Buoni pasto, acque agitate

Buoni pasto, acque agitate
In Italia annualmente vengono utilizzati oltre 516 milioni di buoni pasto da quasi 3 milioni di lavoratori. Un giro d’affari da 3,2 miliardi di euro che vede però commissioni fino al 20% a carico degli esercenti. Ecco perché «i buoni pasto potrebbero non essere più “buoni”» dicono le principali associazioni del settore - Ancd Conad, Ancc Coop, Fiepet Confesercenti, Federdistribuzione, Fida, Fipe Confcommercio - che martedì si sono riunite a Roma per chiedere la revisione del sistema delle gare Consip (a breve la prossima) che negli ultimi anni ha visto commissioni sempre più alte: «Tolti oneri di gestione e finanziari, registriamo un deprezzamento del 30%: ogni 10 mila euro di buoni incassati, gli esercizi ne perdono 3 mila». 



Per le aziende si tratta di una «tassa occulta» del 20%. Cui si aggiunge spesso anche «la beffa» di venire rimborsati con mesi di ritardo. E tra crisi energetica e inflazione, i margini si stanno assottigliando ancora di più. «Non vorremmo essere costretti a non accettare più i buoni pasto», azzarda Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione. «Abbiamo le commissioni più alte in Europa - dice -, è un sistema completamente squilibrato che non possiamo più accettare: chiediamo quindi un immediato intervento del governo per avviare una riforma complessiva del sistema, dalla modalità di gestione delle gare fino al ripensamento degli attuali contratti di convenzionamento».
E Lino Stoppani di Fipe-Confcommercio: «Non è accettabile che lo Stato dopo quello che abbiamo passato per la pandemia ponga una nuova tassa sulla ristorazione: non sono accettabili livelli di commissioni sul livello di quelle precedenti, dal 16% al 19%, perché se queste fossero le condizioni dell’assegnazione è ragionevole pensare che le aziende non saranno nelle condizioni di accettare più i buoni pasto».



Su una ipotesi del genere, le associazioni dei consumatori si dicono pronte a class action e segnalazioni. Lo spiega Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: «Siamo al solito ritornello che ciclicamente ritorna ad ogni nuova gara Consip. Al di là del fatto che bar e ristoranti traslano il costo delle commissioni sul cliente finale e che, quindi, a pagarlo non solo loro ma i consumatori, è chiaro che se un esercizio rifiuterà i buoni pasto sarà nostra cura segnalarlo per la revoca della convenzione per il grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali». Concorda però che «se si vuole ragionare su come migliorare il servizio, siamo a disposizione per un confronto». Il Codacons invece minaccia già una class action contro chi rifiuterà i buoni pasto: «Sono un diritto acquisito dei lavoratori».

Fonte: Corriere della Sera