Gli effetti dei cambiamenti climatici sul pomodoro

L'Italia ha perso il 25-30% della produzione nell'ultimo semestre. Sicilia in rosso

Gli effetti dei cambiamenti climatici sul pomodoro
Gelate, maltempo, vento siberiano, tornado, temperature ben sotto la media, piogge battenti. Nell'ultimo semestre gli agricoltori italiani ne hanno viste davvero di tutti i colori. E a risentirne è stato uno dei prodotti simboli del Made in Italy: il pomodoro da mensa. "L'Italia da dicembre a oggi ha ridotto del 25-30% la propria produzione", spiega a Italiafruit News Luciano Trentini, esperto di settore che lunedì a Bruxelles ha partecipato al Gruppo di contatto sul pomodoro da mensa della Commissione europea.

“L'ultima stagione è stata condizionata da condizioni climatiche sfavorevoli, che hanno inficiato le produzioni invernali e i trapianti primaverili - ci spiega Trentini - Gli areali più penalizzati sono stati quelli del Sud Italia e delle Isole, Sicilia in particolare che, per questa specie, rappresenta oltre il 50% della produzione nazionale in serra". 

"La situazione meteo in Sicilia è apparsa grave già a partire da dicembre, con temperature sotto la media - prosegue - La prima settimana dell’anno, poi, è stata caratterizzata da forti abbassamenti termici che hanno portato a una prima forte gelata, con temperature di -4/5 gradi centigradi all’interno delle serre. A febbraio, invece, è stato il vento il problema maggiore: in molte delle aree serricole siciliane, ma anche del Lazio e della Campania, si sono verificati gravi danni sia alle strutture sia alle coltivazioni”.


Luciano Trentini

"Nello stesso periodo, al Nord Italia abbiamo avuto una situazione climatica completamente opposta. A parte qualche pioggia a gennaio, il bel tempo è durato per circa 60-70 giorni. L'assenza di piogge ha determinato forti problemi di siccità e, in alcuni casi, di disponibilità idrica per la mancanza di neve in montagna". 

Il mese di maggio, estremamente piovoso, ha complicato le cose. "In 31 giorni è caduto il 20-25% della pioggia che dovrebbe cadere in un intero anno - sottolinea ancora Trentini - Ma abbiamo avuto anche temperature di 5-6 gradi centigradi sotto la media del periodo. Questa situazione ha impedito il volo delle api e anche i bombi all’interno delle serre non hanno potuto svolgere il proprio lavoro in modo corretto, rendendo difficile l’allegagione".

"Le colture invernali pesantemente danneggiate dalle basse temperature e dai danni meccanici sono state sostituite nel periodo primaverile. Oggi è quindi ancora prematuro tirare le somme dell'ultima campagna di commercializzazione. Per le produzioni invernali, tuttavia, sembra che la remunerazione al produttore non sia sta stata sufficiente per compensare i costi di produzione”. 



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