«Consumi, problema psicologico. Ecco come rilanciarli»

Nel libro "Tra l'asino e il cane", Pugliese sferza la politica e lancia alcune proposte

«Consumi, problema psicologico. Ecco come rilanciarli»
L’Italia vista (anche) dagli scaffali: nel libro “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia che non c’è” (Rizzoli) il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, intervista l’amministratore delegato e direttore generale di Conad Francesco Pugliese, che è anche leader dell’Associazione Distribuzione Moderna. Sei gli argomenti: la leadership dell’Italia (che non funziona); la classe dirigente senza classe (e la ragione della scomparsa della borghesia); il lavoro che non c’è (e la riforma che forse non funzionerà); contro il piagnisteo della politica meridionalista; il nanismo dell’Italia modello Slow Food; il futuro del Paese visto dai consumi di oggi, di ieri e di domani. Mentre Pugliese, nell'ambito dell'iniziativa "Grande Viaggio Conad", era a Pescara, dove ha anche presentato il libro (nella foto), Il Foglio ha pubblicato sabato un estratto dell’ultimo capitolo.

Consumi, un problema politico e psicologico. Perché i soldi ci sono

Per Pugliese quello dei consumi è “un problema sia di carattere politico, sia di carattere psicologico”. E nel libro spiega: “spendere, far girare la moneta, far ripartire l’economia, stimolare la domanda, creare una reazione sull’offerta, far aumentare la richiesta di un bene, dare la possibilità di far ripartire l’occupazione: tutto questo non succede perché gli italiani hanno fondamentalmente paura. Hanno paura del domani, e questa paura si riflette anche in una paura più grande: spendere soldi. Eppure, i soldi oggi ci sono. Tutti i dati macroeconomici ci dicono che alla fine del 2014 la propensione media al risparmio degli italiani è tornata a essere simile a quella che ogni cittadino aveva mediamente prima che cominciasse la crisi. Significa che i soldi, per gli investimenti e per i consumi, ci sono, ma nessuno o quasi è ancora intenzionato a spenderli”.

“Una delle sfide più importanti dell’attività di governo - per Pugliese - è riuscire a far sì che la propria azione abbia un impatto nella vita reale attraverso le riforme e fare in modo, contemporaneamente, che abbia un impatto sulla percezione dei cittadini, tramite l’affermazione di un disegno complessivo che possa aiutare ad aver fiducia nel futuro”.

Cresce la ricchezza, aumenta l’insoddisfazione

“Dal 1996 - afferma il manager nel libro - il Paese ha visto crescere la propria ricchezza, con il pil pro capite reale passato da un valore indice 100 a 116 del 2012 e con un picco a 123 nel 2007. Da allora, però, la discesa è stata costante, complici gli effetti della crisi economica. Per contro, è in diminuzione l’indice di benessere e soddisfazione personale, passato da un valore 100 del 1996 a 82 nel 2012. Insomma: cresce la ricchezza ma aumenta anche l’insoddisfazione personale legata a reddito, occupazione, risparmi, abitazione, salute, tempo libero, vita familiare, minata oggi dal declino della fiducia di consumo che, dopo un picco nel maggio 2002, è ai minimi storici. Dal 2000 a oggi sono diminuite del 6,7 per cento le spese per alimenti. Il 52 per cento delle famiglie sente di avere difficoltà a preservare i propri risparmi e quasi il 50 per cento teme di non riuscire a mantenere il proprio tenore di vita, e ciò spiega come mai quasi il 50 per cento delle famiglie progetti di moderare e di contenere le spese…”.

“Il 41 per cento degli italiani dichiara di destinare al risparmio il denaro disponibile dopo aver soddisfatto i bisogni essenziali. Senza capire questo, non è possibile capire quasi nulla del nostro Paese”.



I numeri della crisi

“… A fine 2014 i consumi hanno registrato una crescita nulla, gli investimenti sono scesi dell’1 per cento, settori strategici come l’agricoltura, l’industria e le costruzioni decrescono in forma preoccupante. In tre anni i consumi delle famiglie sono diminuiti del 10,7 per cento, abbiamo perso per strada qualcosa come 78 miliardi di euro, più o meno il valore di cinque manovre di governo, venti volte quello dell’Imu sulla prima casa”, prosegue Pugliese. Dal 2007 a oggi si sono persi circa 15 punti di Pil. Ogni italiano ha visto ridursi di 2.700 euro il reddito disponibile. Il 77 per cento degli italiani, rispetto al 43 per cento della media europea, dà un giudizio pessimo sulla qualità della vita nel proprio Paese. Tra il 2006 e il 2013 i prezzi complessivi dei beni si sono abbassati del 54 per cento. C’è insomma un Paese che purtroppo sta cambiando e sta imponendo un nuovo regime consumistico”.

Una nuova filosofia: condividere

Per Pugliese  la nuova filosofia è quello dello sharing, del condividere, che ha riguardato un gran numero di settori (non solo le automobili), per cui oggi si risparmia soprattutto sui vestiti, gli spostamenti, i divertimenti e in cui gli unici settori che registrano una certa continuità di entrate sono l’universo del cibo e quello dei dispositivi tecnologici: "l’e-commerce, incredibilmente, solo negli ultimi dodici mesi del 2014 è aumentato del 20 per cento”.

“In tutto il Paese si consuma meno carne rossa, sostituite anche da lenticchie e fagioli freschi (+5 per cento rispetto al 2010), mentre i prodotti take away hanno registrato un boom incredibile, soprattutto al Nord. Gli italiani, però - osserva Pugliese - hanno aumentato a dismisura i propri pasti in casa: nel corso degli ultimi due o tre anni il 65 per cento degli italiani ha diminuito il budget destinato a mangiare fuori casa”.

Gli 80 euro di Renzi? Molti li risparmiano

E gli 80 euro? “Dall’indagine Nielsen emerge che il 26 per cento dei dieci milioni di italiani (il 53 per cento) che ha ricevuto il bonus cerca di risparmiarli e non spenderli subito, e che oltre la metà lo spenderà, ma solo il 39 per cento – è la stima –, sarà utilizzato per spese quotidiane, mentre il 36 per cento andrà in spese non comprimibili (affitto, mutuo, bollette, spese condominiali e mediche). Chi non ha ancora speso quei soldi alla fine del 2014 (il 18 per cento) se li conserva in attesa di capire che cosa deciderà il governo o, semplicemente, per tamponare le emergenze. E il principio con cui si spendono quei soldi ormai è chiaro: all’aumentare dell’età aumenta la propensione alla spesa, che nelle fasce di età più anziane è destinata in parte significativa all’acquisto di prodotti per i nipoti”.

Bisogna sostenere il ceto medio. Che nei Paesi emergenti cresce

“Fino a che l’attenzione dei governi non sarà, insomma, destinata a sostenere il ceto medio, mi chiedo come si possa pensare di uscire dalla crisi: di questo passo occorreranno più di undici anni per tornare ai livelli pre crisi per i consumi. Poi c’è un altro importante problema che ci viene dato dal contesto internazionale:  i Paesi che crescono sono quelli dove sta esplodendo la classe media. E il vero rischio, non solo per l’Italia ma anche per il resto d’Europa, è evidente: se il ceto medio aumenta in modo rilevante in altri Paesi e non da noi, lì dove cresce questa generazione di consumatori potenziali non si andranno a concentrare solo i consumi ma anche gli investimenti delle aziende”.

Senza cambiare i sindacati non si cambia il Paese

E allora, che fare? “Per correre - spiega Pugliese nel libro - un Paese non ha bisogno soltanto di fondare la sua leadership, ma anche di costruire insieme al mondo che lo circonda un terreno su cui correre. Bisogna passare dalla fase della sfida a quella dell’educazione. Come diceva Tony Blair, a cui l’attuale leadership italiana si ispira, sfida quanto vuoi i sindacati, prova a far cambiare loro verso, ma se poi ti limiti a sfidarli e non a educarli, e non a riconquistarli, rischi di alienarti una parte importante della società, che tu comunque hai il dovere di rappresentare. Dunque: giusto battersi contro le pratiche della concertazione, meno giusto invece far finta di non capire che senza cambiare i sindacati non si cambia l’Italia”.

"Sempre citando Blair, che diceva Change labour to change Britain, in Italia lo stesso discorso vale per i sindacati: Change labour market to change Italy. Senza capire questi concetti non si va avanti. Non si cambia il Paese. Non si genera un processo virtuoso nell’imprenditoria". Ma il problema, per Pugliese, è anche un altro: molti leader politici amano circondarsi di collaboratori fedeli ma non leali.