«Caro prezzi, i distributori giocano un ruolo centrale»

Pastore (Fairtrade): «E' crisi del settore bananicolo, ecco le conseguenze globali»

«Caro prezzi, i distributori giocano un ruolo centrale»
Domina la discussione sui mercati e tiene in allerta le aziende, dalle più piccole fino alle più strutturate: la tematica dei costi di produzione è all'ordine del giorno ed è giunto il momento di allargare il ragionamento anche ai mercati esteri. Sul tema riprendiamo l'intervento pubblicato su LinkedIn da Paolo Pastore, direttore esecutivo di Fairtrade Italy.

In un recente articolo (che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi, clicca qui per leggerloFrancesco Pugliese, Ceo di Conad entra a gamba tesa su una questione molto cara a Fairtrade: il rapporto tra i prezzi al dettaglio e il carico economico – spesso troppo alto - che i produttori agricoli devono sopportare. Covid-19 ha generato un aumento dei costi di produzione per tutti gli attori della filiera produttiva, non equamente ripartito, esacerbando una situazione che era in molti casi già viziata.



Per chi come noi opera su filiere globali, quella della banana è esemplare. Considerata il frutto più consumato al mondo, si stima che l’export abbia un valore di circa 7 miliardi di dollari a livello globale. Dalla loro coltivazione dipendono 450.000 persone impiegate in agricoltura. Ebbene, nonostante la domanda di frutta proveniente da filiere sostenibili sia in continua crescita, quegli stessi produttori di banane, specie negli ultimi mesi, stanno subendo delle pressioni finanziarie sempre maggiori, che mettono a rischio le loro condizioni di vita, le loro pratiche di coltura sostenibile e la loro sicurezza alimentare.
Sono aumentati i costi di produzione dovuti agli imballaggi, ai fertilizzanti, e quelli per contrastare una malattia delle piante molto diffusa, Fusarium TR4. A cascata arrivano altre complicazioni come la difficoltà a firmare nuovi contratti con i trader che li obbligano ad accettare prezzi al di sotto dei costi di produzione. La situazione è diventata così drammatica che un paio di settimane fa i Ministri dell’Agricoltura di sette paesi dell’America Latina hanno espresso la loro preoccupazione in un comunicato congiunto, in cui denunciano la situazione degli agricoltori ed esortano tutte le imprese della filiera ad impegnarsi maggiormente nei confronti dei loro fornitori, anche attraverso sistemi che riconoscano loro un prezzo più corretto.



Sta diventando sempre più chiaro che i produttori non guadagnano abbastanza dal loro lavoro. Di riflesso, non sono più in grado di mantenere condizioni di vita decorose per loro stessi e per le loro famiglie, e non hanno più la possibilità di investire in modo sostenibile nelle piantagioni. Ciò comporta rischi anche per l’occupazione e le condizioni di lavoro di migliaia di addetti nelle regioni di coltivazione delle banane, dove le alternative di impiego sono molto limitate.
Di prima battuta potrebbe sembrare che questi fatti che accadono a migliaia di chilometri da noi non ci tocchino. Eppure, se vogliamo continuare a trovare sulle nostre tavole prodotti molto amati come caffè, banane e cacao, dovremmo semplicemente riconoscere che quello che succede dall’altra parte del mondo riguarda anche noi. Come il battito d’ali di una farfalla in Brasile, capace di scatenare un tornado in Texas. Le conseguenze che il cambiamento climatico ha sulle colture, l’abbandono delle campagne da parte dei contadini perché non guadagnano abbastanza e un reddito migliore per i produttori sono temi globali.



Tornando in Italia, da consumatori, negli scorsi mesi abbiamo visto i prezzi salire nel settore dell’energia, ci siamo resi conto della scarsità delle materie prime trovando difficoltà nel reperire alcuni oggetti, dalle biciclette o alle componenti dell’edilizia, ma al momento non siamo ancora stati toccati in maniera significativa nella spesa al supermercato. Ma c’è un tornado che sta per investire il comparto di cui tutti dovremmo iniziare ad occuparci più seriamente.
Anni e anni di un mercato dei prezzi drogato, e le spinte al consumo tra promozioni gonfiate e prodotti civetta ci hanno disabituato a riconoscere il valore di ciò che acquistiamo. Non ci resta che prendere atto che, come consumatori, è nostro compito riconoscere che il prezzo di quanto acquistiamo debba coprire anche le spese per mantenere la sostenibilità del business. Ma nel frattempo abbiamo bisogno più che mai di un’alleanza tra i vari attori commerciali della filiera perché i costi non ricadano esclusivamente sull’anello più debole, i produttori. È necessario che tutti si impegnino a riconoscere la loro quota parte. E qui le aziende della distribuzione giocano un ruolo centrale perché hanno anche il potere, nonostante il periodo difficile, di orientare le scelte nell’ottica di pratiche sostenibili, coinvolgendo i propri partner in percorsi condivisi orientati alla tenuta delle filiere. 

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