«Cara Gdo, il calibro non è tutto»

Il professor Bassi: «Nelle drupacee meglio premiare il gusto»

«Cara Gdo, il calibro non è tutto»
La siccità primaverile ed estiva ci ha lasciato in eredità calibri inferiori nella frutta, ma il diametro conta davvero così tanto nella scelta del prodotto? Ne abbiamo parlato con il professore Daniele Bassi, docente presso il dipartimento di Produzione Vegetale della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. 



Professore, quest’anno pesche, nettarine e albicocche hanno fatto i conti con un diametro più piccolo, ma è dipeso solo dalle scarse precipitazioni?
In realtà no. Si dà la colpa solo alla mancanza di acqua perché ci siamo dimenticati della primavera fredda.

Come ha influito?
Le temperature dopo la fioritura del frutto sono fondamentali perché decidono il destino del prodotto. Se dopo due/tre settimane dopo la fioritura si verificano temperature basse, e con basse intendo sotto i 10 gradi centigradi, il destino del frutto è segnato anche se l’irrigazione naturale o artificiale è ottimale. C’è un altro aspetto però da tenere in considerazione.



Quale?
La gestione naturale del frutteto normalmente prevede somministrazione di acqua e fertilizzanti in eccesso. Questo comporta drupacee dal diametro molto grosso con caratteristiche di conservabilità e sapore insufficienti. 

Il mercato però valuta il valore in base al calibro
È proprio questo il problema. A parer mio è sbagliata la valutazione basata sull’apparenza esterna del prodotto, quindi la dimensione. Questo perché nella normalità spinge l’agricoltore a utilizzare più acqua del necessario, sprecandola.

Quali sono le caratteristiche da tenere in considerazione invece?
Una leggera scarsità d’acqua comporta frutti meno attaccabili dai funghi e dalle fitopatie caricandoli di maggiore sapore. Zuccheri, acidi, aroma, sono tutti elementi centrali per la scelta di un frutto e la distribuzione dovrebbe tenerne conto.  



Come si adatta la frutticoltura al caldo estremo?
È in buona parte già attrezzata per queste emergenze e la vive meglio rispetto all’orticoltura perché la risorsa idrica non è così indispensabile per ottenere il prodotto. Inoltre, il portainnesto permette alla pianta che si vuole propagare di adattarsi a condizioni anomale condizioni del terreno non ottimali o la carenza idrica.

Ci sono colture che rischiano di scomparire dal panorama produttivo?
La frutticoltura si è sempre evoluta ed adattata al terreno. È il caso, per esempio, di frutti tropicali come mango, avocado e addirittura il banano coltivati in Sicilia. Ora come ora è difficile prevedere che alcune colture possano sparire definitivamente, ma sicuramente l’actinidia, originaria della Cina e che ha trovato condizioni molto favorevoli nella nostra Penisola, ha un estremo bisogno di acqua. Questa coltura potrebbe correre seri rischi se l’irrigazione non fosse garantita costantemente. 

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