Il meglio di IFN
Moria del kiwi, quali soluzioni per combatterla
All’università di Reggio Calabria un focus sulla malattia tra analisi e progetti
Anche se in Calabria la moria dei kiwi è arrivata in ritardo (2018) rispetto ad altre zone d’Italia, il problema sta assumendo dimensioni rilevanti, anche per la forte diffusione della coltura, in particolare nella piana di Gioia Tauro. Il mondo scientifico si è subito attivato per trovare soluzioni e nei giorni scorsi il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria ha organizzato il convegno tecnico-scientifico dal titolo “La moria del Kiwi: a che punto siamo con la ricerca?” in cui hanno relazionato ricercatori del Dipartimento di Agraria e colleghi dell’Università di Torino e Udine che da anni sono impegnati nello studio della sindrome.
“Abbiamo organizzato l’appuntamento con un duplice obiettivo: da un lato fare il punto della situazione in Calabria ma anche a livello nazionale, per poi confrontarci sulle possibili soluzioni già disponibili al momento o da sviluppare nel prossimo futuro", ha spiegato a IFN Leonardo Schena, docente di Patologia vegetale presso il Dipartimento di Agraria e componente del gruppo di lavoro “Moria del Kiwi” istituito dal Masaf nonché moderatore del convegno. “Finora gli studi della sindrome sono stati condotti prevalentemente in maniera autonoma dalle diverse sedi, e pertanto, avere a Reggio anche i colleghi di Torino e di Udine permette di ampliare la visione e contribuisce a dare respiro nazionale alla ricerca”.
I lavori sono iniziati con i saluti isttuzionali e gli interventi tra gli altri del Rettore dell'università Mediterranea, professore Giuseppe Zimbalatti e del Direttore del Dipartimento di Agraria, professore Giovanni E. Agosteo.
La prima relazione è stata tenuta da Prof. Davide Spadaro dell’Università di Torino, uno dei massimi esperti di moria a livello internazionale, che ha fatto il punto sullo stato delle conoscenze soffermandosi soprattutto sulle cause di una complessa sindrome, quale la moria del kiwi e sulle possibili strategie per mitigarne l’impatto.
È seguito l’intervento del Dott. Paolo Ermacora dell’Università di Udine, che si è focalizzato sulle strategie di lotta. “Proprio nel nord-est intorno al 2012 sono comparsi i primi segni di moria dei kiwi ed è iniziato lo studio delle strategie di lotta – ha commentato Schena – e tra queste, sono due quelle che destano maggiori speranze nell’immediato, ovvero la gestione idrica e l’individuazione di un germoplasma resistente”.
“Per gestione idrica – continua - si intendono tutti quegli aspetti pratici relativi alla gestione del terreno come baulature ed altri accorgimenti per evitare ristagni di umidità oltre che un’irrigazione adeguata sia nelle quantità (evitare carenze ed eccessi) che nella forma (sono da preferire forme di irrigazione che distribuiscono l’acqua con un sistema simile a pioggia piuttosto che una distribuzione localizzata della stessa). Sulle varietà resistenti, il Dott. Ermacora sta invece portando avanti studi che riguardano differenti specie di Actinidia potenzialmente utilizzabili come portinnesto e tra queste, A. macrosperma, appare particolarmente promettente”.
Sono seguiti una serie di interventi da parte di ricercatori del Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria che operano prevalentemente sul territorio regionale.
- La Dott.ssa Saveria Mosca ha inquadrato la situazione dal punto di vista nazionale, per poi approfondire gli studi fatti in prima persona nella piana di Gioia Tauro, che con i suoi circa 3.000 ettari coltivati costituisce un polo produttivo fondamentale e da salvaguardare. I suoi studi hanno permesso la caratterizzazione delle popolazioni microbiche (funghi, oomiceti e batteri) associate a radici e rizosfera di actinidia e l’isolamento di numerose specie appartenenti ai generi Phytopythium e Phytophthora, principali indagati come agenti causali della moria.
- Microbioma e disbiosi sono stati invece gli argomenti portanti dell’intervento del Dott. Antonino Malacrinò. “Secondo le ricerche portate avanti fino ad oggi, le piante malate riportano un’alterazione del microbioma, sebbene allo stato attuale non è ancora chiaro se la disbiosi sia la causa o la conseguenza della moria. Lo studio e la gestione del microbioma associato a piante malate e non è strategico per la comprensione della sindrome e per lo sviluppo di strategie di lotta efficaci. Inoltre, strettamente correlato allo studio del microbioma è anche la possibilità di selezionare singoli microrganismi o popolazioni di microrganismi utili da utilizzare in strategie di lotta biologica”, ha detto Schena.
- Il Dott. Giacomo Falcone ha poi fatto il quadro dell’impatto economico e ha studiato le conseguenze della malattia: “Nella maggior parte dei casi, la moria non porta solo ad una perdita di produzione ma manda in crisi l’intero comparto – ha riportato Schena – e, in alcuni casi, porta ad una grave perdita di fiducia degli operatori, considerato che in alcuni areali le perdite di produzione sono pari al 50% sul totale. Qui in Calabria al momento la problematica non è ancora così diffusa ma vi è molto allarme”.
- Il Dott. Antonio Dattola, infine, ha relazionato sull’importanza della Gestione irrigua e del monitoraggio delle relazioni idriche in piante di actinidia.
Al convegno, è anche intervenuta la Dott.ssa Lidia Viterale dell’Agenzia Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese (ARSAC) che ha fatto il punto sulle principali problematiche fitopatologiche dell’actinidia in Calabria, soffermandosi soprattutto sulla diffusione ed importanza della moria.
Le conclusioni sono state affidate al Dot. Giacomo Giovinazzo, Direttore Generale del Dipartimento Agricoltura Risorse Agroalimentari e Forestazione della Regione Calabria che oltre a ribadire la grande attenzione verso questa problematica da parte delle istituzioni regionali, ha assicurato supporto per ricercatori e operatori del settore.
Tutte le misure indicate dai relatori per arginare il problema della moria dei kiwi fanno parte del progetto di ricerca triennale Sos-Kiwi, partito a fine settembre e finanziato da Ager-AGroalimentare E Ricerca e a cui partecipa anche l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Già partito a fine settembre, il progetto è stato presentato nel giorno precedente al convegno in un momento dedicato.
“Sos-Kiwi raggruppa ricercatori dislocati sull’intero territorio nazionale, affiancando all’università di Reggio Calabriale ’università di Udine, di Torino e di Napoli e la Fondazione Agrion del Piemonte” ha specificato Schena.
Procede sullo stesso binario anche il progetto PRIN “Unveiling the plant exposome to dissect a multifactorial disease: the kiwifruit vine decline”, coordinato dall’università di Reggio Calabria insieme all’università di Udine e Palermo e dal CNR, divisione di Palermo.
“Grazie alla collaborazione con ricercatori afferenti di diversi areali, possiamo mettere insieme le forze per studiare la sindrome con un approccio multifattoriale, necessario per indagare nel dettaglio le possibili cause ed individuare le migliori soluzioni possibili per gestire la Moria del Kiwi" conclude Schena.