«Pere, le sfide con cui dobbiamo fare i conti»

Con Bergami focus sulle azioni da intraprendere, ricerca varietale in primis

«Pere, le sfide con cui dobbiamo fare i conti»
I dati sulle pere presentati a inizio mese nell’ambito di Prognosfruit lasciavano ben sperare. Per l’annata in corso, le stime di Wapa parlavano di un raccolto europeo in aumento del 20% rispetto allo scorso anno e del 5% sulla media triennale, salendo a 2.077.000 tonnellate totali.
L’Italia, insieme alla Francia, era tra i Paesi protagonisti di questo rialzo con una produzione più che raddoppiata rispetto al 2021, raggiungendo rispettivamente le 473.690 tonnellate e 137.000 tonnellate. Una nota a margine era stata fatta per il nostro Paese, il cui raccolto “rimane al di sotto del suo pieno potenziale”.
Ma è solo un problema di produttività? Per capire in che direzione sta andando la pericoltura italiana, abbiamo interpellato l’esperto Albano Bergami, frutticoltore dell’Emilia Romagna e socio di Confagricoltura.





I dati presentati a Prognosfruit testimoniano una crescita della produzione italiana. Ma è davvero così?
Le previsioni di Prognosfruit confermano certamente le nostre sensazioni iniziali, ovvero quelle di una ripresa del settore dopo le pessime annate 2020 e 2021, caratterizzate da danni per gelate e cimice asiatica. Ma tuttora stiamo facendo i conti con la cimice asiatica e la maculatura bruna, ancora non sappiamo quanto andranno a incidere sulla produzione annuale per cui è ancora presto fare calcoli generici. Quest’anno avremo sicuramente un recupero ma saremo ancora al di sotto di un’annata normale come è stata quella del 2018.

Quali sono, a suo parere, i principali fattori che ostacolano la ripresa?
Se il settore stenta a crescere è per una serie di motivi come l’assenza di ricerca varietale, l’incidenza degli eventi climatici, una riduzione delle molecole a disposizione per combattere le principali malattie e un mercato instabile. Ma vediamoli nel dettaglio.
Prima di tutto stiamo lavorando con del materiale vegetale datato di alcuni decenni: è giunto il momento di ampliare la ricerca varietale per offrire prodotti più resistenti e apprezzati dai consumatori.
Abbiamo inoltre una grossa difficoltà produttiva con le gelate, che soprattutto in questi ultimi anni sono diventate una costante. Questi eventi possono rovinare anche un’intera produzione considerato che ad oggi gli inverni sono più miti e tendono a causare un risveglio vegetativo precoce.
Ma parliamo anche delle molecole a disposizione del settore per combattere le malattie come la maculatura: quelle disponibili sono sempre di meno e inefficaci sulla maggior parte della malattie, considerato che queste ultime hanno avuto modo di diventare molto più aggressive che in passato.
Parliamo infine dell’instabilità dei mercati: un problema che certamente caratterizza tutta l’economia ma nel nostro settore miete le vittime maggiori. Le difficoltà commerciali non possono essere scaricate sull’ultimo anello della filiera, ovvero quello produttivo.



Le sfide sono ben precise: possiamo intravedere anche qualche possibile soluzione?
Da ottimista quale sono, credo che per ciascuno dei problemi elencati sia possibile individuare una soluzione.
Partiamo dalla ricerca varietale e dai cambiamenti climatici, sfide strettamente correlate tra loro: abbiamo del materiale vegetale che non è ancora stato sviluppato per affrontare i cambiamenti climatici ma possiamo lavorare in questa direzione. Anche se la politica europea continua ad affermare che questa strada non sia praticabile, è giunto il momento di prendere coraggio e dare fiducia alla scienza. 
Inoltre l’innovazione varietale contribuirebbe a dare una risposta positiva anche nei confronti della gestione agronomica: creare dei vegetali che necessitano solo in minima parte di soluzioni chimiche potrebbe davvero cambiare il settore e invogliare molto di più i consumatori all’acquisto.
Per quanto riguarda l’instabilità dei mercati, non possiamo pensare che siano altre figure a risolvere i problemi dei produttori: per cui è giunta l’ora di rimboccarsi le maniche e selezionare le giuste voci per interloquire con la distribuzione e anche con l’Unione Europea. I produttori devono capire il reale peso che ricoprono in una trattativa, soprattutto se ci arrivano uniti.

Quali sono le sue personali previsioni per il settore?
Quest’anno i produttori si aspettavano un anno di normalità per mettere una toppa ai bilanci negativi degli ultimi anni ma finora questo non è avvenuto con le varietà precoci che hanno avuto rese inferiori a quelle previste. Al di là delle varietà precoci, prevedo un forte decremento sui frutti commercializzabili per mercato fresco: una situazione su cui sta influendo molto la siccità, la quale va a disturbare anche le pezzature. Se a questo aggiungiamo anche l’esplosione dei costi di produzione, è probabile che da qui a fine anno vedremo altri numeri negativi.



Ci sono delle varietà in grado di risollevare il mercato?
Mi sembra che la pera Williams possa cavarsela bene: dopo esser rimasta vittima di un’estate inclemente, ora i frutti sono riusciti a raggiungere calibri ottimali.
Sulle Abate Fétel pesa invece una grande incognita: in questi anni è riuscita a conquistare una buona platea di consumatori italiani e non solo, come i tedeschi. A questo punto mi chiedo se i consumatori vorranno continuare a consumare Abate Fétel anche se con un rialzo del prezzo di vendita. Oggi distribuzione e operatori commerciali non stanno particolarmente aiutando la vendita ma speriamo che chi ha già provato questo frutto, sia disposto a spendere qualcosa in più per continuare a consumarlo.

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