Istat, i dati aggiornati sulla povertà nel Paese

Istat, i dati aggiornati sulla povertà nel Paese
Nonostante il quadro in ripresa, il perdurare dell'emergenza sanitaria ha determinato nel 2021 un ulteriore incremento della quota di famiglie che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all'anno precedente: dal 29,0% del 2020 si arriva al 30,6% nel 2021, quasi cinque punti percentuali in piú rispetto al 2019 (25,8%). E' quanto emerge dal rapporto Bes 2021 'Il benessere equo e sostenibile in Italia' diffuso dall'Istat. L'aumento si riscontra in tutte e tre le ripartizioni geografiche, tuttavia nel Centro e, soprattutto, nel Nord l'incremento piú elevato si attesta nel primo anno di pandemia, mentre nel Mezzogiorno soprattutto nel secondo anno. Nel primo anno di pandemia gli indicatori non monetari che descrivono le condizioni di vita delle famiglie hanno registrato segnali di peggioramento, sebbene la grave deprivazione materiale riguardi una quota inferiore di individui rispetto al 2019.

La percentuale di coloro che vivono in famiglie dove gli individui hanno lavorato per meno del 20% del proprio potenziale è stata dell'11%, in crescita rispetto al 10% del 2019. Inoltre, una quota pari al 9% di persone ha dichiarato di arrivare a fine mese con grande difficoltá (in aumento rispetto al 2019 quando era pari all'8,2%). Anche gli individui che vivono in famiglie con una situazione di grave deprivazione abitativa crescono dal 2019 al 2020, passando dal 5,0% al 6,1%. Risulta invece stabile il rischio di povertà (20,0% degli individui da 20,1% nel 2019). Anche se in uno scenario economico mutato, nel 2021 la povertá assoluta si mantiene stabile, riguardando piú di 5 milioni 500mila individui (9,4%). Infatti, il reddito disponibile delle famiglie e il potere d'acquisto hanno segnato una ripresa, pur restando al di sotto dei livelli precedenti la crisi. La crescita sostenuta dei consumi finali ha generato una flessione della propensione al risparmio che, tuttavia, non è tornata ai valori pre-pandemia. Il Nord recupera parzialmente il forte incremento nella povertá assoluta osservato nel primo anno di pandemia, anche se non torna ai livelli osservati nel 2019 (6,8%, 9,3% e 8,2% rispettivamente nel 2019, 2020 e 2021).



Nel Mezzogiorno, invece, le persone povere sono in crescita di quasi 196mila unitá e si confermano incidenze di povertá piú elevate e in aumento, arrivando al 12,1% per gli individui (era l'11,1% nel 2020). Infine, il Centro presenta il valore piú basso, sebbene anche in questa area del Paese l'incidenza aumenti tra gli individui passando da 6,6% nel 2020 a 7,3% nel 2021. Il totale dei minori in povertá assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384mila: l'incidenza si conferma elevata, al 14,2%, stabile rispetto al 2020, ma maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019, quando era pari all'11,4%.

Ovviamente l'anno di riferimento è stato caratterizzato dalla pandemia di Covid e i dati del rapporto non hanno potuto non tenerne conto. Nel 2021, i decessi riportati alla sorveglianza integrata ritenuti correlati al Covid-19 sono stati 59.000 e rappresentano l'8,3% dei decessi totali per il complesso delle cause, proporzione in calo rispetto all'anno precedente quando se ne contarono oltre 77.000, il 10,3%. Nel 2020, primo anno di pandemia, la mortalitá è stata particolarmente elevata tra la popolazione di 80 anni e piú, spesso in condizione di fragilitá. Nel 2021 sì è molto ridotta la mortalitá tra gli anziani rispetto al 2020, tuttavia il 72% dell'eccesso di mortalitá è ancora dovuto alle morti delle persone di 80 anni e piú. Nel 2021, la mortalitá è risultata, invece, in leggero aumento tra gli uomini da 0 a 49 anni e tra le donne di 50-64 anni. Nel 2020 l'eccesso di mortalitá ha caratterizzato soprattutto le regioni del Nord, mentre nel 2021 cambia la mappa del contagio, con un impatto che interessa tutto il territorio nazionale, ma che cresce nel Mezzogiorno. Il Nord resta sempre la ripartizione con una proporzione maggiore di decessi COVID-19 su decessi totali, con un valore medio della ripartizione per il 2021 del 9%. Rispetto all'anno precedente, tuttavia, si è assistito a un calo di questa percentuale: quasi tutte le regioni settentrionali presentavano infatti nel 2020 valori superiori al 10%, con punte di oltre il 20% in Valle d'Aosta. Di contro, nelle regioni centro-meridionali la quota è aumentata nel 2021 rispetto al 2020, dal 6,9% al 7,7% al Centro e dal 5,3% al 7,6% nel Mezzogiorno.

Dal rapporto Bes emerge anche che nel 2021 prosegue il ricorso al lavoro da casa come strumento per proseguire le attivitá produttive contenendo i rischi per la salute pubblica. La quota di occupati che hanno lavorato da casa almeno un giorno a settimana, che era pari al 4,8% nel 2019, passa dal 13,8% nel 2020, al 14,8%. Questa modalitá di lavoro coinvolge soprattutto le donne (17,3% rispetto al 13% degli uomini), gli occupati del Centro e del Nord (rispettivamente 17,7% e 15,9% in confronto al 10,5% nel Mezzogiorno) e quelli con un titolo di studio elevato che sperimentano il lavoro da casa in piú di un caso su tre. Circa la metá degli occupati risulta molto soddisfatto del proprio lavoro, in aumento di un punto rispetto al 2020; la quota di molto soddisfatti è piú contenuta per le opportunitá di carriera e il guadagno, e piú alta rispetto all'interesse per il lavoro svolto. Dopo il peggioramento del 2020, nel 2021 migliora la percezione di insicurezza legata al proprio lavoro: la quota di occupati che ritengono probabile perdere l'occupazione e difficile trovarne un'altra simile scende dal 6,4% al 5,7%.

Fonte: ItaliaOggi