La frutta fresca arretra, quella secca avanza

Tra estirpi di drupacee e nuovi investimenti su noci, noccioli e mandorle

La frutta fresca arretra, quella secca avanza
Meno drupacee e più frutta secca. Il paesaggio di uno degli areali frutticoli più importanti d'Italia, la Romagna, sta mutando in una direzione precisa: da una parte ci sono sempre meno alberi di pesche, albicocche e susine, dall’altra aumentano le piante di noci, nocciole e anche di mandorle

"In questo momento dell’anno abbiamo parecchie richieste non solo per estirpare frutteti e vitigni, ma anche per effettuare lavorazioni dei terreni sia per seminare colture estensive sia per reimpiantare la frutta", testimonia a Italiafruit News Bruno Ragazzini, responsabile del settore Biomasse e Movimento Terra della Cooperativa Agricola di San Biagio, azienda di servizi tecnici di Faenza (Ravenna) che opera in prevalenza nelle province romagnole. 

In relazione agli estirpi, “le colture più abbattute in Romagna restano pesche, susine e albicocche – sottolinea – In alcuni casi si tratta comunque di operazioni legate al rinnovo. Poi si stanno dismettendo impianti vecchi di vite e di kiwi, questi ultimi sempre rinnovati. Chi taglia un frutteto di kiwi, in genere, lo rinnova sempre. E' probabile che ci arriveranno presto richieste per la dismissione ed eventualmente il rinnovamento varietale anche sulle pomacee, una volta terminata la stagione di raccolta di mele e pere”.



Fra i produttori che richiedono il servizio estirpo, Ragazzini conta numerose aziende dove il passaggio generazione di padre in figlio si è fermato. "Una impresa frutticola a fine vita ci richiede quasi sempre di abbattere tutti gli impianti, talvolta con l'intento di concedere in affitto la terra per la coltivazione di cereali e colture da seme". 

Per quando riguarda i nuovi investimenti, la tendenza più significativa è la frutta secca: come spiega Ragazzini, solo la Cooperativa Agricola di San Biagio ha piantato circa 200 ettari di nuovi noceti e noccioleti nel corso dell’ultimo anno. “A compiere questi investimenti sono state aziende di ampie superfici che avevano l’idea di provare ad intercettare contributi europei per poter affrontare la spesa. Tra le altre novità – conclude – abbiamo realizzato alcuni oliveti meccanizzabili in via sperimentale sulle colline del Faentino".



Il crescente interesse sulla frutta secca viene confermato anche da Nicola Dalmonte, socio dei Vivai Dalmonte Guido e Vittoria di Brisighella (Ravenna): “Da quest’anno abbiamo registrato una forte crescita delle richieste per le piante di nocciole – sottolinea – per le quali abbiamo ordini importanti già confermati per il 2021/22. Questo trend è stato incentivato dall’accordo sottoscritto nel 2020 tra il Gruppo Ferrero e l’Op Terremerse. Sul noce esiste invece già da tempo una filiera locale strutturata nel progetto Noci di Romagna, capofilato dall’Azienda Agricola San Martino e a cui aderisce Agrintesa. Sono nate anche altre realtà private nelle zone dell’Imolese e del Ferrarese. Le superfici di noci sul territorio stanno aumentando ormai da 5-6 anni, ma il vero boom delle richieste per noi vivaisti c’è stato nel 2020”. 

Oltre a noce e nocciolo, “in Romagna si stanno cominciando a realizzare – rileva Dalmonte – anche impianti sperimentali di mandorle in zone pedecollinari”. Un tris di colture meccanizzabili che, nel giro di 5-10 anni, potrà affermare il territorio romagnolo come un primario bacino di produzione della frutta secca a livello nazionale. Ma bisogna anche ragionare sul possibile rovescio della medaglia, dato che le superfici di drupacee continuano anno dopo anno a ridursi. “I nuovi investimenti delle aziende frutticole sono indirizzati principalmente sul kiwi, in particolare a polpa gialla. Gli ettari di drupacee sono in continuo calo – conclude il vivaista  e dobbiamo considerare che la perdita di questa filiera, a favore di quella della frutta secca, potrà avere implicazioni a livello sia economico (Plv) che sociale (manodopera)”.

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