«Senza politiche di marca settore fuori dai grandi progetti»

Mipaaf perentorio al convegno Italia Ortofrutta di venerdì. Ma ci sono esempi virtuosi

«Senza politiche di marca settore fuori dai grandi progetti»
Che quello dell'ortofrutta sia in Italia un comparto con grandi potenzialità inespresse è cosa ormai risaputa; cosa fare - invece - per superare le difficoltà che il settore incontra e cercare di elevare il margine di guadagno sempre più esiguo dei produttori, lo è un po' meno.

Questo malgrado siano state molte le iniziative e i confronti messi in campo negli ultimi tempi fra istituzioni e organizzazioni di categoria per cercare di affrontare e magari migliorare la situazione.

A Roma, ad esempio, il convegno promosso venerdì da Italia Ortofrutta (una delle organizzazioni nazionali di produttori di questo comparto)  su "La valorizzazione dell'ortofrutta attraverso la politica di marca" è stato un momento importante di confronto: un incontro  fra esperti di marketing, comunicatori, istituzioni ed associati per analizzare il settore e proporre case history vincenti o strategie di gestione del mercato che potessero dimostrarsi concretamente efficaci.

"Il nostro obiettivo - ha detto il direttore di Italia Ortofrutta, Vincenzo Falconi - non è la valorizzazione del prodotto in generale, quanto l'incremento delle vendite dei nostri consociati. Per farlo ci sembra che una strada percorribile sia proprio quella di rimettere a fuoco l'attenzione del consumatore sul prodotto con politiche di marchio specifiche per le varie filiere".

Il tavolo dei relatori del convegno. Sopra, Vincenzo Falconi e Gennaro Velardo

Se sostenute dalle associazioni interprofessionali, affermano infatti gli esperti, queste azioni potrebbero rivelarsi uno strumento efficace di protezione per un settore che, profondamente frammentato, si trova spesso in una posizione di fortissima inferiorità quando deve confrontarsi con il mercato.  

Come ricordato dal Presidente di Italia Ortofrutta Gennaro Velardo, il prodotto subisce penalizzazioni nell’appeal di vendita anche a causa della connaturata deperibilità che lo caratterizza.  L’adozione di una politica di prezzi contenuti e tendenti al ribasso, caratteristica propria degli ultimi periodi,  non ha tuttavia favorito il settore che  - ha ribadito Velardo - non è riuscito a conquistare né l’interesse del consumatore né  a recuperare le posizioni di mercato perdute. 

"Al centro del nostro progetto - ha continuato Falconi - nel medio periodo ci proponiamo di collaborare con la grande distribuzione per vendere di più e meglio i nostri prodotti, con il proposito di concordare e condividere anche il messaggio che arriva al consumatore finale".

Un consumatore che - come ha evidenziato nel corso del convegno Danielle Tirelli, professore di Marketing, dell'Università di Bologna - appare spesso confuso nei confronti del prodotto che è chiamato a scegliere e che - ad esempio - alla domanda su quale sia il tipo di uva che preferisce,  nel 38,7% dei casi risponde con un disorientato:  "Non lo so". O che è altrettanto capace di indicare, nel 15% dei casi, il Piemonte come territorio dove viene coltivata la più pregiata uva da tavola nostrana.


Acquirenti che, ha sottolineato Paola Sidoti, manager della Business & Marketing Comunication di  Bayer,  sembrano invece anche molto titubanti per la maggior parte delle innovazioni che vengono proposte in ambito agricolo per il miglioramento della produttività di settore. Gli elementi di sviluppo  vengono spesso percepiti dai consumatori invece come profondamente invasivi. 
Per cercare di stimolare il pubblico ad una migliore conoscenza del comparto agricolo, dei suoi prodotti e dei molteplici processi alla base della loro produzione, Bayer ha lanciato “Coltura&Cultura”, una campagna di comunicazione/informazione centrata principalmente sui nuovi strumenti digitali ed in grado di raggiungere direttamente il consumatore attraverso il web e i social più popolari.  Il successo del sito di “Coltura&Cultura” - 300mila utenti dalla sua messa online e gli oltre 9mila iscritti di  Facebook -  testimoniano il concreto interesse del pubblico per  iniziative di questo tipo.  

L’intervento di Duccio Caccioni, agronomo e professore dell’Università di Bologna, ha  poi evidenziato la difficoltà del comparto dell’ortofrutta di sfruttare in abito pubblicitario la forza attrattiva dei prodotti che lo contraddistinguono. Caratteristiche che vengono invece spesso cannibalizzate da altri settori merceologici (lo yogurt alla frutta ne è solo uno degli esempi) che pur contenendone piccole quantità ne esaltano le grandi qualità salutari.

Al centro del convegno il positivo case history rappresentato dal marchio lanciato nello scorso 2014 proprio da Italia Ortofrutta con “Viviana” -  brand dedicato all’uva di qualità -  che raccoglie 351 produttori italiani, con oltre 120 tonnellate di prodotto per un valore commerciale di oltre 100 milioni di euro. Un marchio ormai conosciuto dai consumatori, soprattutto perché sinonimo di qualità garantita. Elevati standard qualitativi, filiera controllata e tracciabile, stagionalità e nazionalità di  prodotto hanno infatti accompagnato il successo dell'iniziativa. 


Una strada, quella imboccata da Italia Ortofrutta con Viviana, che potrebbe e dovrebbe essere seguita anche da altri gruppi di produttori per sviluppare il proprio business in Italia e all'estero, sfruttando le opportunità offerte dal governo per la promozione dei prodotti Made in Italy.

"Risorse a disposizione - ha detto il capo della segreteria tecnica del Mipaaf, Giovanni di Genova nel corso del convegno –  ci sono. Ma non vengono utilizzate dalle aziende dell'ortofrutta principalmente perché queste non riescono ad organizzarsi in modo da poter offrire un marchio ben definito di prodotto. Ciò le ha escluse, a differenza di quanto si è fatto per l'olio, il latte e anche parzialmente per la carne,  da varie iniziative che il Governo ha messo in campo sui mercati esteri attraverso l'Ice. Ultima in ordine di tempo la campagna che sta per cominciare in Usa a sostegno dei brand italiani".

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