«Impossibile coltivare, frutteti abbattuti»

Le testimonianze di alcuni produttori del ferrarese

«Impossibile coltivare, frutteti abbattuti»

Si definisce skyline di là dall’oceano. Entro i nostri confini – di qua dal Mediterraneo – ’linea di cielo’. Un termine che in genere viene usato per descrivere un panorama urbano, quell’orizzonte disegnato dagli edifici di una città. Sta cambiando ormai da alcuni anni la ’linea di cielo’ delle nostre campagne. Come denti rotti in quello che era il panorama infinito disegnato dai filari di frutteti sono apparsi spicchi di terra arata, campi incolti dove ancora si scorgono brandelli di reti, tronconi risparmiati dalle lame delle seghe elettriche, piante sradicate dalle ruspe. Un dato. In regione fino al 2019 c’erano 19mila ettari di frutteti. Adesso sono 15mila. Sotto i colpi delle malattie, della siccità, del caro energia stanno cadendo gli alberi, vittime di un mondo che dimentica le sue origini. "Ormai da quattro anni stavamo producendo in perdita, eravamo costretti a mettere soldi, ad attingere ai nostri risparmi per salvare il frutteto. Rischiavamo di rovinarci", dice un agricoltore, la voce spezzata come se stesse parlando di un figlio.

Aldo Buriani, iscritto a Confagricoltura, ha l’azienda agricola a Spinazzino quasi alle porte di Ferrara. Racconta: "Prima le malattie, poi la siccità. Adesso anche i costi. Dovevamo sostenere spese sempre più alte per i trattamenti alla piante. Che con il proliferare di malattie sono diventati sempre più frequenti. Ogni due o tre giorni vai con il trattore nel frutteto per l’opera di disinfestazione. Solo un esempio, per far capire che questa coltura è diventata ormai un peso". Buriani in tre anni è passato da 13 ettari di frutteto a due. Una ’mattanza’ che lo accomuna a tanti suoi ’colleghi’. Adesso coltiva il grano, rende di più e chiede meno manodopera. "La scorsa primavera non si sono formate nemmeno le gemme – scuote la testa –, non so quello che sta succedendo, forse veramente il clima è sempre più pazzo. Gemme malate, raccolto in picchiata. Sugli alberi non c’era rimasto niente". Uno scenario devastante che ha spinto lui e tanti altri agricoltori ad accendere i motori delle ruspe, per estirpare le piante. "Abbiamo cominciato con quelle più vecchie – precisa –, volevamo andare avanti, salvare il salvabile. Poi siamo stati costretti a tagliare anche impianti di cinque anni".

Michele Negri, 51 anni, e il cugino Paolo (Coldiretti) in mezzo al frutteto ci sono un po’ nati. Per loro è stato moralmente devastante buttare giù filari su filari, piante su piante. Hanno appena finito di estirpare, sul terreno ci sono ancora le reti antigrandine. Un investimento che si è trasformato in un costo. Adesso dovranno smaltirle, dovranno aprire il portafogli, pagare. Delle estensioni di frutta che avevano sono rimasti 6 ettari di pera abate. La regina della campagne ferraresi che ormai rischia di restare senza un regno, nel terreno i crateri della piante che non ci sono più. 

Anche il presidente del Consorzio dei produttori dell’aglio di Voghiera Dop, Simone Bacilieri, ha dovuto tagliare. Ha ridotto del 10% il terreno coltivato a frutteto. In media la percentuale sradicata si aggira sul 30%. Amaro l’elenco di quelle che alla fine sembrano le ’piaghe’ d’Egitto, non danno tregua. Le malattie e le cimici – quelle asiatiche – ormai da anni sono inquilini fissi tra gli appezzamenti. Negli ultimi due anni si è fatta avanti la siccità. Nel 2022 anche i costi alle stelle, soprattutto del gasolio. Una tempesta perfetta che ha cambiato il volto della pianura.

Fonte: Il Resto del Carlino Ferrara