«Vi spiego come si sono originate le gelate di aprile»

Luca Mercalli: «Fenomeni che possono presentarsi sempre più spesso»

«Vi spiego come si sono originate le gelate di aprile»
Le gelate di aprile che hanno messo in ginocchio la frutticoltura italiana sono legate al riscaldamento globale. Un fenomeno che ha origine nell'Artico e che arriva sino alla Pianura Padana e poi giù ancora nello Stivale. Un fenomeno, come ha spiegato il climatologo Luca Mercalli durante la nostra diretta di venerdì scorso (clicca qui per rivederla), che rischia di manifestarsi sempre più frequentemente.



“La gelata del 2021 è stata preceduta da un evento opposto, poche settimane prima, durante il mese di marzo, si sono registrate temperature estreme sul piano del caldo – ha detto il presidente della Società meteorologica italiana - Nel giro di un paio di settimane ci siamo ritrovati a passare da un estremo di caldo, cioè un caso eccezionale di valenza oltre trentennale, a un estremo di minimo. Temperature così basse in aprile non si vedevano da 20-30 anni, battendo in varie località i record del caso precedente di questa magnitudo, quella dell'8 aprile 2003. Su scala europea il freddo non era solo in Italia, ha toccato tutta l'Europa centrale con picchi in Francia e Svizzera, ma ci sono aree con temperature di 4-5 gradi più alte della media, vale a dire una parte di penisola iberica e la zona tra Turchia e Crimea. Ci sono quindi differenze locali, una opposta all'altra, legate a discese di aria fredda dall'Artico che poi spostano l'aria calda ai lati, nelle zone adiacenti, e la fanno salire di latitudine”.


 
La discesa di aria polare marittima arrivata a inizio aprile potrebbe avere delle spiegazioni nell'evoluzione del riscaldamento globale. Questo fenomeno, come ha illustrato Mercalli, sta generando “maggiori ondulazioni nella corrente a getto, una corrente anulare che si muove rapidamente attorno al polo nord. Quando le condizioni climatiche sono normali, questa corrente tiene il freddo confinato nella zona polare, agisce come una barriera, come se fosse un grande salvagente. Il fatto che il riscaldamento globale stia togliendo ghiaccio nell'oceano artico, aumentando così la superficie di mare scoperto e il mare è mite rispetto alle zone coperte da ghiaccio, sta creando dei rallentamenti nella corrente a getto polare: sta di fatto che una corrente a getto che diminuisce di velocità, tende a fare come i grandi fiumi nelle pianure: crea dei meandri. Questi sono in grado di portare l'aria fredda molto più a sud e l'aria calda molto più a nord: quando una zona si trova dentro un meandro freddo si possono incontrare gelo o importanti precipitazioni, dall'altra parte, invece, la siccità. I meandri sono lenti a spostarsi e possono generare anomalie su lunghi periodi, per settimane o mesi. Questo temiamo possa diventare più frequente in futuro. Se guardiamo al trimestre prima della gelate di aprile vediamo temperature sopra media. Il riscaldamento c'è e può anche essere la causa di queste incursioni di freddo: il pianeta si sta scaldando”.



I dati dell'Isaac Cnr mostrano le anomalie dell'inverno 2020-2021, con quasi tutta Italia sopra la media delle temperature di riferimento di quasi un grado. “Questo – ha ribadito l'esperto – spiega perché le piante sono partite in anticipo. Quei germogli bruciati dal gelo potevano essere tranquillamente in uno stadio fenologico molto più ridotto, addirittura dormiente, se non avessimo avuto quel caldo anomalo nei mesi precedenti. I nostri nonni avrebbero probabilmente vissuto quella gelate senza conseguenze sulle colture”.
 
Continuando nell'analisi dei dati, aprile 2021 è stato il più fresco degli ultimi 30 anni – anche se non si è discostato di molto da anni come il 2012 o il 2004 – ma spicca come i mesi di aprile si siano di molto riscaldati rispetto al passato: mesi miti, dove comunque le gelate di una notte possono capitare, ma se guardiamo agli anni precedenti il 1990 le temperature medie erano decisamente più fredde”.



Luca Mercalli ha quindi posto l'accento sull'emergenza climatica, sull'esigenza di intervenire per evitare gli scenari più pericolosi per il nostro pianeta, sulle responsabilità che anche la produzione agricola può e deve avere. Parlando di scenari il climatologo ha evidenziato l'importanza di “riportare la dimensione della filiera corta, almeno europea, reintegrando il valore di un'agricoltura locale, che ha fatto meno danni di un'agricoltura internazionale. Esportare in Vietnam non è un merito e diventerà un demerito: per farlo ho fatto danni collaterali, che sono quelli collegati alla catena del freddo, ai trasporti, agli imballaggi... E' un disastro sul piano della sostenibilità ambientale: magari si è fatto un buon guadagno, ma questo è temporaneo, nel momento in cui le analisi del ciclo di vita dei prodotti andranno a interagire con la tassazione delle emissioni di carbonio e della produzione dei rifiuti, vedrete che tutto questo andrà a scomparire. Diventerà invece importante che la produzione locale sia venduta magari a un prezzo superiore, ma anche il consumatore avrà più formazione sui temi ambientali”.

Mercalli ha posto l'accento sulla qualità della frutta, che non deve essere solo estetica, sull'importanza di recuperare gusto e aromi, educando i consumatori. L'esperto ha suggerito come le Op debbano negoziare, insieme alla politica, un giusto sistema di incentivi e disincentivi legati alle produzioni ortofrutticole e alle emissioni di carbonio. “L'agricoltura è vittima dei cambiamenti climatici ma ne è anche per il 30% la causa – ha concluso Luca Mercalli – Bisogna avere una visione allargata per riprogrammare il mercato pensando che presto i consumatori si accorgeranno di tutto questo e forse faranno delle scelte più responsabili: con queste politiche è possibile ridare competitività locale al produttore”.

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