai 25 ai 40 (anche se l’età media si sta man mano alzando) allora si deve utilizzare Instagram. Considerata la presenza in questa piattaforma di una audience diametralmente opposta a quella di Facebook, è necessario realizzare contenuti diversi. “Dobbiamo investire su post rilevanti, originali e che parlino il linguaggio della nostra community – specificano da Soluzione Group – oltre a impiegare gli strumenti delle dirette e delle stories, che richiamano l’attenzione del pubblico e fungono anche da call to action”.



Serio e strategico è invece LinkedIn, un social business ideale per la comunicazione internazionale. Diverse le modalità di utilizzo: “Si può gestire la propria pagina aziendale comunicando valori, sostenibilità e risultati della ricerca e sviluppo – dice Rinaldi – oppure l’azienda può selezionare un panel key di user e offrire loro un servizio di edicola digitale. Ancora può essere lo stesso Ceo aziendale a creare personal branding con contenuti ad hoc”.

Tra le applicazioni più scaricate insieme a Zoom già durante il primo lockdown c’è TikTok, il regno dei video brevi e divertenti. Se all’inizio il suo utilizzo era appannaggio dei più giovani, oggi il core business è composto da ragazzi fino ai 35 anni ma lo popolano anche tantissime famiglie che si iscrivono “per controllare i figli, perché è di moda e perché ci si diverte”.
E’ sbagliato definirlo social in quanto si classifica come una vera e propria “piattaforma di entertainment – precisano da Soluzione Group – in cui è sbagliato costruire pubblicità: per contenuti interessanti e virali, occorre lavorare in sinergia con un creator”.

Tra i nuovi trend dei social media, c’è quello di arrivare direttamente alle orecchie delle persone. Siamo nella dimensione audio, dove spopolano Clubhouse e i Podcast.
“In Clubhouse siamo chiamati a creare contenuti di intrattenimento e il suo utilizzo si presta bene anche alla dimensione del food service – illustra Rinaldi – mentre i Podcast sono contenuti inediti fruibili on demand. Obbligatorio per questi ultimi il raggiungimento di quattro obiettivi: informare, formare, intrattenere e presidiare. In questi contenuti il livello di attenzione dei consumatori è molto più alto che sui social media perché sono loro stessi ad aver scelto di ascoltare”.



L'Osservatorio Melinda citato in un articolo di GQ dopo un attento lavoro di brand journalism

A cavallo tra i social e le Pr rimane stabile il ruolo del Brand Journalism, fondamentale per raccontare i valori di un brand e le caratteristiche dell’unicità.
“Quando un’azienda decide di fare brand journalism, è lei stessa a trasformarsi nell’editore del contenuto – spiega nel webinar l'head of digital Soluzione Group – Se una volta c’era il content marketing, oggi c’è il brand journalism: la differenza è nell’approfondimento del contenuto. Si tratta di articoli realizzati in ottica giornalistica che permettono di raccontare la storia del brand, le aziende fanno informazione perché lo chiedono gli stessi utenti”.
In questo caso i vantaggi per le aziende sono tre: essere percepito come opinion leader del proprio settore, fidelizzare i propri clienti/utenti consolidando il rapporto di fiducia e generare traffico di qualità su sito e canali social aziendali.


Il caso delle zuppe DimmidiSì (ultimo post in fondo a destra)
per il coinvolgimento dei consumatori sui social

Al di là dei social media, sono numerose le tecniche di coinvolgimento dei consumatori: partendo dai concorsi a premi fino all’utilizzo di influencer e creator.
Fondamentale ricordare l’attenzione costante per la costruzione della propria audience, che possa portare all’ultimo step dell’engagement ovvero la fidelizzazione dei consumatori, che passa anche attraverso la creazione di appositi club


Tra gli influencer di Melinda anche la ciclista professionista Letizia Paternoster
(primo post in alto a destra), figlia di un produttore di mele della Val di Non


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