Embargo, come cercare nuovi mercati

Il ministro Poletti a confronto con Vernocchi (Apo Conerpo) e Moretti (Agrintesa)

Embargo, come cercare nuovi mercati
L'embargo russo spinge l'ortofrutta a cercare nuovi sbocchi commerciali, però i mercati più interessanti per sostituire quello russo sono quelli più lontani, quelli più difficili da penetrare, soprattutto se il sistema Italia non farà aggregazione. Ma le sanzioni occidentali alla Russia sono messe in discussione dal ministro del lavoro Giuliano Poletti, protagonista del dibattito “Internazionalizzazione dell’ortofrutta. Nuovi mercati, opportunità e difficoltà” organizzato alla 35ma Sagra dell’Agricoltura di Mordano (Bologna) cui hanno partecipato anche Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo e il direttore generale di Agrintesa Cristian Moretti.

La Russia tiene banco
In cima alle preoccupazioni dei produttori ortofrutticoli italiani continua a esserci la Russia che, anche senza embargo, potrebbe non essere più il mercato di due anni fa. “Putin si è accorto della debolezza del suo Paese per la dipendenza nell’approvvigionamento di ortofrutta dall’estero – ha detto Vernocchi - così ha avviato ingenti investimenti per riconvertire 50mila ettari di terreno in superficie coltivabile. In questo modo la Russia da importatore di nostri prodotti diventa un nuovo competitor”.

Su questo argomento, il ministro Poletti non si è certo tirato indietro: “Non credo che le sanzioni siano lo strumento più efficace per fare cambiare posizione a un Paese – ha scandito -. La storia ce lo dovrebbe insegnare: non conosco infatti un caso in cui le sanzioni adottate contro un Paese lo abbiano poi indotto a fargli cambiare idea. Quindi il tema delle sanzioni alla Russia va riconsiderato e il nostro Paese a livello europeo si sta facendo sentire su questo punto”.

Senza aggregazione addio nuovi mercati
Il problema della Russia, insieme ad altri, pone la necessità di aprire a nuovi mercati. Per farlo, però, ha avvertito Moretti, “dobbiamo fare massa critica e puntare sull’aggregazione, che è il nostro vero punto di forza. Sotto questo profilo non abbiamo fatto ancora abbastanza, il progetto di Opera sulle pere va nella giusta direzione ma spero vivamente che se ne sviluppino altri simili, perché senza un sistema unito non riusciremo ad aggredire nuovi mercati”. Il Dg di Agrintesa ha palesato il rischio che “tra 5 o 10 anni ci si trovi con meno superficie e meno ortofrutta prodotta in Italia”.

“Per conquistare nuovi mercati – ha aggiunto Vernocchi – dobbiamo rilanciare il nostro brand dell’ortofrutta, seguendo l’esempio del caso Melinda in Trentino e del nostro progetto Opera. Servono campagne pubblicitarie con investimenti da 4-5 milioni di euro per penetrare nel vissuto dei consumatori e delle famiglie, non raccontiamocela che possiamo fare qualcosa con qualche centinaia di migliaia di euro”.
L’aggregazione invocata sia da Moretti che da Vernocchi “è necessaria anche nei confronti della Gdo – ha puntualizzato il presidente di Apo Conerpo -, che deve essere un nostro alleato e non la nostra controparte. Ma finché siamo divisi, cercherà sempre di lavorare sul prezzo e basta”.

Tra accordi commerciali e reddito
Nuovi mercati significa anche nuovi accordi commerciali tra Paesi. Ma le barriere fitosanitarie sono spesso un ostacolo per l'export dell'ortofrutta italiana. “Abbiamo bisogno di partner commerciali seri e affidabili, ma senza la sottoscrizione di accordi non ci sono regole comuni e condivise per portare ovunque i nostri prodotti – ha detto Poletti -. Dobbiamo rispettare le regole con i Paesi nostri partner commerciali che le rispettano e alzare la voce con gli altri. Quindi, se tu non prendi la mia pera perché dici che ha un problema fitosanitario che in sostanza ti inventi, io mi invento un problema per il tuo maglione e non lo importo. La politica inoltre deve accompagnare le imprese italiane a promuovere i loro prodotti all’estero, e con la riforma costituzionale questo lavoro continuerà a farlo solo lo Stato e non tutte le Regioni in maniera diversa”.

Il Dg di Agrintesa Moretti ha poi spostato l’attenzione sul tema del reddito: “Manca la sostenibilità economica per i nostri produttori – ha detto -. La battaglia della competitività è molto difficile se giocata contro chi inizia a produrre più vicino ai Paesi importatori e ha costi di produzione più bassi; per questo ai nostri prodotti va dato un valore aggiunto, che passa anche da una rinnovata comunicazione e investimenti sul brand per parlare di sostenibilità e salubrità. Il consumatore oggi è più consapevole, chiede di essere bene informato”.

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