Il dilemma del prezzo giusto infiamma la filiera

Nettarine a 1,50 euro per frutto e il futuro dell'ortofrutta: il dibattito

Il dilemma del prezzo giusto infiamma la filiera
La qualità si paga. E su questo non ci piove, tutti d'accordo. Ma la qualità bisogna anche saperla fare e proporre: l'editoriale di Roberto Della Casa pubblicato ieri su Italiafruit News ha scatenato un bel dibattito. L'esperienza del fondatore di questa testata (clicca qui per leggere l'articolo), alle prese con nettarine ottime acquistate a 6 euro il chilo, pone il settore davanti a un bivio: imboccare la strada dell'autentica qualità - potente motore per l’aumento dei consumi - oppure proseguire sulla via del declino, di una frutticoltura caotica, poco organizzata e soprattutto poco remunerativa.

L'editoriale sulla nostra pagina Facebook ha scatenato un sacco di commenti da vari attori della filiera: produttori, commercianti e anche consumatori attenti alle dinamiche del settore.

Alla domanda se è giusto pagare una nettarina 1,50 euro, Roberto Cotza risponde: "Sì, decisamente. Prima ero molto più sensibile riguardo l'argomento 'devo proporre prezzi accessibili a tutti'. Poi col tempo mi sono reso conto che il contare il centesimo esisteva solo per i beni alimentari mentre per il parrucchiere, la rata del servizio streaming, le vacanze estive e le giornate al mare i soldi non mancavano, mentre io mi spacco tutto l'anno e penso "sì, ho prodotti sopra la media ma voglio renderli accessibili a tutti. Ho iniziato a valorizzare meglio alcuni prodotti e confermo quanto scritto nell'articolo: alcuni clienti all'inizio comprano titubanti per provare, ma poi tornano perché ne riconoscono la qualità".

"Se la pesca è di qualità, di buona pezzatura la si può pagare anche qualcosina in più", chiosa Carlo Congiu. Mentre Sebastiano Vendramin pubblica una foto di un mercato rionale francese con le pesche vendute a 5,50 euro il chilo, "ma vi posso assicurare che nella stessa zona nella grande distribuzione organizzata i prezzi non erano inferiori".



"Qui non si parla di grande distribuzione, ma di un negozio che tiene una qualità molto alta e che dà un servizio che nei supermercati ti scordi, sicuramente le avrà pagate almeno 2,80 al kg all'ingrosso, minimo - è il commento di Luca Faragona - Quest'anno le pesche non ci sono e sono care, la qualità bisogna pagarla altrimenti i contadini smettono di produrre e piantano altro".

Io vivo entrambe le realtà, abbiamo sia produzione che vendita al dettaglio un negozio di vicinato - osserva Marinella Degliesposti - ritengo che la giusta remunerazione sia un problema che non ha ancora avuto la giusta attenzione e reazione. I passaggi di filiera e il tipo di filiera erodono la remunerazione del produttore. A fronte di costi di produzione alti, rispetto anche agli stessi competitor europei, non sempre alla fine viene corrisposto il giusto prezzo. Vero anche che non si può imbrigliare la libera impresa e imporre range di ricarichi. Occorre lavoraci sopra e la produzione non può delegare, il produttore deve partecipare attivamente e fare scelte. Immagino che per avere un prodotto come quello descritto con un riconoscimento al produttore di 3,00 euro (minimo) ci siano stati uno o massimo due passaggi, un tempo fra la raccolta e la vendita brevissimo, rischio d’impresa altissimo (scarti e calibri piccoli che in quel tipo di filiera non vendi neppure a poco). Quei 3,00 euro devono ripagare tutto ciò. La boutique, come qualcuno l’ha chiamata, ha le sue problematiche e i suoi costi che in proporzione sono altissimi, esiste la libera impresa e non esiste una normativa che imponga un minimo e un massimo di ricarichi, al dettaglio se il prezzo è giusto lo decide alla fine il consumatore. La fila fuori dimostrava che per gli articoli venduti il prezzo era giusto. Dobbiamo lavorarci tutti assieme".

Dalla Romagna Angelo Minguzzi pone una serie di questiti a Roberto Della Casa. "Per decidere di comprare quei frutti lì su cosa si è basato? Sul fatto che c'era ancora la fila davanti alla boutique al momento della chiusura, sulla pezzatura e sul prezzo? E se fossero state più piccole, con qualche difetto estetico e ad un prezzo minore, le avrebbe giudicate altrettanto buone? Evidentemente la questione della qualita è un po' più complessa. Ma perché, anziché scrivere sui social, nelle riviste o nelle conferenze, non si mettono in atto atteggiamenti costruttivi nei confronti della produzione organizzata e della distribuzione organizzata, di modo tale che si addivenga alla soluzione del problema?".

"Eppure in Romagna, dove un tempo la peschicoltura era il fiore all'occhiello e nonostante la presenza di un forte associazionismo, le superfici a pescheto sono in continua riduzione - fa notare Luigi Francesco Montanari - Ciò significa che la parte del prezzo che va al produttore non copre i costi. Alla domanda si potrebbe rispondere con una domanda: è giusto pagare un caffè o un capuccino lo stesso prezzo di una nettarina calibro AAA gustosa, salutare e piena di vitamine?".

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